That Fucking Tank + G.I. Joe 10/04/09 Arci Kroen (Villafranca – VR)

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Va in scena al Kroen la notte dei dui (si può dire "dui"? Vabbè, licenza poetica). I veneti G.I. Joe tornato a calcare queste assi come valletti degli inglesi That Fucking Tank, più che mai sulla cresta dell'onda e in cerca di consacrazione in Europa dopo aver suonato sullo stesso palco dei Metallica al Leeds and Reading Festivals dello scorso anno. I Nervous Kid, che avrebbero dovuto presenziare, marcano visita a causa di un infortunio di gioco occorso al batterista.
Anche stavolta battezzo la serata mangiando e bevendo interminati piatti nell'osteria annessa al locale e probabilmente esagero, sia coi liquidi che coi solidi, cosicché, quando alla volta della mezzanotte risuonano i primi giri di basso, sono preda di un preoccupante abbiocco terminale. Mi faccio tuttavia forza e aiutato da un caffè, mi accomodo in prossimità del palco. I G.I. Joe, avevo già avuto modo di scriverlo su queste pagine, non mi fanno propriamente stravedere, ma la tendenza attuale, che vede le parti "caoticosincopate" cedere terreno a rallentamenti drone/doom me li rende assai più sopportabili e apre rosei orizzonti futuri. Certo, le scorie metal/gabber che affiorano di tanto in tanto mi torturano inutilmente i timpani senza spingermi al ben minimo movimento danzereccio, ma in compenso mi è dolce il naufragar fra le stratificazioni vocali e strumentali dei pezzi più dilatati. Soliti venti minuti di concerto, il giusto.
That Fucking tankAlla ribalta salgono ora gli inglesi, due facce da pub che ve le raccomando, armati di minimale batteria e chitarra baritono che spiega la sua voce attraverso amplificatori per basso e chitarra. Qualcuno del pubblico che li aveva ascoltati in una loro precedente discesa, è già in fibrillazione e inizialmente il duo dà loro pienamente ragione: battiti semplici e non esageratamente veloci, giri di chitarra efficaci e coinvolgenti senza che si indugi in eccessivi tecnicismi che mi invitano, ormai superata la crisi digestiva, a un salutare headbanging. Alla lunga però l'entusiasmo va scemando perché il gruppo non riesce a cambiar marcia, i momenti si ripetono un po' tutti uguali, senza alcun sussulto e il tiro, che all'inizio ci aveva trascinato, si affievolisce, complice anche un volume della chitarra che non ne valorizzarne le dinamiche. In chiusura, estremo tentativo di salvare un concerto piuttosto deludente, i G.I Joe vengono richiamati sul palco a dar vita a una mostruosa big band con doppie chitarre e batterie, basso e voce: come se gli Hawkwind fossero rinati nella Chicago dei '90. Un diversivo simpatico, ma che non aggiunge granché a quanto si è sentito stasera. Sta quindi a Bruno dei Rosolina Mar, stasera nelle vesti di DJ, risollevare il morale dei presenti a forza di classico Rhythm'n'blues d'annata: finalmente ci si muove per qualcosa.

 

Foto di Luca Righi
(luconevpb@hotmail.it)