Muna Mussie/Massimo Carozzi – Curva Cieca Oblio (Xong,2024)

L’iterazione vanifica il rigore dei confini, l’armonia interna della struttura; l’eco di ciò che vediamo é inesauribile, il segno non è che una indicazione, un colpo di gong, dieci colpi, il numero è irrilevante, l’iterazione è naturalmente infinita. Ai nostri occhi il tappeto è un rettangolo illimitato; spesso ogni parte di questo minuscolo giardino artificiale ripete le altre parti; tutto è specchio e ritmo.

Da circa un mese, ascolto questo disco ma ancora non riesco a capacitarmene, ci giro attorno, lo ascolto a tutte le ore del giorno e della notte ma nulla, non riesco a definirlo, farmene un’idea chiara e definitiva ma forse sta proprio qui la forza e il segreto di questo lavoro che sa essere ermetico ed estremamente comunicativo allo stesso tempo. Curva Cieca Oblio è diviso in 3 capitoli, ognuno molto diverso dall’altro ma intimamente legato agli altri. Piuttosto che essere di fronte a un semplice manufatto musicale, ci troviamo di fronte a un’apertura, un varco. Questo non è semplicemente un lavoro sull’oblio, ma una lotta a mani nude contro di esso. In un vortice di suoni in perenne movimento, scendiamo in profondità combattendo contro il nostro inevitabile svanire.

La prima e più breve traccia, Cieca, delinea i territori sconosciuti che stiamo esplorando. Qui, la musica tradizionale, l’elettronica e la sperimentazione raggiungono un equilibrio magico. Questa composizione iniziale è come una mappa disegnata sulla sabbia, che appare e scompare ad ogni folata di vento, sempre rigenerandosi in modo simile ma mai identico. Proprio come i frammenti di testo declamati da Muna Mussie, che a tratti sembrano familiari mentre Massimo Carozzi genera suoni seguendo le regole della scala Shepard e cadenzando il tutto con il Tesnatsil. Ascoltare questo brano è come osservare un misterioso menhir, girandoci intorno perpetuamente nel tentativo di coglierne il significato archetipico.

La seconda traccia, Curva , unisce un frammento di musica Tigrinya con il ritmo meccanico di una macchina da cucire. Questa fusione ritmica si sviluppa tra asincronie e coincidenze, integrate da voci campionate durante una cerimonia Copta Eritrea all’interno di un baobab-chiesa. Come non ammirare una composizione così sapientemente concepita? Contiene tutto: passato e presente, natura arcaica e meccanica. Quello che mi colpisce di più di queste tre composizioni è la loro potenza e intensità, confermando la mia convinzione sulla musica e sulla sua essenza come strumento di crescita esistenziale collettiva.

La terza traccia, Oblio, è una composizione di 15 minuti in cui l’intensità è quasi insostenibile. Al primo ascolto, mi sono trovato a pensare a Prima Materia, a Marian Zazeela e La Monte Young, a Terry Riley, ma anche a tutta la musica devozionale di ogni tempo e cultura. “Oblio” è una ricerca estatica, una sospensione definitiva nel qui ed ora. Questo brano è fatto anche di sospiri e silenzi, di voci che si intrecciano e generano qualcosa di inaspettato e commovente.

Il lavoro a quattro mani di Massimo Carozzi e Muna Mussie è come un meteorite che irrompe nella nostra atmosfera, mettendo in discussione regole e preconcetti e portandoci verso un ascolto attento e partecipativo. Questo disco vive nella relazione con l’ascoltatore. Mussie e Carozzi intrecciano le trame di un arazzo salmodiante e profondamente evocativo. Chiudendo gli occhi, posso immaginare gli esseri umani del 3000 d.C. incappare in una copia di questo disco e rimanere affascinati e ipnotizzati esattamente come noi. La forza misteriosa di queste composizioni ha qualcosa di ancestrale, tanto che potrebbe ammaliare anche piante e animali, entrando in sintonia con il cosmo.

Sarebbe auspicabile che questa musica venisse ascoltata da più persone possibili. Le vibrazioni di Curva Cieca Oblio fermano l’ascoltatore nel momento presente, non sono solo suoni ma entità, forze senza tempo e spazio che ci costringono a mettere in discussione la nostra percezione di tempo e spazio.

*da Da Allah a Klee di Giorgio Manganelli