Rock And The City – L’Anno Che Venne E Se Ne Andò

scaruffi

Siamo tutti qui – non è il Braccobaldo Show, ma poco ci manca – alle prese col consueto rito, sempre meno divertente, delle playlist di fine anno. Ogni addetto (e una discreta quantità di interdetti) ai lavori si balocca con la compilazione di liste ed elenchi, pronto da qui a dieci anni a rinnegare i suoi dischi preferiti tra le risate generali. Nulla di male, non fosse che oggi, nella confusione delle migliaia e migliaia di uscite (se interessa, ho ascoltato per piacere, gloria o dovere qualcosa in più di un par di centinaia di dischi dell’A.D. 2006, e non la scarico la musica, io), si finisce per focalizzare inevitabilmente una linea di stile o editoriale in ogni caso parziale: chi li ha sentiti TUTTI i dischi usciti quest’anno? Solo Piero Scaruffi, e mica ci metterei la mano sul fuoco (cito spesso Piero perché ad ogni invocazione il Grigis ripone un soldino in un vaso di Nutella vuoto, come fanno le mamme morigerate e prudenti coi figli facili all’ingiuria; una volta pieno, l’intero staff di Sodapop andrà alle Cinque Terre per uno sciacchetrà).
Magari il disco più innovativo dell’annata è stato tirato in 200 copie dalla Whonozus Records, tuttavia noi comuni mortali verremo illuminati dall’opportuna ristampa – tra un lustro, come minimo e dalla “rivista che non deve sbagliare mai” – che ne acclarerà la capitale importanza. Vedremo. Per adesso, siccome a qualcuno forse importa e perché è deontologicamente serio farlo nell’ambito di una rubrica come questa, potete leggere la mia lista, redatta in imparziale ordine alfabetico e valida come corollario ai commenti a ruota libera sparsi nelle righe che seguono.
Tutto sommato, sebbene siano le ristampe e le riscoperte a donare sovente i brividi più intensi, la contemporaneità ha elargito cose interessanti, sebbene l’indicazione più convincente è che siamo nel mezzo di un passaggio di consegne, ciclico nonché naturale. Prova ne è che nomi importanti delle epoche recenti hanno compiuto deviazioni più (Cursive) o meno (Calexico) convincenti, traccheggiato a centrocampo (Tool, Xiu Xiu), saggiato una nuova interessante pelle (Black Heart Procession). Tra le formazioni di estrazione “rock” – nel senso più ampio possibile – non pare però di vedere all’orizzonte assi degni di subentrare all’istante, a parte forse gli Akron/Family che mantengono le loro enormi potenzialità. Ecco allora spiegato perché un disco dell’anno lo portano via dei Flaming Lips in costante reinvenzione, e i redivivi – si spera stabilmente – Mission Of Burma (lodi anche all’onesto Greg Graffin che guarda il suo passato, i Sonic Youth che vi girano intorno e agli inossidabili Tom Verlaine e Pere Ubu). Psapp era uno dei nomi su cui scommettere e non ha deluso: il loro pop deviato e pieno di trappole mi ha tenuto ben desto, nell’intervallo tra una visione acida di Six Organs Of Admittance e un incursione tra lande roventi bombardate senza posa dai Liars. Per un’ulteriore illuminazione, ho cercato lumi nel tropicalismo urbanizzato dei San Paulo Underground. Scorrendo la lista, mi rendo altresì conto che il mio 2006 vira con decisione verso il cantautorato, di stampo classico (Lanegan più Campbell) e modernista (Carla Bozulich), ma non saprei dire se sia un mio inizio d’invecchiamento o di una tendenza vera e propria da saggiare negli anni. Buoni i messaggi da Lisa Germano, dal soul campagnolo di Cat Power e da quello arruffato di Howe Gelb, come dalla classicità che cerca nuove vie di Bonnie Prince Billy e Califone, quella che gira attorno a sé di Yo La Tengo e Built To Spill. L’apocalisse in arrivo, probabilmente già tra noi, la raccontano – da diverse aree dell’occidente – il nostro Capossela e Scott Walker. L’hip-hop, da par suo, pare aver decisamente imboccato la strada del quartiere finanziario anche nel Belpaese ed è tutto dire: non parla più della strada, l’epica auto celebrativa si è sostituita alla cronaca con esiti artisticamente trascurabili e, mentre i migliori e le avanguardie un po’ indugiano e un po’ meditano le nuove mosse, godo dell’unica vera bomba, quella sganciata dai Roots. Rivolgiamoci allora, in cerca di benefici scossoni, alle coloriture intellettuali ma ricche d’ironia, idee e spina dorsale di Loose Fur (e dei Red Krayola), al teatro american gothic degli Young People, al folk misterico di White Magic e Mrs. Newsome, a un Micah P. Hinson toccato da mano divina anche nel secondo lp. Alla fine, accendo un laicissimo cero a chi c’ha lasciato, mentre a noi rimasti in codesta concimaia dona, o signore, l’eterna playlist e, se ce la fai, pure un 2007 meno di merda. Grazie, e così sia.

Carla Bozulich – Evangelista (Constellation)
Flaming Lips – At War With The Mystics (Warner)
Isobel Campbell And Mark Lanegan – Ballad Of The Broken Seas (V2)
Vinicio Capossela – Ovunque proteggi (Atlantic)
Micah P. Hinson – And The Opera Circuit (Sketchbook)
Mission Of Burma – The Obliterati (Matador)
Newsom Joanna – Ys (Drag City)
Liars – Drum's Not Dead (Mute)
Loose Fur – Born Again In The U.S.A (Drag City)
Roots – Game Theory (Def Jam)
Psapp – The Only Thing I Ever Wanted (Domino)
San Paolo Underground – Sauna: Um, Dois, Tres (Atavistic)
Six Organs Of Admittance – The Sun Awakens (Drag City)
Scott Walker – The Drift (4AD)
Young People – All At Once (Too Pure)