Dooom Orchestra – Our Sea Lies Within (AUT, 2024)

Our Sea Lies Within. Il nostro mare è dentro. Forse, visto il nutrito gruppo di musicisti che vanno a formare questa Dooom Orchestra, ben dodici, il mare è una sorta di liquidò di raccordo fra strumenti, canoni e visioni. Anime, che si offrono a noi facendoci ascoltare le loro pratiche improvvisative.

Personalmente e per il loro passato sonoro conosco i due batteristi, Francesco Cigana ed Andrea Davì, ma in questo mare c’è molto altro. La voce di Nina Baietta ci aggredisce e ci incanta in Amohesibena, mentre la chitarra, i sax ed il piano di Sirio Nagro, Jacopo Giacomoni, Francesco Salmaso ed Andrea Zerbetto ci trasportano in una landa free folta e pasciuta, un pascolo nutriente che è Roc Molek. Si sentono anche le corde di Agnese Amico, Francesca Baldo ed Enrico Milani su violini e violoncello, in un inasprimento che si inerpica in sette minuti toccanti. Dobbiamo citare ancora Marco Valerio e Riccardo Matetich rispettivamente a basso elettrico, tablas, oggetti e percussioni, ultimi ingredienti di un’orchestra che riesce a forgiare il suono in campi aperti e luminosi dove cogliere la Vicia Faba, oppure nell’ombra recondita e labirintica di Cirillo’s Ears (Spell Trouble), dove la campagna padovana incombe come un incubo avatiano.

Nei tre giorni di registrazione, nel caldo luglio dello scorso anno, sembra si sia riusciti a sublimare l’esperienza di un nugolo di musicisti che suonava insieme ormai da un lustro, dando vita, più che ad un disco, ad un organo pulsante.

Sicilian Magia trasforma il ricordo di riti ancestrali in afflati romantici, dando vita ad un’aria dove si ripescano elementi che, uniti, sembrano creare il solco per la voce di Giovanni Lindo Ferretti, che sento distintamente silenziosa nella sua assenza. A tre quarti del lavoro sembra poi esserci spazio per le giuste sostanze psicotrope con la batracica Lysa Hora, The Lost Art of Rospone Malvagione. In realtà si dimostra leggera ed aerea, a riprova della bontà di sostanze che ci fanno letteralmente volare.

Poi gli steroidi più delicati del mondo con relative percussioni mentre intorno come insetti ronzano i fiati e sibilano gli archi. Il finale, per ora, della Dooom Orchestra, si svolge nientepopódimeno che sul leggendario Ram Setu, il magico ponte naturale che collega India e Sri Lanka e che si suppone sia stato costruito da una divina scimmia ingegnere per permettere a Rama di inseguire il demone che rapì sua moglie. Non c’è traccia di lotta e corsa però, solo una voce femminile che forse richiama il marito dello scampato pericolo, oppure direttamente il Dio dell’oceano Varuna.

Non ci è dato saperlo, ma ad ogni ascolto di questo disco, ne siamo certi, la storia cambierà di nuovo.