In tanti anni di ascolti pesanti e, più o meno, alternativi, scopro con questo sesto disco i Thou.
Approcciare la band di Baton Rogue, Louisiana, con Umbilical è “facile”. Rispetto, infatti, ai dischi precedenti la proposta si fa più immediata. A scanso di equivoci, quest’ultima affermazione l’ho estrapolata direttamente da altre recensioni. Ciò che posso testimoniare è che, in effetti, aver accelerato il ritmo e aver diversificato le strutture compositive aiuta ad entrare con più fluidità nell’abisso anarcho-nichilista del gruppo.
Quello che ho scritto sopra non prescinde dal fatto che stiamo scrivendo di un progetto musicale estremo e, a tratti, sperimentale. Nipoti dei conterranei Eyehategod, Crowbar e dello sludge putrido direttamente dai bayou della Louisiana, i Thou sono, da quasi vent’anni, tra le proposte più radicali della musica pesante statunitense.
Composti da ben sei musicisti, di cui tre chitarristi, la potenza sonora prodotta è tra le più debordanti del panorama contemporaneo.
La struttura dei brani spazia dallo sludge (genere d’origine della band) al black metal, passando per death metal e post-grunge. I nostri, infatti, non nascondo le tante influenze e passioni che li contraddistinguono dalla massa informe di band incattivite dalla vita.
La prima parte del disco è più tipicamente metal. Alt-metal perlomeno. I riff si susseguono in maniera incontrollabile e l’unica vi di fuga è l’abbandono alla violenza sonora che sbrocca nel delirio psicotico. La voce di Bryan Funck è il malatissimo filo conduttore di tutto il disco e un tratto distintivo dello stile della band. I suoni sono compressi e violentissimi ricordando più gli Entombed dei primi dischi. Anche la scaletta è costruita in maniera intelligente, alternando pezzi più lunghi a pezzi più immediati e hardcore (solo nell’attitudine).
Un primo brano dal messaggio e dalla musica che sfiora il memorabile è “I Fell Nothing When You Cry”. Anche se, forse, azzardato mi spingo a dire che siamo in ambito black. Certamente un black moderno e imbastardito, ma comunque l’oscurità, il nichilismo e l’angoscia ci sono tutte.
La successiva “Unbidden Guest” ricalca gli stilemi classici della band, ma con un gusto death devastante.
Il vero e proprio stacco si ha, invece, con “The Promise”. Differentemente da tutto il resto dell’album, è la melodia a uscirne vincente. Sì! La melodia! Il ritornello è fenomenale e risente, in positivo, di tutto l’alt-rock, certamente furente e underground, ma melodico assimilato dai Thou. Consapevole che questo pezzo potrebbe essere giudicato estraneo al repertorio della band, l’ho trovo, invece, coerentemente contrario ad un corrente che i nostri vogliono sfidare sempre e comunque.
Il disco si chiude con una combo di pezzi che richiama l’inizio: si torna nello sludge malato e atonale che è marchio di fabbrica della produzione. La conclusiva “Siege Perilous” è un inno satanico al doom e alla disperazione più nera, senza speranza alcuna di salvezza.
In conclusione, per un neofita della band, questo Umbilical non può che essere considerato un ottimo disco di musica estrema. C’è poco da fare. Forse non prenderà i fan più accaniti dei ritmi iper-lenti degli esordi dei Thou, ma certamente può avvicinare molti amanti della pesantezza sonora ad una band che non ha nulla da invidiare a mostri sacri emersi qualche decennio prima.