The Show Must Go Home

Uno dei problemi maggiori per un certo tipo di musica, chiamiamola genericamente “di ricerca”, è certamente quello degli spazi: in mancanza di un pubblico numeroso che supporti e garantisca un minimo di entrate, nei locali non c’è posto, se non in rarissimi e saltuari casi, così come presso associazioni o alte entità costrette comunque a fare i conti col bilancio: capita a volte di riuscire a organizzare dei festival (è il caso del Three Days Of Struggle, di cui abbiamo già parlato), ma dare una certa continuità (non dico mettere in piedi una stagione) è cosa assai ardua.
Ad aggirare il problema ci pensano, già da un po’ di tempo, i concerti casalinghi, idea non nuova (ricordiamo almeno le esibizioni hardcore alla Pino House nei pressi di Padova a metà ’90 e i più recenti concerti a domicilio di Paolo Benvegnù), ma raramente praticata con continuità. Così, mentre in area patavina sono partiti una serie di appuntamenti che vanno sotto il nome di Case Aperte (per info caseaperte@gmail.com), a Roma si celebra con un disco in scarico gratuito la stagione conclusasi a maggio e pronta a ripartire a novembre. Artefici dell’operazione, che va sotto il nome di The Show Must Go Home, sono Flavio Rivabella, in arte the_show_must_go_home_3D.B.P.I.T. (e per esteso Der Bekannte Post Industrial Trumpeter)  e Arianna Degni, alias Xxena, che, da dicembre 2010 a maggio di quest’anno, hanno ospitato nel proprio appartamento quattro serate all’insegna della musica “strana” e della gastronomia. Lo schema seguito è stato semplice: per prima cosa si è trovato qualcuno che suonasse, tre nomi a serata. Per questa prima esperienza si è pescato nel giro capitolino: Roberto Fega, Tiziana Lo Conte, Paolo Taballione (entrambi già nei Gronge), Adriano Lanzi, Luca Venitucci (dei 7k Oaks), Gianluca Taddei, Cris X, Space Vampires, Mono-Drone (alcuni presenti più volte, variamente abbinati) e ovviamente i padroni di casa, a fare gli onori ad ogni serata. Poi si sono stati mandati gli inviti, selezionatissimi non per snobismo ma a causa della capienza ovviamente ridotta, non più di trenta posti. Ultimo ma non ultimo, anzi, parte fondamentale per dare alle serate il voluto spirito conviviale, il the_show_must_go_home_1-_roberto_fega_alloperamenù: se la prima serata è stato Roberto Fega ad occuparsi della tavola, le volte successive sono stati gli invitati a contribuire ognuno con un piatto a propria scelta, sbizzarrendosi con specialità che andava da piatti locali a tradizionali indiani, da torte rustiche a sushi vegetariani (?!). E ottimo vino, ci mancherebbe. Se tutto ciò lo potete solo immaginare, qualcosa di più potete sapere del lato musicale grazie alla testimonianza audio che raccoglie le registrazioni delle quattro serate (con l’esclusione di alcune esibizioni ripetutesi). The Show Must Go Home è infatti un progetto che agisce su più livelli, di cui quello documentaristico è fondamentale per prolungare oltre il “qui e ora” lo spirito dell’iniziativa, sottolineando al contempo il frankinsteiniano (per favore, non tirate in ballo Veltroni) “si-può-fare!”, bastano un posto, idee e voglia di fare. Per promuovere l’uscita si sono coalizzate ben cinque etichette (GRCC, Ozky, Spettro, Gatto Alieno e Misty Circles) come a prolungare simbolicamente quelle sinergie che the_show_must_go_home_2_-_dbpit__xxenahanno permesso la riuscita delle serate. Preludio migliore non poteva che essere la traccia in cui Roberto Fega, si diletta con campionamenti a tema gastronomico che rendono onore alla cultura inter-nazional-popolare, da Totò a Gassman ai Monthy Python, passando tra nostalgiche pubblicità d’annata, condite (è il caso di dirlo) da elettronica e battiti. Il resto, parimenti a quel che è servito in tavola, è della più ampia varietà, andando dal post industrial di D.B.P.I.T. e Xxena (non si saranno lamentati i vicini?), anche alle prese, nel set dal nome “i suoni dell’acqua”, con sonorità the_show_must_go_on_venitucci__taddeiconcrete, alle improvvisazioni chitarrisitiche di Taballione e Lanzi, a quelle per contrabbasso e fisarmonica di Taddei e Venitucci (quest’ultimi fra i momenti migliori del disco). Il resto si gioca sempre in ambito improvvisativo, ma con strumenti elettronici, che nella raccolta fanno la parte del leone, e da tutte le tracce traspare, almeno in parte, il clima che si respirava e animava la serata, anche se inevitabilmente qualcosa sfugge (non sapremo mai perché la gente ride durante il set di Taballione e Loconte…).
Il senso di un’operazione del genere può essere paragonato a quello del celebre sasso gettato nello stagno: il primo cerchio è piccolo, essendo i concerti limitati a pochi e comunque rivolti a un pubblico, anche in una grande città, non numerosissimo. Già il secondo cerchio, mi riferisco ai file scaricabili, si apre a un maggior numero di fruitori, che chissà non riesca a influenzare l’andamento di questa nuova stagione. Staremo a vedere: il fatto che una seconda stagione ci sia, è già una buonissima notizia.

Per scaricare le tracce audio e la grafica del disco: http://www.archive.org/details/TheShowMustGoHome-Season1