La lunghezza non è tutto #16

Flare è il titolo del terzo lavoro di Gold Mass, alias dietro il quale opera Emanuela Ligarò. 5 brani per 25 minuti circa di musica che ondeggiano fra sensazioni che partono da un certo trip-hop per offuscarsi sempre più scendendo con beats che scuotono il basso ventre. L’intensità e l’eleganza sono le armi di questo progetto, che non ha bisogno né di forzare la mano alla ricerca di effetti. Eccetto il semi cedimento di There Should Sky Above You troppo ritmata, i brani rispondono benissimo ed ornano a dovere il viaggio di Gold Mass, sempre più giù, forte e chiara.

Con Microdosing di Ayjay Nils invece siamo in un suono elettronico spezzato, dove fonti acustiche vengono rimaneggiate, scheggiate e rovinate a dovere, inserite in una tritacarne ritmico.A tratti vengono in mente degli Scratch Pet Land ancor piû frizzanti, il tutto è dosato con freschezza ed ironia, trascinandoci in un mondo senza soluzione di continuità ma con il giusto piglio. Con Birds dimostra di sapersi addentrare anche in un ambient più cheta, fra uccellini e suonini di pianoforte suggestivi, ma la sua indole la riporta a correre come scheggia impazzita, carica di elio e di gioia, a divertirsi e divertirci.

Frank Atene, monicker mutuato male da un brano di Marracash, è un gioiello punk dal fondo del lago (di Lugano). Giri di chitarra che si sposano con testi arguti, in sette brani il nostro mette in fila la pochezza della vita di provincia, porno e relazioni, giri artistici stretti come buchi del culo ed una visione del mondo sleazy, street, onesta e sincera. Gente da birra da mezzo, giacca di pelle e sabati sera al bivacco nei Bar della città. Il restringersi degli obiettivi, la provincia e le opportunità, lo sbando, il tutto filtrato attraverso una poetica loser che può farsi ruspante (la splendida Lato Peggiore) oppure più melanconica con le sue Paranoie. Si muove sul crinale dove il rock’n’roll si sfascia e diventa punk non per necessità ma per condizione di grado zero tecnico. Onesto, sincero, non canto altro da qualche mese ormai che questi 19:45, godetene tutti.

Gli Squid Pisser sono il batterista degli Stracrawler ed il vocalist dei Cancer Christ. Violenza e velocità, voci che a tratti raddobbiano ed a volte semplocemente urlano, mantecando così rullate di legnate che arrivano da un disperato ogni dove. Precisione milimetrica, attitudine da cartoon, grigie maschere bellissime. Ben 15 brani nei quali diverse ospitate danno manate di vitalità all’insieme, sono infatti della partita cantanti di Starcrawler, Nekrogoblikon, Melt Banana, Zulu, Locust e St. Anthony. Sono schegge impazzite e colorate, godibilissime come dolciumi che frizzano sulla lingua tra conati di vomito e nefandezze varie. Tra il videogame e la mattanza, per una mezz’oretta di straripante simpatia, come un sacco farcito da ferraglia ed esplosivo tirato dentro il nostro stereo.

Zhed è il progetto in solo da parte del chiassese Luca Corsini, già attivo anche nel trio I Peggiori, nel quale si muove maggiormente entro sonorità post-punk. Debutta con un nastro contenente quattro tracce, prodotto da Miracle Waves. Interferenza si fa strada con una sezione ritmica prettamente anni ’80, deflorata però da una voce filtrata e da un muro di chitarre che la trasportano della Death Valley, al limitare di stoner. Coltri acide, impasto sonoro e vocali che colpiscono. Nella successiva Andare Via il beat si fa ancor più digitale ed insistente, ben bilanciato da un suono delle corde rilassato ed aereo. Il canto di Luca qui sceglie una strada rischiosa, pulita e melodica, rimanendo però lontana, quasi stesse dando le spalle al proprio pubblico e spargesse la voce nell’aria piuttosto che verso di noi, crando un’atmosfera a metà fra sogno ed incubo. In Sad l’atmosfera sembra incresparsi, i suoni saturano dando l’impressione di essere sotto una vera e propria coltre di frequenze, mantenute però abilmente da Zhed, che non ne perde il controllo ma direziona la loro potenza.

Da casa Bubca Records ci arriva direttamente Giovanni Mistero, chitarra, voce e storie che ci portano letteralmente altrove. C’è del blues nel senso di antichità e registrazione, canzoni, accenni strumentali e viaggi di solo pianistico. I suoni sono piuttosto inquietanti e ricreano ambienti malsani, quasi fulciani nel loro debordante luccicare come in V. Altrove sono invece arie quasi neoclassiche, incognite che cambiano ancora di più le carte in tavola di questo ep, felicemente inclassificabile. Nella finale aria omonima Mistero va a comporre letteralmente altir mondi, mostrandoci scorci di sale che possiamo soltanto immaginare, in attesa di altri spazi.

Kayla Trillgore è un’artista italo-rumena che tra musica dark ed EBM riesce a costruire dieci minuti di oscurità e spiritato romanticismo. Produzioni super laccate, suoni di lame, scintilli nei posti giusti e la perenne sensazione di trovarsi al momento di rottura fre luce ed ombra, bene e male. Kayla strappa letteralmente il suo corpo facendo suppurare cellule in mormorii che richiamano il vate Young Signorino così come Miss Kittin. MMMELT è un brano stupefacente ed il personaggio mantiene tutto ciò che promette. In dieci minuti lancia spunti interessanti, se dovesse propendere per tagliare il ciarpame pop e tenere il marciume noi ci saremo!


La seconda scorribanda di Tab_ularasa& Sgrollers(feat. Giulio) è uno sputo all’idea stessa di registrazione, la title track è veramente registrata ammerda, mantenendo una bava di ritmo minimale insieme a il gattocane. 2 mani ed una pipa ondeggia piacevolmente ubriaca mentre la nuova versione di Cioccolato fondente butta un wall of sound davanti al microfono, quasi ascoltassimo due frequenze radio insieme. Brodo Primordiale è stupenda, pesante come un’ipotesi stoogesiana in scala ed intensa come l’unione dei ceffi su questo ep lasciava supporre. Fosse per me terrei quest’ultima, alzerei ancora di più il volume e pesterei su batteria e voci, sarebbe il sabba definitivo!

Candy Rain è l’esordio sulla breve distanza del rapper e produttore JJ, ticinese con radici in parte portoghesi. Primo EP per uno scatto bruciante, che le cinque tracce complessivamente non raggiungono gli undici minuti. Il mondo è quello classicamente rap ma con diverse influenze che colorano la sua tavolozza espressiva. Voce matura e corposa, attacca e lo specchio di una relazione sui generis viene messa in rima con eleganza e personalità. Con Você si cambia ritmo, le influenze portoghesi si fanno sentire e la produzione cattura, fra suoni 8-bit che richiamano il mondo del gaming, citazioni cinematografiche (dove curiosamente postpone i Tenenbaum di Wes Anderson agli anni ’80) paralleli calcistici che già connotavano la sua Seleçao dello scorso anno. Il gioco funziona e trascina, meglio della successiva full dove il trip più gangsta mostra velocemente la corda pur godendo di una delivery che trascina e focaliza la nostra attenzione. Run torna a giocare con una produzione musicale pungente, che vive di rintocchi orientaleggianti sulle quali JJ gioca sue trasformando in ritmo le parole. Kiss chiude il disco lasciandoci sulla medesima impressione, quello di un buon debutto, in grado di costruire atmosfere tramite produzioni felicemente azzeccate (forgiate da Emer808 e Papicorni), una bella voce, ed un’impostazione artistica chiara. Curiosi di capire come potrà crescere ci teniamo per ora questi dieci minuti, in attesa di ulteriore evoluzioni.

Lucha Libra arriva a sorpresa, riprendendo l’artwork del libro Basta Now preparato insieme all’artista francese Fanny Chiarello. Valentina Magaletti si muove in un territorio spettrale dove gestisce dei rintocchi acuti su un languido tappeto di synth, una voce in lontananza ed effetti cupi. A tratti sembra una versione disossata del suono Ghost Box, mentre a partire dal secondo brano si sentono voci italiche processate in una sorta di dub minimale, elementare ed efficacissimo nel presentarci corpi senza fisicità. Lotta trova una chitarra per una visione blues come se avessero legato Loren Mazzacane Connors in un angolo lontano, impazzito, mentre Drum Jump gioca con una sinfonia velata, prima di trasformarsi in una piccola marcetta giocattolo che strizza gli occhi ad oriente.