Shyrec Night #2 – 18/03/2023 – CS Django (Treviso)

Per celebrare la seconda Shyrec Night, l’uscita di due nuove produzioni e il ritorno di un po’ di amici, l’etichetta veneta opta per il CS Django di Treviso, ex caserma riconvertita in spazio polivalente a pochi passi dal centro cittadino ed è una scelta azzeccata: l’atmosfera che aleggia è cordiale, gli spazi ampi e versatili, la situazione tecnica ottima e, fattore non secondario, l’Osteria Mandragola e la Pizzeria Machete danno conforto agli avventori, che cercano riparo da una serata ancora piuttosto fredda, con torte salate e pizze davvero ottime.
Il cartellone mette in fila tre gruppi rock (fra loro piuttosto differenti) che si esibiranno nella sala concerti, e due one-man band dedite a suoni meno convenzionali, che troveranno ospitalità nell’attiguo Spazio X: la varietà stilistica, insieme a set di durata non eccessiva, sarà una delle carte vincenti della serata.
Due parole le merita proprio la formula ideata da Shyrec e Three Blackbirds: i concerti si alterneranno sui due palchi in modo da azzerare l’attesa fra un’esibizione e l’altra, permettendo di rispettare al millesimo i tempi previsti per le esibizioni, che dovranno avvenire fra 21.30 e la mezzanotte e mezza, orario ancora utile per godersi appieno l’ultimo gruppo senza essere ottenebrati dalla stanchezza. Se questo esempio facesse scuola, sarebbe davvero una gran cosa.
Partono dunque puntuali i Ropsten, batteria, due chitarre e bassista con licenza d’elettronica: superato un piccolo problema tecnico, macinano per mezz’ora il loro rock strumentale poco post e molto denso, che nelle sue divagazioni spaziali potrebbe ricordare le dilatazioni noise di certi gruppi della Trance Syndacate del tempo che fu. Non propriamente la mia tazza di tè, ma una band che, nella dimensione live, trova la sua ragione d’essere trascinando a dovere gli astanti.
Nella sala non si è ancora spenta l’ultima nota del quartetto che veniamo invitati a spostarci nella sede del prossimo live. Lo Spazio X è un ampio salone dedicato alle musiche più insolite: pareti scure, ideali per le proiezioni, niente palco, acustica ottima: è qui che prende posizione Bad Pritt, che presenta il nuovo album Debris.
Davanti allo scorrere di fosche immagini in scala di grigi, lo spazio si annulla e spariscono e si riducono i momenti di silenzio che caratterizzano l’incisione: il gioco resta in mano alle tastiere minimaliste e all’elettronica. Sempre rispetto al disco, il tono è maggiormente narrativo e, a tratti, assume la forma di una liturgia laica, con momenti toccanti alternati ad altri dove prevale il senso del dramma. Si finisce con un crescendo di rumore: se sia un segno di vitalità o un’onda che tutto sommerge, dipende da come avete interpretato il racconto. Impossibile comunque rimanere indifferenti.
Se ne vorrebbe di più, ma è già tempo di tornare in sala concerti per i Karma Voyage, anche loro freschi di esordio discografico con Lights In Forgotten Places: spicca la voce darkeggiante, che si esprime bene alle basse velocità, ma sa dire la sua anche quando gli strumenti alzano i giri in serrati passaggi noise o indugiano in dilatazioni dal sapore desertico. Nonostante per me sia la prima volta che li ascolto ti tengono lì, ed è sicuramente un buon segno. La mezz’ora a loro disposizione trascorre e siamo di nuovo nel buio dello Spazio X: sulla scena Petrolio, ed è subito claustrofobia. Sarà il respiro affannoso che apre la performance, saranno le immagini che scorrono sullo sfondo, sarà la macchina del fumo che sembra ridurre ulteriormente l’aria respirabile, ma quando arrivano i momenti più ruvidi e dilatati, è quasi una liberazione.
Addirittura, sull’onda di certi intrecci ritmici, si ha l’impressione di poter ballare, ma la pesantezza intrinseca del suono inibisce ogni mossa inconsulta. Non è musica facile, eppure, mentre quel respiro greve ritorna per annunciarci che tutto sta per finire, i 30 minuti di apnea ci sembrano volati.
Arriviamo quindi al passo finale, appannaggio dei Talk To Her, di ritorno da un po’ di date in giro per il continente e già pronti a ripartire. Vent’anni fa avrei fatto follie per un gruppo del genere, ma anche oggi che, anagraficamente, sto più o meno a metà strada fra i reduci della Factory e le nuove leve dark, rappresentano un ascolto godibilissimo e appagante. Nella loro musica c’è la summa del post-punk-wave del periodo d’oro, con giusto qualche suono spostato avanti di qualche lustro per toglierle un po’ di povere, preservando però pienamente lo spirito.
E se qua e là potete trovare l’enfasi vocale di un Morrissey o la danzabilità dei New Order migliori, tutto avviene con naturalezza, senza la minima traccia di paraculaggine: “Come gli Editors, ma fatti meglio degli Editros”, dice qualcuno, e ci sta. Ibisco, Zodiac, Truth, View (Reprise), singoli e non, compongono una scaletta che scorre senza cedimenti né attimi di pausa per pubblico che non chiede di meglio, giustificando così il tempo loro concesso, un po’ maggiore rispetto a quello degli altri set. Si chiude con un inedito che rispolvera le tastiere usate nel primo periodo del gruppo e che sembra essere un buon viatico per il futuro.
I live finiscono qua e difficilmente si poteva pretendere di più, ma per chi ha ancora un po’ di benzina in corpo ci sono il ricercato dj set di Checco Merdez e quello più “cassa dritta e pedalare” Don’t Talk To The DJs (ancora i Talk To Her, sotto più o meno mentite spoglie). Io, che come già detto ho una certa età, preferisco defilarmi. Solo una domanda mi frulla in testa: quando si replica?