Avendo speso parole sul ritorno dei Satan is my brother poche settimane fa ci tenevo ad incorniciare in loro compagia la loro storia, i loro cambiamenti e le loro dinamiche interne. Ringrazio Nicola Quiriconi per la disponibilità e tutti i membri di Satan Is My Brother. Inizialmente pensavo di lavorare a questa intervista su una base temporale, avvicinando l’operato della band a quanto succedeva musicalmente del mondo, poi avrei voluto ripassare tutti i loro album, poi altro ancora. Finalmente mi sono deciso: Satan is my Brother ha sempre parlato attraverso la propria musica, quindi evitiamo gli orpelli. Ci sono io a chiedere alcune cose, loro a rispondermi. Per tutto il resto andate a recuperare i loro dischi, poi il resto della produzione delle etichette che li hanno prodotti: non vi servirà null’altro.
SODAPOP: 2007, 2011, 2015, 2022. Quattro album, salta all’occhio un turno saltato. Cosa successe tra il 2018 ed il 2019? Come funziona solitamente la costruzione di un album dei Satan Is My Brother? Quali sono le suggestioni o i temi che vi smuovono o che vi fanno capire sia ora di ritornare sul campo?
SATAN IS MY BROTHER: L’unico aspetto vitale per noi sono gli elementi. Non mi riferisco solo a fisica, meccanica e termodinamica. Ma anche a metafisica, combustione e connessione. Quando abbiamo composto i quattro album sono stati sempre presenti questi elementi. Le persone. L’equilibrio. Interno ed esterno. C’è sempre un momento in cui è chiaro e lampante che ci sia una scintilla senza sfregamento. E succede tutto. Di colpo. Tutto insieme. Da sempre viviamo di fiammate. E’ successo ancora dopo il cambio di qualche componente. Così, improvvisamente. E’ l’unica formula che conosciamo e di cui tra l’altro ignoriamo le regole esatte.
SODAPOP: Tre dischi con Boring Machines. Ora Dissipatio Records che ha mantenuto, in questi ultimi tre anni, collegamenti fra formazioni storiche della musica italiana meno allineata e nuove figure. Come si coltivano questi rapporti? Come siete entrati in contatto? Mi piace pensare che dietro a questi rapporti ci siano ancora le file interminabili per la pizza del Tagofest, oppure negli ultimi anni la comunicazione fra progetti ed etichette sono cambiate?
SATAN IS MY BROTHER: Le nostre connessioni nascono dalla casa madre: Boring Machines. Di solito la famiglia non si sceglie ma te l’accolli così come te la ritrovi. Quella intorno a Onga è stata una delle cose migliori che possa capitare di incontrare. Una fortuna averne fatto parte. E’ stato anche il segreto per reggersi, per non cadere nell’abisso. Non credo bastino statue sparse per il territorio italico per omaggiare quello che ha creato e costruito Onga. Lui è stato motore di connessioni e le connessioni esistono ancora. Ad esempio faremo concerti con L’Impero della Luce (Johann Merrich /Eeviac). Lo stesso Onga ci ha consigliato caldamente di rivolgerci a Nicola e Dissipatio per il nuovo disco. Altra scelta azzeccata, anche se non ci conoscevamo direttamente fino a quel momento. E così abbiamo riallacciato anche connessioni con vecchi contatti come Paolo Monti. E’ stato come scivolare dentro a un semplice spostamento laterale e naturale.
SODAPOP: Jazz, noise, musica notturna, una umbratile psichedelia erano gli ingredienti che potevano descrivere il vostro operato e forse, in maniera scontata, anche i vostri ascolti. Francesca, Luca, Alessandro, Simone, che tipo di ascolti vi accomunano? Quali invece vi distinguono?
SATAN IS MY BROTHER: Fin dall’inizio la nostra musica non è mai stata il nostro ascolto anche perché non c’era e non c’è un modello. E’ piuttosto una ricetta che può variare, variando le dosi degli ingredienti che sono tra i vari ascolti apprezzati, dall’ambient elettronico, al jazz e al dub. Ci accomunano a grandi linee indie, post punk, jazz contemporaneo. Ci scambiamo sempre ascolti, proposte, novità, scoperte.
SODAPOP: Il vostro suono è sempre volato libero, quasi senza collocazioni esterne, quali potrebbero essere i titoli di brani. Numeri, movimenti, sentieri…tracce? Mi sembra di leggere un invito ad un percorso unico e personale senza voler dare forzatamente una linea all’ascolto. Qual è il pensiero dietro questa dimissione?
SATAN IS MY BROTHER: Ogni disco è stata la foto di un momento, un periodo preciso. E così com’è stato creato in sala prove è stampato e suonato dal vivo per un po’. Come un unicum, un insieme di brani che non potrebbero fare a meno di quelli vicini. Un’esperienza, un’idea e un percorso a sé stante. Pensiamo che sia da vivere con un ascolto completo, nella sua interezza. Non avrebbe significato, ad esempio, fare un concerto con brani estrapolati dai vari album.
SODAPOP: La grafica di how far can you see? Ci mostra la sezione di un sottosuolo, delle radici dalle quali non sembra spuntare nulla e tre parti evidenziate con cerchi di colore più scure. Pensando al vostro passato visuale e grafico ricordo alberi, sezioni di mappe. Terra fertile in qualche modo. Che rapporto avete con la terra e con la natura? Fonte di ispirazione, di raccolta o altro ancora?
SATAN IS MY BROTHER: Ogni album è stato un percorso fatto sulla terra: dalle strade che partono dalla città, fino a ritrovarsi a camminare dentro a una foresta, arrampicarsi per una scalata salvifica e ora davanti a una mappa di un orientamento perso e da ritrovare tra confini non solo mentali, radici, passato e futuro. La terra è il punto di partenza e di arrivo dei nostri viaggi e delle nostre fughe trascendentali.
La terra, la terra ed in mezzo il viaggio, la musica. Un viaggio che si ripete e che da poco si è allungato di una tappa. Per chi ancora non si sia avventurato nelle terre da loro calpestate questa potrebbe essere l’ennesima buona occasione per farlo.