Ekin Fil – Sleepwalkers (The Helen Scarsdale Agency, 2024)

A volte bastano pochi, mirati riferimenti. Conoscevo The Helen Scarsdale Agency per la produzione dei Junkie Flamingos, splendido, cinereo progetto che vedeva coinvolti Alice Kundalini, Luca Sigurtà e Daniele Delogu e quando ho letto di voci eteree, drone pop e brani di sei, sette minuti, mi sono subito fiondato alla scoperta di Ekin Fil, musicista turca che, da più di dieci anni ammalia impianti stereo e platee, con suoni semplici ed evocativi. Ci sembra quasi di immaginarla Ekin, donna e creatura magica mentre sofia verso il mondo le sue malie, in una Sonuna Kadar (fino alla fine) energia primigenica. È musica che sembra nascere spontaneamente dal vento, trasformandosi ora in lancinanti ballate, ora in tappeti ambientali che sembrano ripercorrere le rotte delle nuvole. Musica evocativa, che richiama forme ancestrali d’energia, quando il suonare aveva più a che fare con il rito che con l’esibizione fine a se stessa. La vocalità di Ekin potrebbe ricordare Elizabeth Fraser, citata nella cartella stampa che accompagna il disco. Volessimo fermarci al contesto reale e musicale direi di sì, certo, ma credo che per descrivere adeguatamente certa musica forse occorra volgere il pensiero più addietro, al passaggio di Ulisse nei dintorni di Capri dove le figlie di Acheloo, Ligeia, Leucosia e Partenope lanciavano canti incantatori ai marinai.
Così Ekin, novella sirena dallo stretto del Bosforo, rinforza con un suono prolungato ed ammaliante i propri singulti, mettendo in scena un’opera in quattro atti. Sleepwalkers, sonnambuli, a loro si rivolge la sirena: a spettatori incoscienti che, aperte le porte della comunicazione vengono guidati in maniera a noi misteriosa lungo tragitti notturni. Il brano che così titola è litania misteriosa, comunicazione a loro dedicata ed esclusiva, che a noi lascia coscienti ed esterni, a bocca aperta cercando di distinguere i rimbrottii delle corde sottostanti. Gone Gone è la ripresa aerea della torre di Ekin Fil, ormai in sua assenza, a raccogliere le ultime stille di energia rimaste nell’aria, sulle pareti, negli angoli. Se ne va con suoni bassi, quasi quanto le sirene di una vave, forse il posto peggiore dove ascoltare questo disco, ipnotico e bellissimo.