Marc Urselli ovvero il fonico di John Zorn, Laurie Anderson, Lou Reed, Eric Clapton…

Negli ultimi anni è apparso con sempre maggiore evidenza quanto sia importane il ruolo del fonico per la riuscita di un buon disco, così anche i non addetti ai lavori pian piano hanno iniziato a riconoscere e ricordare i nomi di Steve Albini, Steve Austin, Bob Weston, Jim O'Rurke, Jack Endino (spesso anche in virtù della loro carriera parallela da musicisti). Anche in Italia due o tre nomi del panorama indipendente sono saltati fuori dal cilindro molto frequentemente, basti pensare a Fabio Magistrali, a David Lenci e recentemente a Giulio Favero (ed ovviamente in questa sede mi limiterò solo al panorama indipendente). In una nazione dove più di metà della popolazione è ben contenta di avere il governo che abbiamo ed in cui la fuga di cervelli è ormai all'ordine del giorno (anche il mio è scappato parecchio tempo fa e devo dire che la mia vita è migliorata di molto), accade che anche altri talenti prendano armi e bagagli e se ne vadano via così com'è successo anche a Marc.
Nell'ingratitudine e nella scarsa attenzione verso i propri vicini di casa a volte si và a cercare il fuoriclasse straniero quando magari il "fenomeno" era proprio dietro l'isolato e questo non è che uno dei tanti esempi. Marc Urselli armandosi di un'abnegazione da missionario gesuita, di molta pazienza e anche di una certa dose di spregiudicatezza è riuscito a diventare il fonico che ha registrato Sting, Eric Clapton, Jeff Back, giusto per menzionarne solo alcuni dei più celebri, ma quel che è più ha registrato tutti gli ultimi Filmworks di John Zorn (uno che per ciò che concerne i fonici non và certo per il sottile) oltre a buona parte delle ultime uscite targate Tzadik. Sempre a proposito di mr. Naked City, qualcuno di voi avrà avuto modo di vedere/sentire Marc all'opera nell'ultimo spettacolo che messo in scena e nel quale erano coinvolti sia Lou Reed che sua moglie Laurie Anderson (di cui ovviamente è diventato fonico per tutta l'ultima tournée). In realtà ho conosciuto Marc scrivendo per www.chaindlk.com, un grosso sito/portale elettro-sperimental-avant-industriale che lui e Maurizio Pustianaz (che qualcuno di voi forse conosce per la sua attività parallela come Gerstein) hanno fondato diversi anni fa, pur non essendo una persona particolarmente timida o riservata, Marc non mi aveva mai detto nello specifico con chi aveva lavorato o che dischi aveva registrato, così quando l'ho scoperto quasi per caso è stata una discreta sorpresa e l'intervista mi è sembrata dovuta. Ad ogni modo per informazioni, chiarimenti o anche solo per curiosità non posso che consigliarvi di passare sul suo sito personale: www.marcurselli.com.

SODAPOP: Marc, partiamo dall’inizio: com’è che da fonico in Puglia sei diventato il fonico di John Zorn e di Laurie Anderson?
MARC: Tanto duro lavoro, tanto "networking", carattere e magari un pizzico di quella fortuna del trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Quando dico carattere mi riferisco al fatto che non mi sono mai saputo accontentare e voglio sempre fare e ottenere di più. Pretendo tanto da me stesso e sono molto critico in quello che faccio. Sono caparbio e ho molta costanza e determinazione. Ho sempre voluto fare le cose in grande e bruciare le tappe, quindi a 21 anni, dopo aver avuto uno studio in Puglia per un paio d'anni, stavo valutando quale sarebbe stato il prossimo passo per poter allargare gli orizzonti e continuare a crescere ed imparare. Stavo considerando di andare a Milano ma ho deciso di saltare il passo intermedio e fare il passo lungo per New York. In Puglia lavoravo tanto e duramente, facevo lunghe ore in studio e puntavo sempre in alto, ma sapevo che la Puglia era di per se limitante e che anche l'Italia lo era. Una volta trasferitomi a NY, ho continuato ad applicare gli stessi principi del duro lavoro, solo che duro lavoro a NY vuol dire dieci volte più duro e dieci volte più lavoro rispetto a quello che facevo in Italia. Le ore di lavoro si sono allungate (fino a diciotto al giorno in studio). Ho dovuto ripartire da zero perché a nessuno interessava che avessi avuto uno studio o che avessi un po’ di esperienza precedentemente. Devi farti valere con i fatti. Ho lavorato a lungo senza stipendio, per poter avere l'opportunità' di farmi valere e di rendermi indispensabile, perché ci sono centinaia di altre persone che vogliono fare lo stesso mestiere. Li entra anche in gioco il "networking" a cui mi riferivo inizialmente. Non so come chiamarlo in italiano (l'andare a concerti, eventi, lo scambiare biglietti da visita, lo scrivere e-mail ogni giorno, l'essere presente online ecc ecc) ma è una parte vitale per il mio lavoro in una società come quella americana che, è si molto più meritocratica di quella italiana, ma anche basata molto sulle relazioni personali e le collaborazioni precedenti. Sono a New York da dieci anni e ci ho messo tanto per ottenere dei risultati visibili. Zorn l'ho conosciuto tramite amicizie, ma è solo dopo che Bill Laswell è stato nel mio studio e ha consigliato lo studio a Zorn che Zorn stesso è venuto. Prima mi ha mandato un po’ di artisti della sua etichetta Tzadik e dopo un po’ si è deciso a venire e fare un disco suo. Da li è partita la nostra collaborazione. Ora siamo molto amici e faccio la registrazione e il missaggio di tutti i suoi dischi. John è molto amico di Lou Reed e quindi tramite John ho conosciuto Lou e Laurie (che sono marito e moglie). È stato John a parlare bene di me a Laurie Anderson quando Laurie cercava qualcuno e da li è cominciata la mia collaborazione e amicizia anche con lei e Lou.
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SODAPOP: In un certo senso, delle persone che si sono trasferite in pianta stabile negli Usa, tu mi sembri quello con il dente più avvelenato nei confronti dell'Italia. Ma lavoro a parte ti sono piaciute molto anche le dinamiche di vita americane e/o come ti ci sei inserito contando che abiti a New York e che è un po' un pianeta a sé?
MARC: Avvelenatissimo. L'Italia (e soprattutto il Sud e la Puglia) è stata sempre un ostacolo per qualsiasi cosa io (o altri come me) cercassero di fare. Non ho mai vissuto al nord Italia ma se è vero (come molti dicono) che il nord non è tanto diverso dal sud, l'Italia tutta rappresenta la morte certa per qualsiasi stimolo creativo, idea, aspirazione o ambizione uno possa avere. Con le dovute eccezioni del caso, o ti adegui e ti conformi a chi ti sta intorno (metti firma in qualche corpo militare o fai un lavoro sottopagato che non ti da soddisfazione e non lo molli più per il resto della tua vita per paura di non trovarne un'altro) oppure te ne devi andare da li al più presto! A quei tempi ho provato di tutto, dal fare le cose da me al fare le cose in gruppo, dal farle legalmente (trafile burocratiche lunghissime per organizzare un concerto) al farle semi-illegalmente (dimostrazioni, sit in, occupazioni simboliche)… facevo parte di un collettivo di gente motivata che ci ha provato a lungo, per tanti anni… alla fine dopo mille battaglie perse abbiamo deciso di affittare un posto (a nostre spese) dove fare concerti per offrire un po’ di cultura ed eventi musicali al paese e zone limitrofe… abbiamo organizzato festival di film, concerti e altre cose ma la gente del posto non solo era disinteressata ma invece di essere contenta che ci fosse qualcosa da fare o da vedere quando all'epoca (e tutto'ora) non c'era niente da fare e da vedere si lamentava del rumore!!! Capisci? Dimmi tu, per gente con questa mentalità tu continueresti a fare qualcosa? Mi sono rimosso da qualsiasi attività politico-sociale e ho deciso di andarmene appena avrei potuto. È molto indicativo il fatto che praticamente tutte le altre persone che facevano parte di questa associazione culturale ora vivono al nord Italia o all'estero!!! Per dirla tutta e senza peli sulla lingua (che non ho mai avuto) l'Italia è morta, anche se non lo ammette… sta passando un periodo di involuzione e oscurantismo che continua da decenni e continuerà chissà per quanto ancora. Se non si auto-affonda o implode prima, credo che nei secoli del futuro questo periodo verrà visto storicamente come un periodo di depressione, un po’ il contrario di quello che è stato il rinascimento italiano. Personalmente non provo nessun debito di gratitudine verso l'Italia perché invece di rendermi le cose più facili, me le ha rese più difficili. Invece di offrire opportunità ed eventi culturali ai giovani, si mette contro i pochissimi giovani che cercando di offrire opportunità culturali. Dell'Italia mi mancano solo alcuni ottimi amici e il buon cibo! Per rispondere alla tua domanda (e scusa se mi sono dilungato di nuovo), mi sento perfettamente inserito a New York. È una città stupenda e a dimensione mia. Una volta trasferito qui mi sono reso conto (cosa che non sapevo prima) che sono sempre stato in un certo senso "newyorkese" dentro, nel senso che ho sempre voluto che tutto si facesse subito, ho sempre voluto andare ad un passo molto più veloce di quello a cui avveniva tutto il resto in Italia, ho sempre amato l'efficienza, la diversità culturale ecc… ovviamente anche in America ci sono problemi, e tanti, ma New York, come dici tu, è un po’ un pianeta a se: meno problemi di quelli del resto dell'America, più diversità (che è poi da sempre la ricchezza stessa di New York), più opportunità, più eventi culturali, più tutto! Amo questa città e mi ci trovo benissimo. Avrei estrema difficoltà a vivere in qualsiasi altra parte del mondo dopo aver vissuto qui.

SODAPOP: Quello che dici è interessante, ma l'America non si trova con il culo per terra? l'Italia non è manco lontanamente paragonabile, concordo: ma gli ospedali che sono una merda? Il numero più alto di barboni di tutto il mondo occidentale? Le migliaia di stronzi che hanno una pistola in casa ed in tasca? Purtroppo non penso che tu abbia sbagliato previsioni sull'Italia ma non ti preoccupa passare da una nazione nella merda ad un'altra ormai palesemente in crisi? E per altro, visto il lavoro che fai, non trovi che (al di là della retorica del binomio arte = crisi) proprio questa situazione possa fare da humus per certi tipi di espressione? (Dead Kennedys, Sonic Youth sono usciti fuori sotto Reagan… i Sex Pistols, molta musica dark e molta improvvisazione sotto alla Tatcher…)?
MARC: Interessante punto di vista il tuo, ma avendo vissuto in entrambi i posti e potendo fare il paragone ogni giorno purtroppo non posso concordare con te su tutto. Tutte le nazioni hanno i loro problemi, chi più chi meno, ma ad un certo punto devi fare una scelta e scegliere il male minore fra i due mali. Non sono sicuro di poter concordare con te circa gli ospedali: personalmente preferirei ricoverarmi in uno ospedale Americano prima di uno Italiano senza ombra di dubbio! Il fatto che chi ha i soldi vada a curarsi in America (vedi Berlusconi di recente) è indicativo… poi l'Italia per poter descrivere il proprio sistema sanitario ha pensato bene di coniare il termine malasanità, una parola che neanche esiste nel dizionario americano… Se vogliamo parlare di sanità, il problema serio in America è che costa una cifra e che per questo molte persone non possono permettersi un'assicurazione medica e rimangono scoperti o (in caso di incidente) indebitati a vita per pagare l'ospedale. A parte il discorso sanità, non posso che concordare con te sul fatto che l'assenza di controllo sulla licenza e vendita delle armi sia un grosso problema, come anche l'alto numero di barboni, le scuole pubbliche inguaiate e così via… non c'è dubbio, i problemi ci sono e sono tanti… personalmente credo che il problema più grande in America sia l'assenza di informazione per il popolo, o meglio il controllo di informazione nelle mani di pochi. Il grande fratello esiste veramente, non è una invenzione Orwelliana o un programma televisivo, basta provare ad informarsi qui per capire come l'informazione venga manipolata e filtrata. La gente dorme ed è troppo interessata alla propria vita per interessarsi a quello che accade al di fuori di essa. Quasi tutte le televisioni, la maggior parte delle radio e delle agenzie pubblicitarie ecc, sono controllate dalla stessa persona (con la sua agenda politica) e tutto viene controllato da potentissime lobby che pensano solo ai propri interessi. L'avidità e l'avarizia sono il vero seme del male in America a mio avviso, e tutti continuano a seminare! D'altra parte certe cose che succedono solo in Italia non avverrebbero mai qui. Il problema di base in Italia è la mentalità dell'italiano medio. Mi trovo a confrontarmi con questa mentalità ogni volta che mi trovo in Italia non ce la faccio proprio a rapportarmici. Comunque al di là di tutti i problemi, io mi sono trasferito qui perché per me è importante la musica e l'arte e non credo ci siano dubbi sul fatto che New York sia uno dei maggiori nuclei (se non il maggiore) di creazione artistica nel mondo. Dozzine (se non centinaia) di concerti a sera, mostre fotografiche, festival di film, musei… c'è tutto, da tutto il mondo, per tutti e a qualsiasi ora… il grado di offerta culturale qui a New York non ha precedenti ne eguali, ma mi rendo conto che bisogna provare per credere. Se avessi voluto fare l'alpinista mi sarei trasferito in Svizzera o in Colorado… Ho seguito la mia passione e mi ha portato qui. C'è da dire che qui sto bene e mi sento a casa. Quando vado in vacanza in Italia mi sento un pesce fuor d'acqua e dopo due o massimo tre settimane mi sta tutto stretto e non vedo l'ora di andarmene. Questo non mi succede qui, quindi penso che sia il posto giusto per me. Concludo dicendo una cosa che è vitale per capire il mio ragionamento: New York è un mondo a parte. Non si può considerare New York parte dell'America perché lo è solo geograficamente. Se magari in questa intervista ho detto che in qualsiasi momento vivrei in America anziché in Italia, è più preciso dire che sceglierei New York prima di qualsiasi altro posto in Italia perché fuori da New York (con poche eccezioni, tipo San Francisco, Austin, Los Angeles) non riuscirei a vivere nel resto d'America (tipo in uno stato dormiente, morto e razzista come l'Alabama). Come ho detto bisogna scegliere il minore dei due mali.
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SODAPOP: Per quanto sia d’accordo con te su molti punti è dell’altro ieri la notizia che molti ospedali americani sono sul lastrico… se dicessimo che in America ci sono grosse possibilità per chi va avanti e poche vie d’uscita per chi resta indietro? Per altro, anche se in un modo deleterio e malato, mi sembra che la società italiana si stia americanizzando da anni (scomparsa della classe media, controllo dell’informazione, impoverimento dello stato sociale, vita oltre le proprie possibilità, scarsa percezione del resto del mondo, eccetera). L’Italia è già in una crisi mostruosa, non pensi che gli Usa siano di fronte ad una crisi altrettanto irreversibile? Te lo chiedo in virtù dell’elezione di Obama che per molti è epocale non tanto per il fatto che sia di colore (che conta poco se non a livello mediatico), ma per il fatto che sia un "intellettuale" democratico, una cosa rara nella storia recente degli Usa.
MARC: Sì, sono d'accordo che ci sono tante possibilità per chi va avanti e poche vie d'uscita per chi resta indietro, probabilmente è per quello che ci sono tanti senza-tetto qui. L'America è molto "cut-throat" e New York soprattutto è un po’ una di quelle giungle dove sopravvivono solo i più forti. A me va bene così perché è una cosa che mi stimola, mi da energie, mi spinge in avanti… sono una di quelle persone che pretendono tantissimo da se stesse ma è proprio per questo che lavoro così duramente. Non so che dirti circa le crisi dell'Italia o dell'America… prima o poi imploderanno o esploderanno entrambe, probabilmente per motivi diversi. Poi dipende di che crisi stiamo parlando… se parliamo di crisi economica allora è ovvio dai notiziari che ci siamo già, ma d'altra parte ha senso parlare di crisi economica quando ci sono continenti interi che non riescono neanche a sfamarsi? Sinceramente la crisi Americana mi tocca poco economicamente. Certo, ne avverto i colpi indirettamente nel mio lavoro (meno persone comprano dischi, meno persone fanno dischi) ma facendo parte di quella classe media che tu dici che sta sparendo, non mi tocca poi più di tanto. Non ho azioni e investimenti, quindi i soldi che faccio con la musica rimangono i soldi che mi fanno andare avanti, stanno lì in banca e ci pago le bollette, le tasse e l'affitto, con o senza crisi. La società ti spreme ma io spremo essa. In Italia non c'è nulla da spremere per me quindi preferisco spremere qui che almeno qualcosa esce. Che dire di Obama… sembra molto intelligente, sa di certo parlare, non ha bisogno che qualcuno gli scriva i discorsi e i suoi discorsi filano tutti, tuttavia si trova davanti ad una nazione con mille problemi e sinceramente dubito lui, o chiunque altro, possa risolverli… avrà un lavoro enorme da fare e solo col tempo sapremo se è in gamba quanto sembra. Sicuramente avrà più tatto di Bush, soprattutto in politica estera, ma davanti a quello che succede su scala nazionale e internazionale, è difficile fare sempre le scelte giuste. Lungi dal voler difendere Bush (che è un imperialista, criminale, guerrafondaio e ignorante) c'è da dire che davanti a un evento come l'11 Settembre probabilmente qualsiasi presidente (anche Gore, o Obama) avrebbe probabilmente (se non altro per pressioni dall'interno) dovuto "fare" qualcosa, sai cosa voglio dire? Non dimentichiamoci che sia Bush che Berlusconi (entrambi criminali) sono stati rieletti più volte, questo la dice lunga su quello che gli italiani e gli americani vogliono e si meritano! Con Obama secondo me le cose sono due: se si dimostra bravo come sembra lo faranno fuori in pochissimo (come JFK), oppure rimarrà lì a parlare tanto e agire poco. Si saprà, solo con il tempo vedremo. Può darsi anche che Obama sia una mega-cospirazione architettata dall'alto, come dice David Icke 😉 Chissà, vedremo…

SODAPOP: Sei un fonico di quelli che ha frequentato corsi specifici o come molti hai imparato come autodidatta? Ci racconti come hai iniziato?
MARC: Sono un autodidatta per praticamente tutto quello che so fare. Quando avevo 16 anni e stavo cercando di decidere a quale università andare dopo le superiori, mi resi conto che volevo cominciare a vivere e lavorare e mi ero scocciato di studiare sempre. Ho deluso molte aspettative, dato che mi ero diplomato con il massimo dei voti, ma ero determinato a fare qualcosa subito. Un mio caro amico, Nanni Surace, che ha uno degli studi più importanti e attivi in Puglia (PureRock studios) presso cui avevo registrato con vari gruppi, mi disse che voleva vendere il suo mixer per comprarne uno nuovo. Questo banco analogico (un Argentini EP6500, fatto a Roma) misurava più di due metri e costava parecchio quindi al momento non ci pensai più di tanto, ma quella notte stessa la lampadina si accese e decisi di comprare il suo mixer, aprire uno studio in Puglia e cominciare così una carriera di fonico. Spesi un sacco di soldi per finire il mio studio (chiamato Maelstrom Studios) e per imparare le basi del mestiere feci per un mese circa un tirocinio allo studio di Nanni, che mi ha insegnato tantissimo. Quello fu l'inizio (della fine ;-)).

SODAPOP: Ad ogni modo, tornando allo specifico del tuo lavoro, ho visto che ormai hai accumulato parecchie collaborazioni e lavori con nomi più o meno conosciuti. Quali sono state le migliori e le peggiori esperienze che hai fatto in studio, anche semplicemente come ascoltatore o sul piano umano? Spesso la posizione del fonico diventa un po’ quella di un voyeur autorizzato, o no?
MARC: In studio si fanno decisamente tante interessanti esperienze e si vede il lato vero di questi artisti di cui molti vedono solo la facciata pubblica. Mi dispiace deluderti, ma temo di non avere clamorosi aneddoti da studio tipo quelli degli anni '70… la coca, le spogliarelliste e tutte quelle storie assurde che sentiresti raccontate da un fonico che ha vissuto quegli anni purtroppo (o per fortuna?) io non le ho… mi sarebbe piaciuto vivere gli anni '70, ma sono troppo giovane aihmè ! 😉 Le esperienze che ricordo con piu' piacere sono quelle in cui hai a che fare con veri musicisti… ci sono certe sessions in cui sei lì a registrare qualcosa che ti sembra epocale o che comunque ti rendi conto che ha una classe, una qualità, un'autenticità e un'unicità che in pochi riescono a riprodurre oggi giorno… con John Zorn (un caro amico e una delle persone più intelligenti che conosca) spesso mi rendo conto di essere in una posizione privilegiata assistendo al suo processo lavorativo. Sono convinto che in un futuro non so quanto lontano John verrà riconosciuto come il genio che è, sarà riverito da tutti come uno dei grandi compositori del nostro tempo. Ho visto il suo genio all'opera tantissime volte, come quando ascoltava con attenzione le prove di un nuovo spartito che aveva appena dato ai suoi musicisti e contemporaneamente era concentrato sullo spartito di un altro pezzo a cui stava apportando delle modifiche al volo… Incredibile! Con Les Paul ovviamente gli aneddoti non mancavano mai, ma erano sempre i suoi! È diventata classica nel nostro studio la sua frase "I was there" (io c'ero) perché uno come lui veramente è stato presente per quasi tutto quello che è avvenuto in America nell'ultimo secolo! Volevamo ordinare una pizza e lui ha escalamato "1937, Corona, NY: la prima pizza a New York. Io c'ero!". E le storie come quelle sono tante, lui ne ha a bizzeffe! In studio beveva solo birra analcolica e mangiava solo noccioline americane. Ha più di novanta anni e nonostante l'artrite è lucidissimo e attivissimo! Pensa che suona dal vivo ogni settimana! Un vero genio incomparato! Che altro… Luther Vandross è stato uno dei cantanti più incredibili con cui abbia lavorato. L'ho visto ascoltare in cuffia un brano mai sentito prima e scrivere in meno di mezz'ora un arrangiamento vocale a quattro parti. Poi ha insegnato le parti a tre coriste e le ha dirette tutte dal vivo, mentre lui stesso cantava la propria parte. Tutto questo davanti ad un unico microfono muovendole avanti e indietro con la proprie braccia e mani a seconda di quanto volesse sentire la particolare nota della particolare corista all'interno dell'accordo che stavano cantando… ho avuto in studio chitarristi come Buddy Guy o Pat Metheny, che hanno in comunque il fatto che suonano con dei volumi che ti fanno arrizzare i capelli! Ovviamente è stato un immenso onore lavorare sulle tracce di gente come Sam Cooke, Sting, Jeff Beck, Eric Clapton… a quanto mi è stato detto dai produttori di quel disco (Bob Cutarella e Fran Cathcart), sono stato il primo fonico al mondo (e credo sino ad ora l'unico) ad aver avuto l'opportunità' di ricevere un multitraccia originale di Cooke. La registrazione consisteva di tre tracce, due microfoni sui musicisti e uno su di lui, con tutto l'ambiente della stanza e il rientro degli altri strumenti nel suo microfono. Dato che la nuova traccia strumentale l'avevamo registrata a Los Angeles con un metronomo, ho dovuto tagliare la traccia vocale ogni battuta (o più volte all'interno di ogni battuta) e poi comprimere o espandere temporalmente (time stretching) il segmento audio affinché andasse a tempo con la nuova traccia strumentale che abbiamo registrato. Visivamente la traccia vocale su Pro Tools sembrava un codice a barra ma a livello sonoro i tagli non si sentono e la traccia scorre come se l'avessero incisa a quel tempo originariamente con Sam Cooke nella stanza. Un processo tedioso ma necessario per poter avere la voce di uno dei migliori cantanti mai vissuti (e oramai deceduto) su una nuova traccia registrata appositamente. Dopo tutto questo, sulle due tracce di Sam Cooke di cui abbiamo ricevuto i master originali, ci hanno suonato Jeff Beck ed Eric Clapton. È emozionante cominciare a lavorare su tracce di mostri sacri come quelli. Niente errori, una nota più giusta dell'altra, tantissimo gusto, stile inconfondibile! Dato che avevano suonato le proprie tracce sulla versione strumentale dei brani abbiamo dovuto tagliare per fare spazio per la voce e quando ti metti a tagliare i riff di Beck e Clapton ti piange il cuore perché ogni volta che fai un taglio stai tagliando via dell'oro che nessun'altra avrà modo di sentire… comunque per chiudere (parto sempre promettendomi di essere breve e finisco inevitabilmente per dilungarmi, sorry!) e rispondere in maniera completa alla tua domanda ti dico che le peggiori esperienze sono quasi sempre quelle in cui la gente non ha rispetto per chi sta intorno a loro e per chi sta lavorando per loro. Non farò nomi, ma le esperienze peggiori sono state quelle di session in cui insieme all'artista arrivano dieci persone non invitate (manager, avvocato, rappresentante dell'etichetta discografica, agente, commercialista, sposo/a e amici vari a corredo… insomma l'entourage!). Di solito questo tipo di sessions iniziano con in media due ore di ritardo perché arrivano tutti in ritardo come se niente fosse e come se fosse normale (e poi tra l'altro pretendono di pagare lo studio a partire dall'ora in cui sono arrivati invece che dall'ora che hanno prenotato). Queste cose succedono spesso e volentieri nell'ambito hip hop/urban. Il genere non mi dispiace necessariamente e di certo vi sono eccezioni alla regola, ma è per via di esperienze come quelle che ho smesso quasi del tutto di occuparmi di quel genere musicale.
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SODAPOP: Cazzo, a me Eric Clapton non è mai piaciuto, ho sempre preferito Yngwie Malmsteen! ma per disgustare completamente un pubblico di musicofili snob puoi fare di meglio: mi raccontavi del fatto che Vasco Rossi ti sembra più credibile di molti rocker che vengono da qui o ricordo male? Mi dicevi anche degli U2 e del fatto che ti piace anche l’ultimo disco (a me, produzione a parte, faceva venire l’orticaria…)
MARC: Clapton peggio di Malmsteen? Scherzi? Non c’è paragone se chiedi a me! Poche note (ma buone) l'uno e decisamente troppe note l'altro. Less is more! Sinceramente non credo che siano paragonabili, sono chitarristi diametralmente opposti a mio avviso. Ho avuto il mio mini-periodo di chitarristi dalle troppe note ma è durato poco ed è stato quasi due decenni fa 😉 Non sono mai stato un fan di Vasco. Non ho suoi dischi e l'ho visto uno volta sola dal vivo a Bari, solo perché sono andato invitato a fare da traduttore al mio caro amico chitarrista Vincenzo Pastano, che è amico del chitarrista americano di Vasco, Stef Burns. Sceglierei di ascoltare Vasco se dovessi scegliere fra lui e gli altri italiani nelle classifiche tricolore, ma mi tengo lontano dalle classifiche tricolore perché c’è veramente pochissima roba buona… la musica italiana (con poche eccezioni) e la cultura di San Remo non mi è mai piaciuta e me ne tengo lontano. Non so se "credibile" sia il termine giusto e non credo di aver usato quel termine. Vasco è più rock e più "americano" degli altri ma lo è perché si affida ad un gruppo di musicisti americani di altissimo livello. Rimane un prodotto italiano e si sente. È come Zucchero, che muore dalla voglia di suonare come i bluesman americani e per cercare di riuscirci usa bluesman americani. Di certo Zucchero è più blues di altri italiani ma di certo non è un autentico bluesman. Come dicevo precedentemente, si tratta di scegliere fra il male minore. Se devo scegliere fra Vasco o Zucchero invece di Massimo Ranieri e Riccardo Cocciante scelgo i primi due, ma per fortuna c’è tanta musica dalla quale posso scegliere. Secondo me comunque si tratta di copie, si tratta di artisti bravi a copiare la musica americana. Personalmente preferisco l'originale, sai cosa intendo? Per quanto riguarda gli U2, penso che siano un bel gruppo ma non li ho mai seguiti tanto. Quando fanno un disco in qualche modo o l'altro lo senti comunque (fra TV, radio, internet ecc), non c'è scampo… non ho mai sentito l'ultimo disco per intero, ma ho sentito pezzi qua e là e ho visto il film del concerto in 3D… probabilmente ci sono dischi migliori e canzoni storiche senza paragoni nel loro nuovo catalogo, ma gli U2 sono un gruppo che si evolve e si sa rinnovare e questa è una qualità che apprezzo… in questo sono simili a Madonna… anche di lei non ho neanche un disco, ma continua a rinnovarsi ed evolversi e preferisco questo che non un gruppo che suona uguale a come suonava dieci anni fa o venti anni fa. Alla fine parliamo di gusti, ognuno ha i propri, è quello il bello.

SODAPOP: Su Clapton non mi hai convinto, continua a farmi schifo, ma cambiamo discorso, oltre ad essere un fonico insieme a Maurizio Pustianaz gestisci un sito web molto conosciuto e frequentato (www.chaindlk.com). Ricordo male o una volta era una rivista stampata? In qualche modo questo ti è stato utile per stabilire una rete di contatti prima di prendere il giro Tzadik, eccetera?
MARC: Ho creato D.L.K. come rivista su carta nel 1994. Avevo diciassette anni e mi interessava la musica elettronica, industrial ecc. Volevo fare qualcosa per supportare questa scena musicale (anche in Italia, dove la scena era abbastanza piccola e non aveva molti canali dedicati) e così ho pensato di fare una fanzine. Sono partito con un Commodore 64 e una stampante ad aghi con il classico cut & paste / collage art utilizzato nella scena delle fanzine del giro punk do it yourself di quegli anni. Feci cento fotocopie del primo numero e dal secondo numero in poi passai alla tipografia, stampando sempre più copie, a mano a mano che cresceva la distribuzione e la rete di contatti e di scambi. Durante questa evoluzione ho conosciuto e fatto amicizia con Maurizio Pustianaz (che molti nella scena conoscono come Gerstein) che all'epoca faceva una newsletter chiamata Chain The Door. Dopo anni di conoscenza telefoniche (tutto'ora, dopo più di dieci anni di amicizia, ci siamo visti una volta sola per un'oretta) abbiamo unito i nostri sforzi e abbiamo chiamato la rivista Chain D.L.K.. Abbiamo fatto otto numeri, di cui gli ultimi tre erano stampati in 1500 copie, a colori e con CD compilation allegato e spediti in giro in tutto il mondo. Verso la fine abbiamo addirittura recuperato le spese (che era un lusso!) ma il lavoro di coordinazione e gestione era diventato troppo e così abbiamo deciso di passare al web, dove potevamo pubblicare recensioni istantaneamente invece di aspettare che uscisse un nuovo numero dopo tanti mesi di lavoro. Oggi il sito ChainDLK.com attira ogni mese 30000 fra lettori e curiosi e pubblichiamo recensioni, news, interviste e altro quotidianamente. La tua domanda circa la rete di contatti è interessante ma è stato più che altro quasi il contrario. La mia vita professionale (da fonico) e la mia vita hobbistica (da giornalista) sono sempre state separate e raramente si sono incrociate. La maggior parte delle persone con cui lavoro in studio non sanno del mio interesse per la musica elettronica e non sanno di Chain D.L.K.. Zorn stesso non la conosceva, anche se ho recensito pochi dei suoi dischi prima di conoscerlo di persona (Tzadik non manda copie promozionali a riviste e radio). Spesso quando esce questo discorso con clienti dello studio o amici o musicisti con cui ho lavorato rimangono sorpresi. Un paio di mesi fa ho invitato Laurie Anderson, Lou Reed e il resto del gruppo di Laurie a casa dei miei genitori in Italia (durante il tour italiano). Mia madre ha cucinato delle lasagne da urlo e dopo cena è uscito questo discorso. Tutti erano sorpresi ma l'unico che avesse mai sentito di Chain D.L.K. era il bassista Skuli Sverisson, di cui avevo recensito tanti anni prima un disco solista in uno dei numeri su carta. Inutile dire che per lui è stata una bella sorpresa scoprire che il suo fonico era lo stesso Marc Urselli che aveva recensito il suo disco quando ancora abitava in Italia. 😉
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SODAPOP: Molto interessante, parlo di tua madre che cucina le lasagne… la maggioranza degli americani che ho conosciuto in questi anni mi raccontavano come persino nel circuito punk fosse poco sviluppata una certa ospitalità e la convivialità a tavola (ad esempio spesso nel come penso di un gruppo non sono compresi posto per dormire e cena). Mi sembra parecchio interessante questa cosa di cenare a casa tua come l'hanno vissuta la Anderson e gli altri? E a proposito, i tuoi parenti come convivono con il fatto che tu ora viva nella grande mela?
MARC: Sinceramente non ho mai fatto niente nel giro punk americano e non sono mai stato in tour con un gruppo punk, ma ho sentito da un amico che fa parte dei Giuda (un gruppo crust italiano che è stato in tour in America per un mese) che è vero quello che dici tu. Per fortuna i tour che ho fatto io erano con hotel e voli e quindi non ho avuto il problema. Tutti dicono che gli italiani sono calorosi e ospitali e credo che sia vero. Io sono cresciuto in una famiglia metà italiana e metà svizzera e quando ho ospitato dei musicisti del nord Italia mi hanno descritto come "una bilanciata unione di precisione svizzera e ospitalità italiana", ah, ah, ah! Comunque il gruppo di Laurie si è divertito… hanno mangiato bene e sono stati in una situazione rilassata, senza rotture esterne, senza orari di viaggio o di sound check e senza paparazzi in agguato… penso che questo abbia contribuito in gran parte all'atmosfera rilassata… nello stesso tour siamo stati a Tel Aviv in un ristorante scelto all'ultimo secondo e c'erano già fotografi fuori. A Bari mentre mangiavano in una taverna sono entrati per chiedere autografi… in questo modo non si mangia mai tranquilli e quindi in una situazione privata a casa dei miei si sono potuti rilassare e godersi tutto..in effetti per evitare problemi non ho neanche detto a mia madre che sarebbe venuto Lou Reed… volevo evitare che si emozionasse o innervosisse o che lo dicesse a qualcuno che poi si sarebbe presentato per foto e autografi.

SODAPOP: Fantastico, io se a mia madre dico che viene a cena Lou Reed mi chiede se è di Alessandria o viene da fuori! Tua madre sapeva anche chi era Lou Reed o glie l’hai spiegato tu?
MARC: Veramente non ero sicuro neanche io che i miei conoscessero quei nomi, quindi ho preferito non dire niente per sicurezza. Mia madre ascolta musica classica e un po’ del peggiore pop melenso da classifica e mio padre non ascolta tanta musica (ad eccezione per un po’ di country e altra pessima robaccia italiana mentre guida) quindi è probabile che non conoscessero, ma il nome di Lou è un nome che si sente parecchio anche se non ascolti musica. Il giorno dopo mio padre mi ha detto che un suo amico si è lamentato di non essere stato avvisato di questa illustre visita o sarebbe venuto a "stringergli la mano", che è esattamente il tipo di cose che volevo evitare, quindi evidentemente ho fatto bene a non dire niente prima.

SODAPOP: Ed ora una domanda di rito sui tuoi propositi per l’anno nuovo: con chi ti piacerebbe lavorare di quelli con cu non hai ancora lavorato oppure chi vorresti accompagnare in tour?
MARC: Ci sono tante persone con cui mi piacerebbe lavorare e alcuni sono gia' morti (Hendrix, James Brown, Beatles). Fra i vivi mi piacerebbe registrare la reunion dei rimanenti Led Zeppelin, mi piacerebbe fare un disco dei Nine Inch Nails e mi piacerebbe tornare a fare un po' di rock e metal (mi piacerebbe fare dischi di gruppi tipo Soundgarden, Rage Against The Machine, Alice In Chains ma anche Pantera, Sepultura ecc). Sono cresciuto con questi generi e ora mi mancano un pò. New York non ha una grande scena rock/metal. Per quanto riguarda i tour mi piacerebbe fare un tour con un gruppo che ha un grosso palco (qualcosa tipo Pink Floyd o U2) per avere il piacere di missare per un audience da stadio, ma non disdegno affatto piccoli tour che mi portano in località remote e piene di musica indigena e interessante che allargano gli orizzonti e le esperienze (Sud America, Asia ecc). Sono innamorato del Giappone quindi qualsiasi tour che va in giappone è un buon tour, ah ah 😉

SODAPOP: Riguardo ai tuoi progetti musicali hai in pentola qualcosa?
MARC: Purtroppo ho pochissimo tempo a disposizione per la mia musica, anche se vorrei che questo cambiasse perché ho tante idee e ispirazione continua ovunque (anche grazie al fatto di lavorare con tanta gente e generi diversi). Quando avevo quindici o sedici anni creai un progetto chiamato the M.E.M.O.R.Y. Lab (Modern Expressing Machines Of Revolutionary Youth Laboratory). Si trattava di musica electro-industrial-metal ispirata ai Nine Inch Nails, Die Krupps, Young Gods, Ministry ecc. Il progetto era composto da me (che scrivevo i pezzi e li creavo con sequencer e campionatori) e verso la fine del mio soggiorno in Italia al basso c'era Fabrizio "Fabban" Giannese (degli Aborym) e alla voce c'era Nicola "the Old Nick" Curri (il cantante del gruppo black metal Funeral Oration, di cui faceva anche parte Fabban e di cui avevo fatto parte per breve tempo anche io come tastierista). Registrammo un demo in analogico al mio studio, ma all'epoca non avevo soldi per farlo uscire su CD così rimase nel cassetto. Con Nicola sono ancora in contatto e dopo alcune richieste e un po’ di interesse da parte di alcune etichette e vecchi fan abbiamo deciso (dopo più di dieci anni) di farlo uscire adesso. L'ho ri-masterizzato professionalmente e in digitale al mio studio di New York il mese scorso e ora sono in fase di trattative con alcune etichette in Europa e in America per farlo uscire. L'altro progetto che ho si chiama Past The Mark ed e' un duo composto da me e Vincenzo Pastano (uno dei migliori chitarristi italiani, che suona oltre che con Luca Carboni anche da solista e in vari interessanti gruppi come G.O.S. e Pulp Dogs). Past The Mark e' musica elettronica con l'aggiunta di una chitarra rock. E' un po difficile da descrivere, ma se conosci per esempio l'album di Jeff Beck You Had It Coming, puoi farti una vaga idea. Infine (ma questo e' ancora in fase estremamente embrionale e avverrà in un futuro non vicinissimo, dopo che esce il disco di debutto di Past The Mark) sto cominciando a pensare ad un progetto collaborativo in cui voglio inglobare musicisti da tutto il mondo e di vari generi. Sono molto interessato e attratto dalla world music, soprattutto dalla musica orientale, e voglio fare qualcosa con vari musicisti che apportano il loro gusto, il loro stile e l'etnicità' della loro musica. Ho intenzione per questo di avvalermi della piattaforma esession.com, che consente di collaborare con musicisti da tutto il mondo e creare sessioni di registrazione remote, in maniera che la geografia non sia un ostacolo al progetto. Non trattenere il fiato però…

(foto di Mark Huddleston, Roman Gerteis, Ralph Richbourg, Mark Huddleston)