La Lunghezza non è tutto #5

Eccoci giunti al nostro quinto appuntamento con i formati brevi…partiamo con la Skanc Bloc records di quella bella persona di Lapo Boschi. Con i Last Night We Killed Pineapple siamo ad Amiens, dove 4 pezzi registrati in quella che sembra una catacomba uniscono suoni da videogames, baratri di bassi ed una chitarra che sembra suonata da un Jonathan Richman se suonasse death rock in visita a Bruce Licher dopo una dose di anfetamine e roipnol. Bellissimi e poveri di mezzi quanto ricchi di stile, acuiscono i suoni cantando parole che sembrano latrati. Un fascino ’80 praticamente irresistibile, che sembra andare a braccetto con un alimentazione discontinua ed un successo che probabilmente non si estende oltre alla cantina e 34 aficionados di nazionalità differenti e poco credibili. Una band della quale innamorarsi è semplicissimo e quasi scontato, dannati losers.

Sono tornati i Fine Before You Came, che in quello che sarà un 45 giri di prossima uscita ripescano Ti canto, un brano di Dj Gruff cantando l’amore in una disordinata e confusa ballata a giri bassi che prende un filo di ritmo fino a trasformarsi in una disarticolata espressione di spleen. Con Quando non c’è nessuno invece fanno qualche passo in direzione cold-wave, distaccandosi almeno nella prima parte dalla loro linea abituale, tanto che nella solitudine ho visto baluginare la presenza di qualche Anna.

Peace of Mind è il nuovo ep di Master Peace, straight form Mordem, South east London. Mischia rap dritti come fosse cresciuto comprando erba da Mike Skinner mettendoci un taglio rock cockney e pop da far muovere le gambette a chiunque. 5 brani in 11 minuti, saltabeccando tra surf slappato, e storiche influenze giamaicane. Tentativi da balera con Veronica, confusioni tremebonde in Groundhog Day e vie strumentali mai scontate ed a mezza via fra mondi lontanissimi nella finale Kaleidoscope. La butto lì, potrebbe essere “LA” sorpresa al momento di un album gestito al meglio, per ora lasciamo crescere male il giusto, il tempo ci dirà.

Tornano i Dry Cleaning, con un ep di cinque brani, tra i quali due remix da Stumpwork. Iniziano con una circospezione all’acqua di rose nella palude, giocando fra basso morbido e chitarra arrabbiata, una voce che è prima un sussurro e poi una carezza. Il secondo brano si apre con delle sventagliate in mezzo al nulla sulle quali arriva un’orchestrina di lounge desertico a dispiegare bolle che zigzagano fra i cactus. I due remix (di Charlotte Adigéry & Bolis Pulpul per Hot Penny Day e di Nurished by Time per Gary Ashby) giocano su pianeti differenti, di sfarzo e ballo nel primo caso ed in acustica space nel secondo, che a trati porta i nostri sugli assi Deal/Gordon dei bei tempi. Chiude Peanuts, scomparendo piano piano senza che nessuno se ne accorga. Nulla di trascendentale ma fanno il loro espandendosi piano piano.

Teho Teardo riprende le file della sua linea di eps legate alla musica composta per il brand di moda Sportmax, che nei tre episodi precedenti ha visto le collaborazioni di Blixa Bargeld, J.G. Thirwell & Olwen Fouéré ed in questo caso vede una vera e propria orchestra con Phil Puleo alla batteria, David Coulter alla sega, Susanna Buffa alla voce, Laura Bisceglie e Giovanna Famulari ai violoncelli, Ambra Chiara Michelaneli a viola e violino e Michael Schwabe al mastering. È un percorso che si svela pian piano, tra sentori digitali ed acustici, cadenzato ed accompagnato da rintocchi e ritorni che lo rivelano in qualche modo come perseguitante. A tratti sembrano comparire versi che richiamano il mondo animale, belati soffocati e disturbanti, prima di lasciare il passo ad una cavlcata a morso stretto, fra battiti e scalpiccii. Un capitolo parecchio interessante in solo, alla resa dei conti l’ascolto di tutta la serie di interventi potrebbe rivelarsi una gran bella sorpresa oltre che un ottimo album!

Ve li ricordate i Buzz Aldrin? Io ancora rammento di come disintegrarono Abe Vigoda all’unico concerto in cui ebbi occasione di vederli. Sono passati anni, progetti, ma due di loro, Angelo e Marco, ritornano ora sotto questa nuova nomea, Obsexed. Nervosi, spaziali a tratti, in quella radura grigia che prese piede dopo il punk e che, tra voci sardoniche e ritmi tribali è sempre manna dal cielo se fatta dal cuore. In questo caso lo è, ed il duo raddoppia dopo la bella uscita come Bromance in compagnia dei sodali. A questo credo sia arrivata l’ora di mettere più ciccia attaccata alle osse singolari, album a settembre? Tutti felici e non se ne parla più? Chi lo sa, intanto noi ascoltiamo con piacere…

Anche per questo mese è tutto, alla prossima!