Neanche troppi anni fa c’erano i Lendormin: a me era capitato di incontrarli nella serie P.O. Box della Wallace con cui Mirko Spino aveva messo insieme alcuni dei migliori demo che gli erano arrivati nella casella postale. A dimostrazione del buon fiuto di Spino, fra i nomi di quei CD si incontravano Claudio Rocchetti, Sedia, Taras Bul’ba e appunto i Lendormin, in cui Cris aveva un ruolo importante. Si trattava di un gruppo piuttosto anomalo, una specie di collettivo aperto, fra sperimentazione, musica free e pura essenza freak, che produsse una pletora di CD, CD-R, collaborazioni (ad esempio quella con il romano DBPIT) e tracce isolate su raccolte. Poi succede che, come in molte storie, ognuno prenda la propria strada e Cristiano Luciani diventi quel Cris X che, nel giro di tre anni, ci ha regalato due split su vinile con Maurizio Bianchi e Merzbow e diverse collaborazioni con Keiko Higuchi, Sachiko ed infine KK Null (che già aveva incrociato le manopole del mixer con Deison per un disco splendido). Luciani naviga in quell’area grigia fra rumore, musica contemporanea e musica industriale, portando avanti la tradizione di una “terra di nessuno” in cui molti italiani come Bernocchi, Balestrazzi, Teardo, Bianchi, giusto per citare alcuni dei più noti, si sono contraddistinti. Quindi non si tratta proprio di un nome nuovo, ma per molti potrebbe essere una scoperta molto interessante.
SODAPOP: Cristiano Luciani: Washer, Lendormin, I Cani… insomma, puoi raccontarci la tua storia prima di prendere il nome di Cris X?
CRIS: Ho iniziato a suonare la batteria come autodidatta all’età di circa 16 anni e ascoltavo principalmente punk rock. Verso i diciott’anni formai gli Washer dove ha militato anche il giornalista musicale Luca Collepiccolo al basso, un amico fraterno. Era un gruppo noise rock atipico per le “scene” romane. Con i Lendormin, diversi anni dopo, avevo ampliato le mie espressioni musicali: avevo scoperto l’improvvisazione radicale – me ne innamorai dopo aver visto gli AMM ad Angelica – e il free jazz di Coltrane, Ayler, Mingus e Coleman; mi ricordo che comprai il disco Ruins & Derek Bailey e mi impressionò profondamente; ascoltavo anche Pierre Schaffer e Pierre Henry, adoravo la musica concreta. I Lendormin (un’esperienza condivisa con il filosofo e chitarrista Marco Maurizi) non si sono mai rifugiati in un genere musicale prestabilito: praticavamo improvvisazioni e, partendo dal rock, approdavamo all’elettronica, al free jazz, all’industrial. Abbiamo fatto diversi concerti e realizzato dischi autoprodotti a tiratura limitatissima; è stata un’esperienza formativa fondamentale e ho conosciuto persone importanti quali Ben Watson (filosofo, scrittore e biografo di Frank Zappa e Derek Bailey), Daniela Cascella (giornalista e scrittrice) e tutti i musicisti con cui abbiamo suonato e registrato. Cris X è il mio progetto solista; ho fondato una personale etichetta, produco i miei dischi e ne seguo la distribuzione; organizzo le mie collaborazioni e i miei concerti e quelli dei musicisti che amo. Sono fiero della realizzazione dei primi due split LP, con MB e Merzbow e ora è pronto il mio disco in duo con KK Null (aka Kazuyuki Kishino membro dello storico gruppo rock Zeni Geva); abbiamo realizzato un intenso lavoro di musica elettronica, ambient, field recordings e noise e sarà prodotto in vinile, cd e digital download. I Cani? Per me è bizzarro ma comprensibile il fatto che molte persone siano rimaste fortemente colpite dalla mia collaborazione con loro. Niccolò (l’anima del gruppo, colui che ha scritto i brani e la musica) suonò il basso nei Lendormin per un breve periodo, tanti anni fa; siamo molto amici e mi ha chiesto una traccia “ambient-rumorista” per l’album: l’abbiamo creata insieme e sono soddisfatto del risultato. È stato interessante il confronto (o lo scontro?) con il pubblico dei loro concerti. Secondo me, pochissime persone hanno compreso l’essenza obliqua delle canzoni dei Cani. Voglio ringraziare tutte quelle persone che hanno avuto grande rispetto e curiosità per il mio lavoro artistico: Pietro e Andrea di DNA concerti, i Cani ed Emiliano Colasanti della 42 Records (anche per avermi dato la possibilità di suonare in questi contesti) e Barbara della Hundebiss Records, che mi scrisse una bellissima ed incoraggiante mail dopo il mio concerto milanese. Ho letto un’inaspettata e intelligente recensione (su Rockit) del concerto al Circolo Degli Artisti a Roma di Angela Maiello. Considero quell’esperienza positivamente. Non ho avuto nessuna emozione negativa nello scontro con il pubblico, ero preparato ad una reazione del genere. Il conformismo della scena pop è simile al conformismo della scena underground (anche se i materiali sonori sono estremamente diversi) e i cosiddetti hipster, più o meno mascherati, esistono in ogni ambito culturale. In Italia spesso l’apparire è il fine del proprio operato.
SODAPOP: Cosa significa essere un musicista trasversale a Roma? Mi pare che tu non appartenga né al giro industriale né a quello noise, non hai nulla a che fare con Nimh o altri del circuito drone ambient. Hai contatti con I Cani, con cui a tutti gli effetti non c’entri nulla. Hai suonato in Giappone, in Italia ti muovi poco. Un percorso anomalo o sbaglio?
CRIS: Io ho contatti con artisti e musicisti italiani ed internazionali. In uno stato d’autarchia è sicuramente più complessa la decodifica del tuo lavoro artistico (in Italia, oltre a Daniela Cascella anche il giornalista Massimiliano Busti sulla rivista Blow Up ha saputo egregiamente descrivere il mio lavoro artistico/musicale). La trasversalità è una tendenza alla libertà. Mi interessano diverse situazioni poiché ho una visione intima ed articolata della mia espressione artistica; sicuramente mi affascina il rischio nelle performance live: “I’ve always liked the effect of having somebody in there who hadn’t the faintest idea what was going on” scriveva Derek Bailey. Mi ricordo che un giovanissimo musicista, Christian Vismara, a Milano, dopo l’apertura a I Cani, mi disse entusiasta: “io non ho mai visto né sentito un concerto come il tuo… Ero venuto per I Cani ma adesso sono davvero contento perché ho scoperto altro!”. I miei live con I Cani hanno avuto un senso nel tentativo di rompere dei ruoli sociali prestabiliti. E se ascolti il loro disco, in fondo, c’è un’acida analisi dei ruoli (o cliché) sociali e dei loro limiti grotteschi. Come vedi c’è una continuità. Sono in sintonia con il pensiero di Mattin quando afferma “è necessario mettere costantemente in discussione le proprie motivazioni, il proprio modus operandi e la sua relazione con i condizionamenti che sono come incorporati nell’uomo di oggi per evitare il recupero/ingabbiamento da parte di un sistema che cerca di produrre per noi muri ideologici”. Valerio Mattioli, su Vice, ha scritto che la nostra collaborazione live è stata “una sfida” nei confronti del pubblico. Io e Niccolò non eravamo molto interessati ad un ipotetico duello con il pubblico, infatti a Roma, dopo il mio set, Niccolò disse, tra un brano e l’altro: “a tutti quelli che hanno disturbato durante la performance di Cris X: teste di cazzo, dovreste portare più rispetto per chi sta suonando ed ha appena realizzato uno split con Merzbow”. Sono d’accordo con Mattioli quando nell’articolo mi definisce un “Noise Artist” ovviamente nel senso che ne dà Anthony Iles (nel libro Noise And Capitalism): “C’è un forte campo di attrazione verso lo spazio culturale del noise per i musicisti politicizzati – una musica che non ha un codice o una forma prestabilita né un comportamento previsto. Quelli che riempiono la loro musica con una politica di liberazione spesso vengono a finire qui”. Personalmente definirei l’evento live Cani + Cris X un’ esperienza musicale sperimentale. Sono state esperienze musicali (ed esistenziali) importanti suonare harsh noise in Giappone e Brasile con Splinter Vs Stalin (un gruppo toscano che ha realizzato un macabro e caustico CD che amo molto, Eravamo Così Felici), realizzare improvvisazioni con Luca Miti, Gene Coleman e Michiko Hirayama o frequentare workshop con Eugene Chadbourne e Phil Minton. I miei concerti in Giappone sono stati formativi e il feedback del pubblico e degli artisti è stato fantastico; ho molti amici musicisti lì. Come avrai capito non mi interessano le “scene” musicali (o le etichette applicate alla musica); mi interessano i singoli individui con cui posso avere connessioni e relazioni stimolanti in qualunque parte del mondo. La mia ricerca sul/del/nel suono è coerente in ogni ambito in cui lavoro.
SODAPOP: perché suonare musica nel 2013? Sei una goccia in mezzo al mare di produzioni, stai in un paese da sempre avaro con i propri figli, gli ascoltatori spesso sono più che maturi se non vecchi e, se proprio vogliamo essere disfattisti, non hai neppure una scena di riferimento ben precisa.
CRIS: Quando incontrai Maurizio Bianchi mi raccontò che all’epoca in cui lui e Masami Akita creavano le loro opere non c’era una vera distribuzione, né una “scena” e neppure si stampavano formati costosi come LP e CD. Mi disse che producevano 10-20 copie in cassetta e se le scambiavano fra artisti e pochissimi amici interessati, quindi non credo ci fosse neanche un mercato. Eppure questi artisti hanno realizzato opere che noi ascoltiamo oggi e che ci emozionano ancora. Il motivo principale della creazione della musica potrebbe essere la testimonianza della propria presenza nel mondo, la propria resistenza al disfacimento e alla scomparsa; direi quindi che è un fenomeno di resistenza alla morte: tutta l’arte, in fondo, è un tentativo di permanenza. Il mio primo split è stato con MB/Maurizio Bianchi. Maurizio è un grande artista, sono estremamente felice della nostra amicizia. Oltre all’amore che provo per i suoi dischi, ho sentito nella sua ricerca artistica ed esistenziale un’urgenza rara ed una solida integrità. Non ho una visione pessimistica della diffusione dei miei materiali sonori, ma sicuramente la gente che ascolta profondamente la musica, è pochissima. Si acquistano dischi soprattutto perche sono oggetti da possedere (avidamente, come gli altri oggetti del resto) e si comprano queste “cose sonore” (anche quelle più ostiche) soprattutto quando vanno di moda. Nonostante questo, certamente ancora esiste il fenomeno dell’ascolto. Riguardo le “scene” di riferimento ti ho già risposto: personalmente, sono un individualista che ama la collaborazione e la condivisione. Oggi se sei ricco hai maggiore capacità di mercificare – usando la pubblicità e i mezzi di informazione – la tua idea (quindi la tua presenza nel mondo): questo vuol dire anche vivere dentro il sistema e godere dei suoi benefici materiali (ma nell’essere dentro c’è anche il prestigio sociale ovviamente). Qualunque idea artistica essa sia, buona o cattiva, superficiale o estremamente elaborata, vive del/nel potere dell’economia. A volte ascolti (e compri) cose che qualcun’altro t’impone (in modo sottile) di ascoltare: si studiano delle strategie nell’arte e nella musica per sedurre la percezione dell’individuo, come per i prodotti d’uso quotidiano o i medicinali. Esprimermi in modo creativo è la mia attitudine esistenziale (ognuno di noi possiede il suo Daimon). Personalmente non credo di poter scegliere altro da fare e non posso spiegare esattamente le ragioni profonde che mi spingono a fare queste cose in un mondo così ostile e perverso. È una questione di sopravvivenza. Del mio paese “avaro” posso affermare che è anche cattivo e volgare.
SODAPOP: Roma ladrona, Roma puttana, Roma eterna, Roma cinica, Roma Amor, la Roma di Pasolini. C’è stato un periodo in cui avrei venduto l’anima al diavolo per viverci, nei romani che ho conosciuto spesso ho trovato un attaccamento alla città ed un’autoreferenzialità difficile da trovare altrove. Ma per Cristiano Luciani cosa significano Roma e la romanità e c’entrano con la tua musica?
CRIS: Roma è un luogo inquietante, sebbene la sua stratificazione culturale sia emozionante; il paesaggio urbano è caotico, decadente e sublime. Pier Paolo Pasolini è stato sicuramente un mio punto di riferimento. Personalmente ho un forte senso di spaesamento e di conflitto con il mio luogo d’appartenenza.
SODAPOP: gestire le tue uscite stampandoti i vinili, ti conferisce più potere? Migliore esposizione? Hai maggiormente la situazione in pugno o solo più spese?
CRIS: Quando sei tu a fare tutto hai più soddisfazione poiché scopri la tua forza e i tuoi limiti, quindi conosci meglio te stesso. Il “do it yourself” è l’anima del lavoro dell’artista underground. Ci sono sicuramente più spese ma il denaro, per me, è un mezzo e non un fine.
Ho amici preziosi che mi hanno aiutato a realizzare le grafiche e altri che comprano i miei dischi. Considero il vinile un oggetto artistico ed ha lo stesso valore di un mio quadro o di un video; nel processo creativo diversi supporti strutturano e fondano la mia ricerca artistica.
SODAPOP: ti ho visto i trio dal vivo con Sara Dietrich e Tiziana Lo Conte, poi su uno dei tuoi vinili collabori con delle musiciste giapponesi: un caso? Qual è il tuo rapporto con la musica e le donne, voglio dire, non hai mai suonato musica propriamente facile e tanto meno generi molto bazzicati da donne (anche se grazie a dio ci sono!!), è una scelta casuale o no?
CRIS: Lavorare con delle donne è un’attività complessa, densa e affascinante. Tiziana Lo Conte mi ha invitato a suonare la batteria sul suo disco solista di prossima uscita (come ospiti ci sono anche Emidio Clementi e Stefano Pilia dei Massimo Volume e Luca Mai degli Zu/Mombu). Ho conosciuto Sachiko e Keiko a Tokyo poiché ho suonato in alcuni locali frequentati da musicisti e musiciste underground; successivamente abbiamo scambiato i nostri dischi e le ho invitate a partecipare al mio disco split con Masami Akita. Quando Keiko mi ha chiesto di organizzarle delle date a Roma abbiamo valutato la possibilità di registrare un disco insieme. Il CD sarà stampato dall’etichetta di Sachiko, la Musik Atlak, nel 2013. Ho anche organizzato un tour in Italia con Yoko Higashi/Hamayoko con cui condivido diverse passioni: dalla musica concreta al cinema alla pittura. È stato meraviglioso suonare delle improvvisazioni con Michiko Hirayama, la cantante giapponese che collaborò con il grande compositore Giacinto Scelsi.
SODAPOP: musica nell’età adulta: cosa significa suonare in una fascia d’età sempre più vicina ai 40 e oltre? sindrome di Peter Pan? Sfiga? Passione? Desiderio di lasciare un segno? O solo noia mortale per la vita “normale” che fanno molti?
CRIS: Il problema della vecchiaia riguarda la decadenza – e la fine – del corpo fisico ed è un argomento complesso. L’idea stessa del tempo, convenzionalmente inteso nella società occidentale, è conforme a delle regole imposte da una struttura austera e dura, che definirei fascista. Ovviamente è assolutamente coerente ad alcune esigenze e prospettive poiché viviamo in una dimensione esistenziale ottusa e fortemente consumistica; mi ricordo quando Carmelo Bene, citando Gilles Deleuze, diceva: “dalla catena di montaggio non si sfugge mai / non si sfugge da – “On n’échappe pas de la machine…” / dalle otto ore non si scappa / uscendo dalla catena di montaggio / la macchina / la macchina si fa ancora / il montaggio / la catena di montaggio diventa più forte / nella vostra strada che percorrete / poi nel tram / poi in auto / poi a casa / in famiglia aumenta ancora, si fa sentire la catena di montaggio / si fa sentire questa pressione fortissima / non si sfugge alla macchina, non solo nella famiglia / finanche nella rivoluzione / nell’amore si sente / nella rivoluzione ancora di più e soprattutto la catena di montaggio si sente / si risente nell’entusiasmo / nell’entusiasmo”. Siamo stritolati e il tempo diventa un dedalo claustrofobico. Mi viene in mente un dipinto meraviglioso di Goya in cui Saturno (Cronos appunto) divora i suoi figli. Quando ho conosciuto Maurizio Bianchi sono rimasto estremamente colpito dalla sua aura energetica e non l’ho percepito come più anziano di me. I grandi artisti che ho incontrato conservano lo stupore e il desiderio caotico dei bambini. Come vedi è tutto molto relativo. Personalmente quando compongo o improvviso la mia musica, in studio e in concerto, durante l’atto del processo creativo mi sento davvero libero dalla “catena di montaggio”.
SODAPOP: Chi è Cris X quando non suona? Spesso vedo una grossissima difficoltà da parte di molti “artisti” a parlare della propria vita borghese. Qual è il perché, secondo te? Per altro, che male ci sarebbe se il portiere d’albergo fosse un eroe della musica industriale e se il lattaio facesse free-jazz-core?
CRIS: Gli esseri umani hanno un bisogno patologico di essere apprezzati, anche quando sono assolutamente vuoti e insignificanti.
Questo “io” (che si nutre del riconoscimento sociale) non è mai un traguardo dell’essere, poiché si definisce su una richiesta che è esterna ad esso. L’esperienza del singolo è il prodotto del suo ambiente e non viceversa. Oggi, forse, questa ossessione ha perfino la stessa importanza del desiderio del possesso di beni materiali. Sottolineo che è inquietante, e a tratti patologico, il bisogno e non il riconoscimento in sé: tutti desideriamo essere accettati dal (e nel) mondo per le nostre qualità. Ti racconto un piccolo aneddoto sull'”eroe della musica industriale che fa il portiere d’albergo”: dopo che avevo conosciuto Maurizio Bianchi a Milano, diverse persone mi hanno chiesto come fosse quest’uomo misterioso. Mi ricordo che mi colpì molto un affermazione di una cantante quando seppe del lavoro ufficiale di MB: mi fece notare che il suo percorso artistico non coincideva con la sua vita lavorativa (cioè non percepiva parecchi soldi per viverci). Ci sono artisti fortunati che investono i soldi dei propri familiari e altri che ottengono sovvenzioni statali (all’estero); alcuni musicisti suonano 250 date l’anno pur di vivere (o sopravvivere) con la musica e altri lavorano come lattai, portieri d’albergo, commessi, dentisti, fonici, ecc. Ognuno scolpisce la propria esistenza a seconda delle proprie possibilità o nelle modalità che gli sono più congeniali. Il valore di un’opera artistica non è subordinata alla sua mercificazione; ho notato inoltre che dove s’investono molti soldi possono perfino esserci idee meno interessanti. Condurre una vita “borghese” (intesa in senso dispregiativo), secondo me, significa sentirsi appagati nel comprare una macchina e un televisore, sprofondando nell’assurda vacuità del quotidiano (Rainer Fassbinder con Perché Il Signor R. È Colto Da Follia Improvvisa? ha realizzato un film crudamente illuminante su questo argomento); dovremmo avere più responsabilità e dubbi (compreso quello sulla riproduzione della specie), ma questa è l’era della zombificazione.
SODAPOP: cosa resterà di te e di quello che suoni fra dieci anni? E dove ti vedi per quel periodo?
CRIS: Resterà ciò che ho creato. Non desidero proiettarmi oltre il presente, il futuro è adesso.
(Nelle foto, dall’alto in basso: Cristiano Luciani con MB/Maurizio Bianchi – Milano 2009, con KK NULL/Kazuyuki Kishino Live a Roma, Forte Fanfulla – 2012, con Emil a Berlino – 2011 e con Keiko Higuchi e Sachiko Fukuoka – copertina del disco 2011)