…qualcosa come Old Bicycle Records ma 10 anni fa: Haru Indie 2006

A volte basta un input per scatenare il passato, ricostruendo il percorso che ci ha portato fino a questo momento “Ciao Vasco, sono Jacopo Andreini – ho ritrovato la registrazione di DJ FDM allo Zion del 14 gennaio 2006 (un sacchissimo di tempo fa!) e non è niente male. Volevo buttarla su bandcamp. Visto che faceva parte del festival organizzato da te, hai memorabilia, aneddoti, foto, scalette, ricordi, link e roba varia che ti farebbe piacere che mettessi nella parte della grafica? Fammi sapere! Un abbraccio, Jacopo.” Ci penso i consoni due minuti e mi viene in mente che, essendo i musicisti tutt’ora in attività sotto i medesimi progetti o con altre identità, ed essendo diversi di loro passati attraverso le egidie di Pulver und Asche Records, le due etichette discografiche con le quali ho avuto occasione di collaborare (cinque anni con la prima, e cinque anni con la seconda che sto per chiudere), tornarci su poteva essere un buon sunto dell’operato musicale nel quale mi sono sporcato durante gli anni. Ringrazio quindi Sodapop per avermi ospitato sulle sue pagine e Jacopo Andreini per aver risfoderato il suo mirabile DJ Set.

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Cris X: l’eminenza grigia dei Lendormin prende il largo in solo

Neanche troppi anni fa c’erano i Lendormin: a me era capitato di incontrarli nella serie P.O. Box della Wallace con cui Mirko Spino aveva messo insieme alcuni dei migliori demo che gli erano arrivati nella casella postale. A dimostrazione del buon fiuto di Spino, fra i nomi di quei CD si incontravano Claudio Rocchetti, Sedia, Taras Bul’ba e appunto i Lendormin, in cui Cris aveva un ruolo importante. Si trattava di un gruppo piuttosto anomalo, una specie di collettivo aperto, fra sperimentazione, musica free e pura essenza freak, che produsse una pletora di CD, CD-R, collaborazioni (ad esempio quella con il romano DBPIT) e tracce isolate su raccolte. Poi succede che, come in molte storie, ognuno prenda la propria strada e Cristiano Luciani diventi quel Cris X che, nel giro di tre anni, ci ha regalato due split su vinile con Maurizio BianchiMerzbow e diverse collaborazioni con Keiko Higuchi, Sachiko ed infine KK Null (che già aveva incrociato le manopole del mixer con Deison per un disco splendido).

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Mattia Coletti – The Land (Bloody Sound Fucktory/Town Tone/Wallace, 2011)

Verso l’opera di Mattia Coletti nutro sentimenti contrastanti: ho amato incondizionatamente ogni suo lavoro in duo, dai Polvere (con Xabier Iriondo) a Christa Pfangen (con Andrea Belfi), da 61 Winters Hat (con Fabio Magistrali) a Falling Birds (con Above The Tree), mentre le cose in gruppo (Sedia e Leg Leg) mi hanno sempre colpito poco. Dei lavori solisti ho molto apprezzato il primo, Zeno, meno il troppo lineare seguito, Pantagruele. Questo The Land segna una decisa ripresa.

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Mattia Coletti – Pantagruele (Wallace/Towntone, 2009)

Era da un po' che non sentivamo parlare di Mattia Coletti, o forse ero solo io che non ne sapevo più nulla essendo alieno a riviste, forum musicali "seri" e circuito indie e canali di "voi giovani e non più giovani d'oggi". Immagino che Coletti invece abbia continuato a lavorare alacremente alla costruzione del suo cammino e come succede in molti casi è passato dai furori free-noise dagli albori a cose sempre più "acustiche", daltronde che molti dei suoni di Coletti andassero ammorbidendosi un po' lo si presagiva già con Polvere, ma i dischi che produce con il suo nome di battesimo lo mettevano ancora più in chiaro.

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