Satanismo Calibro 9 – 20/01/2017 Circolo Colony (Brescia)

È giusto precisare subito una cosa: la serata a cui ho assistito e che ha visto la partecipazione dei Satanismo Calibro 9 era ben più affollata, ma fra l’arrivo in leggero ritardo, un’inopportuna telefonata serale e la necessità di rincasare a orari decenti causa impegni lavorativi la mattina successiva, l’unica esibizione che ho potuto seguire per intero è stata proprio la loro. Poco male, erano per me la maggior attrattiva, ma per dovere di cronaca accennerò che in apertura si sono esibiti i locali Maze Of Sothoth, death metal tecnico ben congegnato a livello di scrittura e altrettanto ben suonato ma satanismo calibro 9 live BS 001che mi annoia dopo poco a causa dell’idiosincrasia nei confronti del genere e successivamente è toccato ai Fuoco Fatuo con alla loro insostenibile pesantezza e lentezza dell’essere che mi perdo quasi interamente a causa della suddetta telefonata. I Satanismo Calibro 9 dunque. Col loro arrivo tutto muta: il palco è spogliato da aste di microfoni e batteria e addobbato con strumenti meno convenzionali (almeno a queste latitudini), oggetti dei quali al momento è difficile indovinare l’uso, candele. I tre sono accovacciati su un’unica fila così come il pubblico, allineato lungo le transenne, pubblico tra l’altro nemmeno troppo esiguo, almeno in percentuale rispetto a una serata non affollatissima. Quello a cui assisteremo è un concerto dai toni quasi soffusi, cadenze lente, voci gravi e recitate, occasionali rumori che increspano la coltre di suono: si ricalcano le atmosfere del recente Kymah Rising. È dunque forse più corretto parlare di una celebrazione che Lorenzo Abattoir, al centro della scena, officia senza gesti evidenti ma catalizzando l’attenzione sulla sua figura, dando spesso le spalle al pubblico e spostandosi, coperto da un saio scuro, con movenze quasi ferine. Ai lati i compagni si concentrano sulla musica, Gnosis sulla sinistra austeramente concentrato sui macchinari, Pery sulla destra a dividersi fra strumenti, organi d’animali percossi (questo mi dicono dalla regia) e bacili infuocati. L’atmosfera è davvero maggiormente vicina a quella di un rituale che a un concerto post-industrial e il pubblico più prossimo e attento si viene a trovare in una situazione di tempo satanismo calibro 9 live BS 002sospeso, osservando in religioso (ops…) silenzio i gesti che si compiono sotto alle luci scarlatte del palco. Sembra impossibile che, data l’intensità del tutto, non si assista all’apparizione di qualche antica divinità anche se qualche effluvio di magia sessuale deve giungere se il curioso tipo concio come Pete Doherty alla mia destra – che finora si è limitato a qualche sparuta bestemmia e a lamentarsi delle troppe luci – prende di punto in bianco a limonare con la sua compagna e continua così fino alla fine del concerto, fine segnata dalla morte del microfono di Abbatoir che permette solo a chi è nelle vicinanze di udire le ultime formule della serata. Ci risintonizziamo col tempo presente ed è già l’ora di andare, senza troppi rimpianti da parte mia sentite le prime note dei Grave Miasma: la mia repulsione per il death metal colpisce ancora. Tuttavia, al di là di quelli che possono essere i miei gusti personali, la commistione fra certe frange del metal e il post-industrial, che auspicavo già in occasione dei report dal X Congresso post-Industriale, ha funzionato ed è certamente un esperimento da ripetere.

Foto di Claudio Frassine