Il nuovo disco e la continua ricerca dell’ensemble freejazz toscano
Come spesso capitava una volta, alcune band le conoscevi dal vivo perché ti trovavi in quel momento nel posto giusto e rimanevi tanto piacevolmente stupito che poi ti mettevi a seguirle. Una di quelle occasioni mi capitò nell’ottobre 2003 mentre partecipavo al c.s.o.a. Capolienea di Faenza con distro e fanza Mammamiaquantosangue al Meeting delle Autoproduzioni Indipendenti, contro manifestazione che si svolgeva in contemporanea al Meeting della Musica Indipendente. Il M.A.I. era una preziosa occasione per discutere di autoproduzioni, di editoria indipendente, di musica e di come gestire in modo efficace progetti creativi al di fuori di un sistema meramente commercializzato; tre giornate che terminavano con concerti di tutti i generi, e in una di quelle stupende serate ho avuto il piacere di godermi, tra gli altri, il live act del quartetto jazzcore Tanake: Roberto Acciaro alla chitarra, Maurizio Bosa al basso elettrico, Martino Acciaro alla batteria e Andrea Caprara al sassofono alto. Rimasi molto impressionato dal loro modo di sferragliare impro radicale, fraseggi jazz, esplosioni core, quadrature e frastuono. Avevano già all’attivo un cdr, Tsu.zu.ku (Nipa.Prod, 2000), e proprio in quel periodo era in lavorazione il loro nuovo album, Reazioni Pilomotorie, uscito poi nel 2004, un lavoro dall’approccio creativo molto interessante e dal suono piuttosto intenso. Dopo concerti e riduzione di formazione a trio con la fuoriuscita di Caprara, viene pubblicato nel 2007 3ree (Nipa.Prodz / Ebria Records / Fratto9 Under The Sky Records), disco che andava oltre una concezione “classica” di intendere il jazz core spostando la visuale sempre più verso una ricerca di suono istantaneo e incorporando metodologie elettroacustiche e dettagli di musica contemporanea.
Dopo qualche anno di silenzio, a fine 2017 vengo a sapere di un nuovo album in allestimento, accompagnato da un progetto grafico molto particolare, e di un loro ritorno sui palchi. Impossibile per me non seguire la cosa con interesse.
4tet. Il ritorno del suono istantaneo.
Il nuovo disco dei Tanake si chiama 4tet, autoprodotto e pubblicato a gennaio 2019 in un elegante edizione vinilica limitata a sole 100 copie, e come il titolo lascia intendere la formazione è ritornata ad essere un quartetto composto da Martino Acciaro (batteria e percussioni), Roberto Acciaro (chitarra, trombone, melodica), Maurizio Bosa (basso elettrico e contrabbasso) e Sergio Montemagno (tromba); ensemble che continua a perseguire con ostinazione la sua personale ricerca di suono istantaneo ancora più di prima, e la cosa porta a dei risultati notevoli. Il disco è l’ideale punto di arrivo di un percorso che partito dalla fine dei ’90 mescolando jazz-punk, math rock e noise, è arrivato a costruire un peculiare modo di praticare l’improvvisazione. Diretto successore di 3tree, questo nuovo lavoro racconta di un genere aperto a riflettere molteplici tensioni, provenienti tanto dall’interiorità del gruppo quanto da ripercussioni ambientali, così maturo da essere ascrivibile al contesto free europeo a cui i Tanake danno il loro contributo con personalità. La cosa fuori dalla norma è che il disco è stato registrato nove anni fa riuscendo ugualmente ad essere un’istantanea di suono attuale: un movimento che si dipana tra sfuriate jazzcore e rarefazioni contemporanee, tra passaggi free viscerali ed elucubrazioni afasiche, balbettii nervosi disarticolanti e decisi accerchiamenti di campo; un suono ispirato al jazz nordico europeo e che in parte richiama alla mente anche alcuni riusciti esperimenti collaterali della nuova down town newyorkese. Se c’è un retroterra italiano a cui si possono ascrivere alcune dinamiche dell’album è quello dei Sinistri, in quel modo del tutto peculiare di decomporre l’andamento e frammentare le trame. Brani che scorrono su un nerbo inquieto e variegato che stende le proprie tonalità all’interno di un progetto grafico altrettanto particolare, Apologie del Quotidiano, a cura del fotografo Gianluca Vassallo: 100 foto per 100 giorni, un personale punto di vista sull’esistente più immediato e minimale fatto di immagini evocative e magnetiche, ognuna come elemento unicizzante di ogni singola copia. Un piano ambizioso che manifesta l’effettiva necessità di ricerca sul quotidiano, sulle tensioni che covano giornalmente nella routine abituale e anche di una certa abitudinarietà all’esistente. Una compresenza di musica e immagini che nella loro simultaneità pongono domande per nulla scontate, facendo riflettere e mettendo in gioco sentimenti complessi e policromatici per reagire alle compressioni soverchianti del presente. Proprio il tempo riacquista una sua particolare consistenza nella non linearità della sua complessità concettuale: un disco in un cassetto da nove anni, una foto al giorno, deframmentazioni narrative, l’istantaneità, evocazioni afasiche, eppure tutto così concreto, sincero e soprattutto bello da ascoltare.
L’istantaneità del quotidiano.
L’uscita del nuovo disco mi è sembrata anche una buona occasione per fare alcune domande al gruppo e approfondire meglio la loro visione musicale. Rispondono puntualmente Martino e Maurizio.
SODAPOP: Undici anni dal precedente 3ree, dove eravate rimasti in trio, e ora tornate con 4tet giustamente a essere un quartetto. Mi riassumete gli ultimi cambi di formazione.
TANAKE: Il trio è Il nucleo fondante dell’ensemble ed è arrivato fino ad oggi superando il tempo e lo spazio che ci separa, ma Tanake è sempre stato e sempre sarà un progetto aperto a chi condivide il nostro approccio alla musica: nei lavori precedenti a 3ree erano presenti uno e anche due sassofonisti (Andrea Caprara e Giuseppe Nasisi) e in alcune occasioni abbiamo suonato con due chitarre. In occasione di 4tet era da un po’ che suonavamo durante i live con Sergio, con il quale abbiamo sintonia totale a livello musicale e di conseguenza di improvvisazione, così come di vedute nella vita. È stato naturale ritrovarci in sala di registrazione.
SODAPOP: Comunque undici anni di gestazione lo trovo un periodo particolare per fare ritorno, come è nato il discorso di rimettersi a suonare e scrivere un nuovo disco? Come mai questa lunga pausa?
TANAKE: In realtà il disco è stato registrato nel 2010, l’ultimo anno in cui fisicamente abbiamo vissuto tutti sotto lo stesso cielo. Da allora le vicissitudini lavorative e sentimentali ci hanno portato verso altri lidi senza però influire sul nostro rapporto. Senza mai perderci di vista abbiamo cercato di ricavarci degli spazi per continuare a portare avanti i progetti Tanake e 4tet. La registrazione è a nostro avviso di un livello molto elevato e ci dispiaceva lasciarla dentro un cassetto e non condividerne l’ascolto. Il lavoro fatto da Ivan Antonio Rossi in fase di registrazione e missaggio è stato impeccabile e i suoni ottenuti sono estremamente adatti al supporto analogico, ecco perché la scelta non poteva che ricadere sulla stampa di un vinile.
SODAPOP: Entrando nello specifico di 4tet, il disco è accompagnato da un interessante progetto grafico dal titolo particolarmente evocativo, Apologie del quotidiano, che coinvolge il fotografo Gianluca Vassallo. Potete raccontarmi com’è nata la collaborazione?
TANAKE: L’idea di fare di questa quarta uscita un progetto artistico a tutto tondo era già stata presa da tempo, ma ci mancava il quinto elemento, cioè colui che riportasse in immagini le sensazioni che si provano nell’ascoltarci. Gianluca Vassallo si è innamorato del progetto e della nostra musica come noi della sua arte e del suo modo di intenderla e esprimerla: la sintonia è totale! Siamo estremamente soddisfatti della sua Apologia, frutto delle sue visioni e del suo peregrinare nell’isola e oltre tirreno;
SODAPOP: Il messaggio è che oggigiorno proprio nel quotidiano bisogna concentrare l’attenzione riflessiva? Stiamo vivendo una sorta di ripiegamento dalla socialità, come negli anni ’80 del post terrorismo?
TANAKE: La nostra paura reale è che non siamo in una nuova epoca post terroristica, quanto in una ante terroristica. La società attuale è contraddistinta da una perdita totale di valori e di riferimenti sociali e normativi ed è normale che, in questo smarrimento, la chiave per ritrovarsi vada cercata in una sorta di ribellione al quotidiano. Il moltiplicarsi dell’informazione-disinformazione ci obbliga a costruire nuovi quadri di riferimento per orientarci. Viviamo, smarriti e “isolati” in una società “social”. In tutto questo il lavoro di Gianluca ne palesa l’urgenza e la verità.
SODAPOP: Ripensando ai vostri inizi, siete partiti da dinamiche che mescolavano jazz core, post rock e noise di stampo Touch And Go, spingendovi costantemente verso una prospettiva sempre più liberamente impro. Si percepisce chiaramente in 4tet una vostra personale ricerca di musica istantanea, dove vorreste arrivare in questo senso?
TANAKE: A saperlo Massimo a saperlo… comunque si, è chiaro che i nostri primi lavori partano da quelli che erano gli ascolti del tempo e che rimandano alla Chicago di metà anni ’90: il tutto si è naturalmente evoluto mettendo in musica le esperienze e soprattutto le sensazioni del momento, cercando la massima empatia tra noi esecutori e il pubblico (nei live). La nostra musica è in questo senso “emozionale” perché frutto del momento e del quotidiano, anzi ne è proprio l’apologia.
SODAPOP: Oltre all’istantaneità è presente in alcune tracce anche una componente de-costruttivista che mi ricorda qualcosa dei Sinistri, penso a una traccia come Il Mio Autismo Musicale. Una Discreta Espressione Del Nulla.
TANAKE: Assolutamente si, i Sinistri sono stati a nostro parere una delle band più importanti a livello italiano in termini di originalità e capacità di descrivere la società contemporanea: quella apparente mancanza di equilibrio che si respira ascoltandone le tracce crea un’accattivante senso di sospensione quasi fossimo costantemente perduti ed invece sempre ben ancorati a terra perché alla fine tutto torna. È la sintesi di quanto detto prima, uno sforzo riflessivo atto a creare nuovi punti di riferimento laddove tutto scorre velocemente in una accelerazione costante di intrecci e conoscenze.
SODAPOP: Penso che il vostro suono abbia un respiro internazionale e trovo quest’ultimo disco in linea in linea con alcune interessanti esperienze che ruotano attorno ad etichette come la Clean Feed o l’Intakt, cosa vi dicono questi nomi?
TANAKE: Questi nomi parlano dell’80% della musica che ascoltiamo, per cui si, la nostra produzione potrebbe tranquillamente essere nel catalogo di una delle due. Preciso che non abbiamo cercato alcuna etichetta disponibile a produrre quest’ultimo lavoro che sinceramente sentiamo in questa maniera estremamente nostro.
SODAPOP: Alcuni passaggi di 4tet mi hanno fatto venire in mente il nome di Peter Evans, penso allo Zebulon Trio o ad alcune collaborazioni con Weasel Walter. Sono musicisti che in qualche modo vi hanno inspirato nella stesura del disco?
TANAKE: Per quanto le loro meravigliose sonorità siano vicine alle nostre, non sono stati loro gli “influencer” di 4tet. Le ispirazioni musicali provengono forse più da i jazz rebels nord europei, vedi i The Thing. Ma anche qui forse sarebbe troppo restrittivo parlare di chi ha influenzato questo ultimo disco. Il nostro approccio alla musica ha quasi una funzione catartica e pertanto mescoliamo ascolti e sensazioni cercando in noi stessi i punti di riferimento, in un determinato momento, in un determinato contesto. Un’istantanea.
SODAPOP: Anche l’ironia nella particolare scelta delle parole che utilizzate per i titoli dei brani trasmette un senso di apologia del quotidiano, dando l’idea di una vita in cui noia e insoddisfazione spingono a cercare qualcosa al di là di una rassicurante ma insoddisfacente routine. Sono questi alcune sensazioni che ancora oggi fanno da carburante per fare e/o ascoltare musica malata per cercare di diventare dei ballerini sani?
TANAKE: L’ironia è il nostro grimaldello per forzare la realtà, di rassicurante non c’è niente ma con un pizzico di sano sarcasmo ogni cosa riassume le giuste proporzioni. Dalla routine è vitale difendersi per potersi regalare il piacere di stupirsi ancora e ancora, nel piccolo, nel quotidiano, del resto solo la danza a ritmo di musica malata può salvarci!
SODAPOP: La scelta dei titoli e il suono che in alcuni passaggi si ripiega su se stesso in modo quasi afasico danno l’idea di voler raccontare uno spaccato di esistenza contemporanea sottoscacco di un senso di faticosa comunicazione, o incomunicabilità vera e propria, e come tutto questo generi un senso di frustrazione. La traccia che per titolo e sonorità lo trasmette in modo più evidente è Ozio Ad Ostacoli.
TANAKE: Diciamo che quanto scrivi è perfettamente calzante per Ozio ad Ostacoli. Anche nei dischi precedenti abbiamo lasciato l’ultimo brano ad una session “defaticante” dopo lo sforzo “sportivo” dedicandola all’Ozio. Il brano offre scarsi appigli sonori in quanto l’esecuzione è affidata al tentativo di perseguire direzioni differenti in totale autonomia. Il risultato è sicuramente claustrofobico e ne siamo consapevolmente felici.
SODAPOP: Vi ho sempre visto come un gruppo politico, avant-garde nell’espressione ma prossimi all’hard core punk per i concetti di indipendenza che portate avanti. In un certo senso ho sempre percepito la vostra musica come qualcosa frutto di scelte politiche. E’ così?
TANAKE: Abbiamo sempre pensato che la politica la si faccia nel quotidiano, nei piccoli gesti, nelle scelte: per cui pur senza schierarci apertamente è sufficiente leggere attentamente i titoli delle tracce per capire dove siamo e chi siamo. Sono di fatto scelte implicite in ogni caso, la musica in quanto espressione artistica del fare è frutto del nostro modo di vedere la vita, di rapportarci ad essa e a ciò che ci circonda nell’istante in cui lo viviamo.
SODAPOP: E’ un approccio legato al particolare genere che suonate che influisce nel seguire strade maggiormente consapevoli oppure sono le vostre idee ed opinioni politiche a guidare anche il suono?
TANAKE: Eccoci a passeggiare all’interno di un nastro di Möbius… Penso che l’uno alimenti le altre in un vortice esponenziale del quale è difficile intuire il fattore generante. La politica pervade ogni nostro gesto, qualsiasi scelta si faccia nel quotidiano è politica e ha conseguenze su più livelli, che la si faccia in maniera consapevole o meno: vivere in una società comporta che ogni nostra azione sia allo stesso tempo condizionata e condizionante.
SODAPOP: Se penso a molte produzioni avant storiche è evidente come la musica sia sempre stata un mezzo consapevolmente politico di esprimersi. È ancora una modalità efficace in questo senso?
TANAKE: Potremmo dire di si ma non crediamo che tale consapevolezza sia recepita dall’ascoltatore comune: pensiamo che la comprensione della musica intesa come capacità di leggerci sopra un qualche messaggio (politico o no) sia oramai spacciato. Siamo soggetti a troppi input, intrecciati e provenienti da diverse direzioni per poter avere la possibilità di capire da cosa prende spunto una particolare azione.
SODAPOP: Spesso si decide di mettersi a suonare dopo aver fatto qualche esperienza particolare, come l’ascolto di un disco o la partecipazione a un concerto o altro ancora, che ti fa apprezzare lo sforzo di mettersi a sudare con una band facendotelo apparire come necessario. Quali sono state quelle che vi hanno spinto a intraprendere il vostro percorso? E quelle che vi hanno convinto a fare un nuovo disco?
TANAKE: Tutti e tre arriviamo alla musica in modo differente, chi ha iniziato prima, chi per caso, chi si è trovato nel posto giusto al momento giusto. Di fondo c’è la passione. Nessuno di noi ha mai pensato di farlo diventare un mestiere. E questo ci ha salvato! Dopo 3ree grazie al quale abbiamo suonato tanto in giro era naturale arrivasse 4tet. Ci piacerebbe arrivasse anche il quinto ma ora è prematuro parlarne. Certo è che dopo questo parto lunghissimo si sono rimesse in moto alcune dinamiche che proveremo a far fruttare.
SODAPOP: Più che una vostra opinione sulla scena, mi interessa sapere della percezione che avevate ai vostri inizi rispetto a quella che avete ora riguardo a quello che gira attorno a la vostra esperienza musicale più diretta.
TANAKE: In principio ci siamo dovuti reinventare e guardandoci attorno, nel nostro piccolo mondo conosciuto, non trovavamo riferimenti di sorta… si suonava quello che fluiva senza remore. Poi la scoperta di paesaggi sonori sconosciuti (a noi) ci ha fatto sentire intimamente a casa.
SODAPOP: Suonare permette a chi ha buona immaginazione di andare oltre immaginando progetti, realistici o meno, di quello che desidererebbe fare con la tua band o con la musica in generale. Cosa vi piacerebbe fare con i Tanake? Con chi collaborereste?
TANAKE: Beh diciamo che la lista di chi ci piacerebbe avere nel quinto disco è lunga, si va da Ken Vandermark a Mats Gustafsson, passando per Peter Brotzmann, o darci al “cantato” con Phil Minton, ma chissà, potremmo anche ritornare al trio crudo e puro.
SODAPOP: A breve farete un concerto di presentazione per 4tet, cosa succederà e cosa dobbiamo aspettarci in futuro dai Tanake?
TANAKE: Nei nostri programmi c’è quello di non lasciare il concerto di 4tet come un evento isolato, ma di farne degli altri in altre città in cui abbiamo avuto delle esperienze “live” importanti. Quello sarà sicuramente un nuovo punto cruciale per i Tanake. Potrebbe segnare una ripartenza o un epilogo definitivo. I nostri sforzi sono tesi versi la prima ipotesi. Stay tuned.