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Modotti – S/T (Autoprodotto, 2009)

Sulla strada dove suono post e cantato nel nostro idioma vanno a braccetto non sono stati fatti molti passi da che i Massimo Volume sono nati, vissuti e morti (e risorti, per ora senza lasciar tracce particolari): qualche pallida imitazione, molti, orrendi velleitarismi pseudo letterari, qualche buon tentativo morto sul nascere (i Six Minute War Madness di Full Fathom Six, fresco di ristampa). Con i Modotti è tempo di riprendere il cammino.

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Tapso II – S/T (Tapso, 2009)

Clamoroso al Cibali: anche la scena indipendente italiana si fonda su hype e mode che poco hanno a che fare con l'effettivo valore della musica. Così, passato il momento di "Catania, Chicago d'Italia", che una decina d'anni fa concedeva ad ogni gruppo della città etnea almeno una piccola ribalta, magari non sempre giustificata, si cade ora nell'eccesso opposto e validissimi gruppi restano nell'ombra, conosciuti solo dagli ascoltatori più attenti o fortunati.

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Ultravixen – Avorio Erotic Movie (Wallace, 2008)

No, amici niente tettone all'orizzonte, anzi, banane au go-go, ma non quelle che lucidate guardandovi film di Meyer, bensì quelle che accoppiate con giubbotto di pelle e palla da booling fanno automaticamente rockenrolla. Ricordate Catania? Pensavate che finito il noise ed il post-rock e dopo che il circo aveva lasciato la città si fosse portato via tutti i freak della zona? Sbagliavate, infatti negli Ultravixen oltre a qualcuno dei Jerica’s mi pare che ci sia batteria e chitarra dei Jasminshock e per quanto distanti dall'esperienza precedente direi che reta ancora qualche scoria grazie a cui è facile capire da dove vengano i tre.

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Built To Spill – 26/10/08 Interzona (Verona)

Nemmeno i Built To Spill sembrano sfuggire al triste rito del tour autocelebrativo, in cui gruppi più o meno affermati mettono in scena sé stessi in gioventù attraverso concerti monotematici che ripropongono album dei tempi d'oro. Prima di loro, fra gli altri, i Melvins tentarono di ringiovanire riportando a spasso Houdini, i Sonic Youth officiarono la propria commemorazione "performing Daydream Nation" e pure gli Slint si riformarono per rifilarci una specie di "Spiderland quindici anni dopo" che faceva più tristezza dei Soliti ignoti rivisti da Amanzio Todini. Certo, l'indie non poteva pretendere di essere immune da questo logica necrofila tipicamente rock, ma nel proporre un prodotto così preconfezionato a uso e consumo dei fan vecchi e nuovi, dimostra una consapevolezza che rasenta pericolosamente il cinismo. Nel nostro caso, tuttavia, pare trattisi di qualcosa di diverso.

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