Catherine Graindorge: intensità e corde…

Mettersi alla prova con un’intervista telefonica in francese era uno dei punti da superare e la bellezza della musica di Catherine Graindorge è stata la molla per farmi tornare sulle corrette frequenze francofone. Fresca dell’uscita di Songs of the Dead la musicista belga è molto disponibile a raccontarsi sul suo presente, sul suo passato e sulle ispirazioni che l’hanno mossa in queste nuove, toccanti composizioni.

SODAPOP: Salve Catherine, grazie mille per la tua disponibilità. Proverò a dare il mio meglio sul francese anche se è un po’ che non lo mastico…
Iniziamo dal tuo album, Songs for the Dead. Qual è la sua storia? Ho letto del fatto che avessi trovato un libro di Allen Ginsberg con una poesia su Joan Wollmer, la moglie di William Burroughs. Avevi già l’intenzione di coinvolgere i musicisti che poi ti hanno accompagnato o sono state scelte successive?

CATHERINE: No, cerco di mettere in ordine le informazioni, fermami in caso ne avessi bisogno! Dopo the Dictator Le Botanique, centro culturale ed artistico di Bruxelles mi ha proposto una residenza artistica di un anno ed è lì che ho iniziato a riflettere ed a lavorare su un nuovo progetto. Per caso stavo leggendo delle poesia di Allen Ginsberg ed avevo voglia di ascoltare la sua voce; su youtube sono finita sulla lettura della poesia A Dream Records e la sua maniera di raccontarla, come se stesse recitando la lista dei corsi, ridacchiando mi ha destabilizzato per lo stridore con il suo contenuto. Raccontava infatti di un sogno dove incontrava Joan Wollmer, Joan Burroughs che era stata accidentalmente uccisa da suo marito e parla con lei, discutendo in questo giardino. Quel che mi ha toccato ed interessato in questa poesia è come la vita possa ribaltarsi in un istante. Non conoscevo molto la storia di Joan ed approfondendola mi sono accorta dell’assurdità della situazione, oltre al fatto che i morti potessero tornare in maniera così reale nel nostro immaginario e nei nostri sogni. Erano soggetti molto interessanti e da lì sono partita.


Joan Wollmer

SODAPOP: Nei tuoi lavori collabori spessi con altri musicisti. Come ragioni sulla scelta di chi ti accompagnerà? Che tipo di riferimenti volevi ottenere tramite Simon Ho, Pascal Humbert e Simon Huw Jones?

CATHERINE: Simon Ho, che è svizzero tedesco, collabora con me già dall’album Eldorado (uscito nel 2021 su Glitterbeat) ed è qualcuno di molto delicato, un musicista superbo ed era evidente che volessi di nuovo collaborare con lui. Con Pascal Humbert già da anni abbiamo aperto un canale collaborativo, lo apprezzo sia umanamente che artisticamente e volendo un contrabbasso ho pensato subito a lui. Infine volevo una voce maschile in inglese e pensavo a qualcuno che avesse una vis teatrale e poetica, una scrittura che potesse sposarsi alla musica che intendevo creare ed è così che sono arrivata a Simon Huw Jones che non conoscevo molto bene, è stato il mio compagno a farmi scoprire And Also The Trees. Come ogni volta nelle mie collaborazioni funziono grazie alle mie intuizioni, il feeling che mi dice che le scelte sono quelle corrette e voilà.

SODAPOP: Non so se ci abiti ancora ma Simon How Jones ai tempi vieva in Ticino poco distante da me e lo vidi in concerto a Lugano poco più di dieci anni or sono…

CATHERINE: Sta a Ginevra ora!

SODAPOP: Mi ha sorpreso scoprirlo sul disco, avevo perso le tracce del suo progetto e non credevo fossero ancora attivi. Credo sia veramente la voce perfetta per il disco!

CATHERINE: Diversa gente me lo ha fatto notare, hanno avuto un momento con meno visibilità, mentre in Francia hanno ancora un loro pubblico ed hanno fatto uscire con un disco che trovo molto bello (Mother-of-pearl-moon, uscito il 23 febbraio)! C’è una sorta di autenticità in queste persone ed è quello che cerco sempre nei musicisti e per me è molto importante questa cosa, che siano fedeli al loro pensiero ed ai loro sentimenti e Simon Huw Jones ha queste caratteristiche. Ha sempre continuato a lavorare al suo progetto insieme al fratello così come a molte altre cose, così come Pascal Humbert, musicisti che si concentrano su idee valide piuttosto che andare in giro a fare mille cose!

SODAPOP: Da quanto anni suoni Catherine? Comè iniziata la tua storia con la musica?

CATHERINE: Vuoi fare i calcoli?!?

SODAPOP: No, no, ma ti ho conosciuta solo con the Dictator andando poi a spiluccare a ritroso ma essendomi innamorato della tua opera ho visto che hai avuto molte fasi e progetti. Nasci come musicista classica? Che tipo di percorso hai avuto?

CATHERINE: Ho iniziato a suonare il violino quando avevo 9 anni, suonandolo in accademia classica fino ai 18 anni. Ho sempre amato molto il teatro e compiuti i 18 anni, avendo paura di affrontare il conservatorio superiore in violino perché il mondo della musica classica con le sue rigidità mi spaventava, avevo un docente polacco molto severo ed ho scelto di studiare musicologia all’università per due anni, poi ho smesso per studiare teatro come attrice. Uscendo dalla scuola ho creato una compagnia e per dieci anni ho scritto spettacoli e recitato, iniziando poi a scrivere musica per teatro e per la danza, anche con il mio progetto Nile on Wax (condiviso con David Christophe ed Elie Rabinovitch). Ho iniziato a pensare a suonare in solo quando qualcuno mi disse di lanciarmi, visto e considerato di come componessi e di come amassi esibirmi, proponendomi un concerto. Ho acquistato i miei primi pedali e da lì è iniziato un capitolo: il mio primo album, The Secret Of Us All uscì nel 2012 e quindi sono già dodici anni che lavoro in quest’ottica, considerando quanto fatto prima con altri progetti e gruppi.


Nile on Wax

SODAPOP: Scorrendo la lista di musicisti con i quali hai collaborato, i citati ed Hugo Race, Davide Tosches, Nick Cave, Chris Eckman, Debbie Harry e Mark Lanegan un fil rouge potrebbe essere il non essere oscuri ma in qualche modo autunnali, legati ad un mood tormentato e mesto.

CATHERINE: Dark e romantici!

SODAPOP: Quali erano, se ne avevi, i tuoi riferimenti musicali una volta iniziato a suonare da sola? C’era della musica che in qualche modo ti smuoveva ed alla quale miravi oppure è stata una semplice questione di istinto?

CATHERINE: Non credo di averci mai riflettuto, di norma quando lo faccio non combino mai nulla di buono! Per contro credo realmente che la mia educazione classica mi abbia influenzato molto. Quando ero piccola mia madre mi chiese che strumento avessi voluto suonare e scelsi la chitarra, non pensando al rock ma proprio al suonare la chitarra. Mia madre tornò poi dall’accademia dicendomi che a chitarra non ci fosse più posto e che mi aveva iscritta a violino! Ho iniziato quindi un po’ così, iniziando a conoscere uno strumento che ho molto amato. Da giovane amavo i requiem di Brahms, tutto quello che era romantico ed aveva il potere di farmi piangere…poi sono cascata sui Cure e tutto ha creato una base abbastanza melanconica ma per me è sempre stato importante che la musica avesse un’energia forte, che riesca a rafforzarmi e che non si sgretoli. Credo che la maniera di farlo sia attraverso le proprie emozioni e credo di essere una persona molto più emozionale che intellettuale.

SODAPOP: Questo si sente molto bene nella tua musica Catherine! Recensendo il disco mi sono spesso trovato in difficoltà per cercare di descriverlo in base a stili o generi, non è un disco blues ma è tormentato, non è soul ma c’è una forte presenza spirituale, ci sono delle storie e dei percorsi e credo sia semplicemente un album emozionante ed intenso che va attraverso i generi e che è realmente molto toccante.

CATHERINE: Non ho mai cercato di avere un’etichetta musicale e questo spesso ha reso la vita dei programmatori più difficile perché non hanno mai saputo dove mettermi. Oggi siamo molto dipendenti da questa catalogazione. Non ho mai voluto fare la stessa cosa, così come molti altri musicisti: se penso all’universo di Nick Cave, ai suoi lavori con Warren Ellis, sono etichettabili in maniera molto differente, possono essere pop, rock, ambient, una mescolanza ricchissima che connota la musica.

SODAPOP: Rimane forse, aquesto punto, solo la musica di qualità, attraverso tutti generi. Su quest’album suoni anche insieme a tua figlia, è corretto?

CATHERINE: Sì, mia figlia canta e fa i cori in due brani, Euridice e Time is Broken!

SODAPOP: Come funzionano le vostre dinamiche? Com’è suonare con lei?

CATHERINE: Quando si ha lo sguardo della madre e lo sguardo dell’artista si smuovono delle connessioni, delle trasmissioni che per me erano molto importanti, soprattutto per quest’album acquistavano un senso. Prima abbiamo parlato di emozioni e per questo lavoro avevo una voglia a livello emozionale di ascoltare la voce di mia figlia. Durante la residenza organizzammo un concerto iniziale circa un anno fa per il quale invitai le mie figlie: Ilona danza nel videoclip di Joan mentre Lula canta. Ho proposto loro di farlo perché credo siano dotate, altrimenti non lo avrei fatto…tutto questo per dire che lavorare con qualcuno di molto vicino come le nostre figlie smuova il nostro mondo interiore assumendo una forma molto umana di fare musica insieme. Non lo farei tutto l’anno ma ho trovato sia stata una bella esperienza e la loro presenza sul disco è molto preziosa per me.

SODAPOP: Quest’anno hai già fatto diverse date, scendendo anche in Italia, mentre le prossime settimane suonerai in Olanda e Belgio. Avrai occasione di scendere ancora dalle nostre parti?

CATHERINE: Spero ci saranno degli altri concerti, cosa non facile perché i musicisti sono dislocati: Simon Huw vive a Ginevra mentre Pascal sta nei paesi Baschi ed è impegnato nei suoi progetti quindi purtroppo non sarà dei nostri. Cercheremo comunque di suonare insieme a Simon Huw Jones e Simon Ho, mentre Cyril Dehass, uno splendido contrabbassista, attivo anche come xxxx chiuderà il quartetto. È molto bravo ma non abbiamo mai suonato insieme quindi sarà parte di questa nuova avventura! Spero comunque di tornare a suonare quanto prima in Svizzera ed in Italia.

SODAPOP: Cosa ci riserverete in fase live? Sarete fedeli all’album o vi prenderete le giuste libertà? Non ho mai avuto il piacere di vedervi suonare dal vivo quindi non so cosa ci si possa aspettare sul palco…

CATHERINE: C’è sempre un rispetto delle strutture dei brani ma sono anche molto legata alla fase improvvisativa, con Pascal ci sono sempre momenti dove rimaniamo nell’universo dei brani viaggiando in maniera differente. Credo di non aver mai suonato una cosa uguale all’altra sera dopo sera! Anche con i Nile on Wax ci sono strutture e melodi ema amiamo abbandonarci al momento….

SODAPOP: Speriamo di riuscire a vederti quanto prima Catherine! Grazie mille per la disponibilità, ti ringraziamo veramente per tutto!

CATHERINE: Grazie mille a voi per tutto ed a presto!!!