Catherine Graindorge – Songs for the Dead (Glitterbeat, 2024)

Scoperta nel 2022 grazie alla pregevole colaborazione con Iggy Pop che è stata the Dictator Catherine Graindorge torna con il suo terzo album da solista dopo i precedenti The Secret Of Us All ed Eldorado, inframezzati dalla collaborazione con Hugo Race che è stata Long Distance Operator. Scelti i suoi collaboratori in Simon Ho, Pascal Humbert e Simon Huw Jones Catherine si lascia trasportare in un’atmosfera onirica da un libro di Allen Ginsberg, nel quale una poesia titolata A Dream Record serve da miccia per la lavorazione del disco. Nella poesia, anche recitata da Allen nel disco Allen Ginsberg at Reed College: the first recorded reading of HOWL & other Poems, Allen incontra la sventurata Joan Wollmer, moglie vittima di William Burroughs nel tentativo di emulare Wilhelm Tell con mela e balestra.
Il disco è autunnale e teso, tra il mito di Orfeo ed Euridice, la morte, l’intensità ed il dolore. I brani si abbeverano in quel fiume che dissetò Nick Cave, i Sixteen Horsepower ed i musicisti più amari ed irrequieti, ma quel che stupisce è la capacità di Catherine di concepire e trasmettere la sua presenza alla musica, quasi scomparendo rispetto ad un suono che si palesa, magicamente dotato di vita propria. Ma questa non è magia, bensì la capacità di lasciare che sia un’opera ad esporsi, a correre lungo le trame di una storia, grazie ad una mirata opera di concepimento, di produzione e di suono.
Quando poi, oltre alla splendida musica, Catherine si concede al microfono (lo fa per Joan), a rappresentare colei che ispirò il disco, musa e donna che rivive in un brano intenso ed aereo, emoziona come le preghiere più ispirate. D’altra parte Simon Huw Jones, degli indimenticati And Also The Trees porta la sua intensità a storie che sanno di morte e di polvere, in quello che a tutti gli effetti è un disco che si stacca dalla realtà e rimane sospeso a mezz’aria, quasi una rappresentazione scenica di un percorso che dalla terra ci conduce giù fino allo Stige, a colloquio con Persefone ed Ade. Ma non è un disco blues Songs for the Dead quanto spirituale, fermo nell’accendere a chi ascolta la drammaticità ed il calore di storie che si fanno archetipi. È un disco di musica autunnale, caduca nel suo sfiorire e mostrare i segni del tempo e della sofferenza sulla pelle. Un disco che restituisce la bellezza alle sue protagoniste, che smuove le viscere e l’anima tramite un’idea di musica orchestrata da una compositrice, una musicista, un’ideatrice senza molti pari. Personale, impetuosa ed intensa Catherine permea questo disco con la sua discreta presenza, quasi tenendo per mano Joan e sincerandosi che la sua storia e quella delle donne come lei passino sottopelle. Chiude i cerchi la magica Time is Broken, Catherine al microfono insieme alla figlia Lula Rabinovitch, quasi un coro greco per Simon Huw Jones, per un disco intenso, toccante e viatico per percorsi nel lato oscuro del mondo e della nostra anima. L’anima, già, che forse Songs for the Dead non è altro che un bellissimo disco soul, nel senso più puro ed interiore del termine.