L’Enfance Rouge: oltre la fortezza europea

L'Enfance Rouge è un terzetto franco-italiano composto da François R. Cambuzat (voce, chitarra), Chiara Locardi (voce, basso) e Jacopo Andreini (batteria, ottoni) più vari altri musicisti che partecipano di volta in volta alle registrazioni e ai concerti. Sulla scena da oltre tre lustri (pur con un leggero cambio di nome) hanno dato quest'anno alle stampe il loro ottavo album Trapani-Halq Al-Waady, una delle migliori uscite discografiche della stagione, ponte fra il suono noise di stampo occidentale e la musica tradizionale dell'Africa del nord: l'unica "musica mediterranea" oggi possibile e sensata. Un album che è stato definito giustamente "enorme" e "unico" e che meriterebbe ben più della visibilità che ha avuto fin'ora. Nel nostro piccolo proviamo a dargliela e ad indagare le vicende che hanno portato alla sua nascita; rispondono alle nostre domande Chiara e François.

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The Drift – Money Drawings (Temporary Residence, 2008)

Parlando di questi The Drift possiamo aprire su tutta una serie di considerazioni più o meno interessanti a seconda di chi legge. La Temporary Residence per quei pochi che non lo ricordassero, era una piccola label di culto che ha sparato una serie di uscite memorabili in tempi in cui il post-rock melodico furoreggiava e riusciva simultaneamente a conquistare sia un pubblico di radical fighetti (in cui mi auto includo) che i "diehard believers" dell'emo-core convertiti ad una musica in preminenza strumentale, se un nome vale ancora qualcosa Cerberus Shoal, Tarentel hanno dato il loro meglio qui.

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Bear Claw – Slow Speed: Deep Owls (Sickroom, 2007)

Ascoltando I Bear Claw come sempre ero ignaro di chi fossero e da dove venissero, perché se leggo i comunicati stampa lo faccio quasi sempre dopo essermi già fatto un'idea del disco, fatto sta che come immaginavo durante l’ascolto si tratta di un gruppo così americano che infatti viene da Chicago. Oltrepassata l'inutilità dei comunicati stampa, il mio commento di apertura i riferisce al suono, a quello che suonano ed al modo in cui lo fanno e non è per nulla negativo, come dire che da un nero del ghetto non sia lecito aspettarsi che giochi bene a basket. Da Chicago vengono solo due cose "i tori e gli Shellac ed io non vedo le corna", forse potrebbe essere anche un po' brutto dirlo ma si tratta proprio di post/math rock made in Chicago stile i succitati mostri ma anche primi 90 Day Man, Slint, Dianogah ma anche minori troppo velocemente dimenticati come Lustre King.

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