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Teletextile – Glass (Lili Is Pi, 2011)

Uh. Indie pop un pò elettronico con una gran bella voce femminile oltre a Psapp? Benvenga, porca la miseria!
Come il vetro, a cui è intitolato l'album – Glass -, la musica del trio newyorkese a cui fa capo Pamela Martinez, l'anima e il cuore del progetto, è trasparente. Nel senso che in modo diretto e senza troppi preamboli arriva al punto questa ragazza originaria del Texas ed ora operante a Detroit, che interpreta testi ispirati a quel grand'uomo di Robert Frost e li musica con arpa (sì. Arpa. E vedere sul web come la suona è uno spettacolo), violino, chitarra e tastiere e che sa rendermi emozioni suscitate a suo tempo solo da Tori Amos (che il Signore la protegga sempre!) – I Don't know How To Act Here, The Lark -, la Bjork di HomogenicAmpm Two, di cui segnalo un bel videoclip in passo uno – o dai certi singoli sfornati da Kate Bush che positivamente hanno segnato la mia infanzia.

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Nedry - Condors

Nedry – Condors (Monotreme, 2010)

Devo ammettere di aver cercato altrove il piacere solipsistico dell'ascolto negli ultimi mesi, lontano dal clamore suscitato dalla scena dubstep e dalle immediate ripercussioni che ha ottenuto in tutti i campi più prossimi di applicazione delle sue ritmiche. Così mi perdo un po' del gusto di sentirne una versione, probabilmente, edulcorata sciogliersi al servizio di un cantato femminile più che interessante. I Nedry sintetizzano, è il caso di dirlo, la lezione e offrono dispense ai bisognosi di ripasso.

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The Dirty Projectors – Rise Above (Dead Oceans, 2007)

Six Pack, Gimmie Gimmie Gimmie, Rise Above, Thirsty And Miserable, Police Story e così via, eh si, i titoli che si leggono sulla copertina del nuovo disco di Dirty Projectors, come è facile intuire, sono proprio quelli di Damaged dei Black Flag. Sull'onda dei ricordi dei suoi ascolti adolescenziali infatti David Longstreth, titolare unico della sigla Dirty Projectors, aiutato in questo disco dai musicisti che lo hanno accompagnato nel suo ultimo tour americano, tenta una rivisitazione del seminale disco hardcore attraverso la lente del suo pop visionario.

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Paolo Petralia Aka SOA Records

Chi è Paolo Petralia? Per chi non lo conosce un po' per età, un po' per fortuna, un po' perché non beve Jegermaister, il signor Petralia è l'uomo che ha stampato "pietre militari" del punk nazional popolare come Growing Concern e Concrete before: "quest'anno ho deciso che piacciono i Concrete pure a me perché in giro butta così". E' l'uomo che si è inventato i Comrades ed i Colonna Infame Skinehead, ma soprattutto è il papa nero che muove i fili della SOA records (www.soarecords.it). Come avrete modo di leggere nell'intervista miei cari drughi si tratta di un uomo di quelli "che non ce ne sono più" e dopo la recente dipartita del barone Liedholm e di Biagi è una delle poche solide certezze rimaste oltre al fatto che Elvis è vivo. C'è chi pensa che sia coerente fino all'anacronismo, c'è chi pensa che sia anacronistico ed irritante, c'è chi pensa che sia una gran testa di cazzo e c'è chi lo conosce semplicemente tramite uno dei pochi blog che valga la pena di essere letto (soarecords.splinder.com)… e "c'è chi dice no", ma a quanto pare lo dice pure lui a Vasco, quindi non fatevi illusioni in merito ad una svolta pop. Difficile inquadrare bene questo indomito "vegan-oi-straight-edge-aggro-grind-crust-metal-punk", però bastino le parole con cui un vetusto punk nordeuropeo l'estate scorsa menzionandolo esclamò senza indugi: "Petralia… what a hero!".

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