Sinistri/Ovo – Phonometak Series #3 (Phonometak/Wallace, 2007)

sinistri-ovo

Nuovo capitolo Phonometak e nuova accopiata di nomi conosciuti e, per questa volta, duo tutto tricolore. Partono gli Ovo, ormai sempre più calati nella loro dimensione “freak fracassona”, tanto da partire subito con un pezzo quasi industrial, molto vicino a quello del loro split con Inferno e Psychofagist, poi si va di un pezzo dement-surf come l’avrebbe suonato Ikue Mori ai bei tempi, pur non andando di cattiveria come nella prima traccia, il “diabolico coupè” in quelle successive rimane sempre animoso e molto ritmico. L’unica grossa variazione direi che sta nell’atmosferica e disturbata traccia finale a cui darei la palma di pezzo migliore. La produzione, pur non essendo quella di Miastenia, rende il gruppo al meglio tanto da riprodurne la dimensione live (che per quel che mi riguarda rimane sempre quella più congeniale a Dorella/Pedretti). I “Sinistri sono gli Starfuckers con il wah wah” diceva un tizio e un po’ il tale “c’avea ragion”, infatti se nei Sinistri si riconoscono le idee e le deformità degli autori di infrantumi, direi anche che c’è una vena quasi funk… ovviamente: “funk a modo loro!”. Suonano ancora a singhiozzo, tanto da sembrare un discorso a cui siano state sottratte le vocali, ma il grosso cambiamento sta nel fatto che questa volta la chitarra oltre a legare il tutto fino a dargli quella che può quasi sembrare una forma, gli dona persino un abbozzo di melodia. Il fantasma del funk come lo vedeva Miles Davis (Live Evil) ricompare sfocato ed in acido. Altra grossa differenza a livello produttivo direi che sta nella scelta di una serie di riverberi dub, soprattutto nella seconda traccia e se lì per lì sembrano poca cosa, in realtà fanno riflettere sul fatto che questa volta le tracce siano sufficientemente dilatate da permettere che si usino dei delay senza che finiscano per risultare fuori luogo. Non saprei dire se si possa parlare di modifiche così decisive, visto che comunque Sinistri erano e rimangono di nome e di fatto, direi semmai che questi “tusci” si abbandonino maggiormente alla loro vena anni ’70 e senza il timore di dover procedere neccessariamente a singhiozzo.