Sono passati 35 anni da quando, entrando negli Automatic Diamini, iniziò a calcare palchi e studi una giovane Polly Jean Harvey. Da allora un mondo, costellato da astri come Steve Albini e Flood in studio, Rob Ellis e John Parish come spalle e molti altri ancora, con un percorso che l’ha portata ad essere sin da subito artista matura e mai ferma sui suoi passi..
In diverse fasi PJ ha transitato per il rock, il folk, la politica inglese ed estera, sempre raccontando il mondo con parole personali e toccanti.
Debuttante nel 1992 con Dry, riguardando gli esordi usciti quell’anno di progetti ancora attivi insieme a lei abbiamo Aphex Twin e gli elvetici Gotthard, pochissimi altri.
Qui, racchiuse da un ramo rimasto posato su una spiaggia di sabbia finissima, abbiamo 12 brani che esaltano la voce della Harvey lavorando su arrangiamenti minimali ed aspri. Farsi prendere per mano da storie che andremo a rileggere per mesi cercando di capire le immagini espresse è esercizio intenso e spontaneo, tanta l’onestà che traspare dall’incisione. Polly Jean ha dato molto al mondo del rock e dimostra ancora una volta di essere ispirata, senza voler essere ne accattivante ne seduttiva: è semplicemente un’artista alle prese con i suoi fantasmi e con le sue sensazioni. Fortuna nostra, per esprimerle utilizza musiche e suoni fantastici, fuori dal tempo e concreti. Passare attraverso questo disco è come appoggiarsi ad un albero nel sottobosco ed ascoltare le storie di una voce lontana, gli echi della natura e le nuvole rollare. Un’esperienza che richiede tempo e che ripaga di tutto quanto, visto e considerato come i brani siano emozionanti e toccanti dal primo all’ultimo, nessuno escluso; senza che mai un momento di noia od una sensazione di superfluo giunga all’orizzonte. Musica fuori dal tempo, che rimarrà a lungo intorno a noi…