DJ, giornalista musicale, discografico, prima con il rock estremista e di confine della Pandemonium, ora con la più elettronica, ma sempre avanguardista, Bip_Hop, Philippe Petit celebra quest'anno il venticinquennale di attività. Per la festa di compleanno allestisce un lungo pattern elettronico, lo spezzetta ed invita vecchi e nuovi amici a cucinare ogni porzione come meglio credono. Il pasto, tutto filato, è indigesto per i troppi e troppo contrastanti sapori che troviamo: chi aggiunge suoni trovati, chi chitarre, chi voci, chi ulteriore elettronica. Più sensato è piluccare qua e là, senza badare ad una consecutio stilistica impossibile da trovare.
A farla da padrona è un'elettronica senza infamia e senza lode che, dall'ambient sporco di Chapter 24 alla ritmiche indanzabili di Jason Forrest, monopolizza metà della raccolta. Dei rimanenti, Bela Emerson apre il disco con uno splendido pezzo di violoncello dronato e voce, Aidan Baker prosegue assemblando suoni concreti e field recordings, operazione di routine, seppur fatta con classe. Cosey Fanni Tutti e Lydia Lunch stendono le loro voci su due desolate orchestrazioni ambientali, con la prima che esce nettamente vincitrice con un emozionante canto simil-chiesastico, mentre il Faust Jean-Hervé Peron propone un pastiche di suoni (sax, voci, elettronica) già sentiti milioni di volte. Eugene Robinson degli Oxbow annoia con lamentosi vocalizzi su base elettronica, gli String Of Cosciousness hanno una buona idea, ma la tirano decisamente troppo per le lunghe, Justin Broadrick è invece decisamente ispirato e se ne esce con un pezzo che, avesse fatto parte di uno degli ultimi, scialbi lavori di Jesu, ci farebbe finalmente parlare di resurrezione. Speriamo che questa esperienza gli suggerisca che confrontarsi con altri giova ben più del masturbarsi in studio, soli con la propria chitarra.
La compilation è uscita come allegato al numero di marzo 2009 di Wire, quindi se vi interessa dovete ordinare l'arretrato.