Da quando a Jason Noble, polistrumentista in forze a gruppi quali Rodan, Rachel's e Shipping News è stato diagnosticato un tumore che richiede una particolare cura chemioterapica, la comunità artistica internazionale, non solo musicale, si è mobilitata per raccogliere fondi attraverso mostre mercato di grafici e pittori e concerti benefit che hanno coinvolto, fra gli altri, Shellac, Wax Fang e Shannon Wright. In Europa si sono fatti carico di un'iniziativa simile Sergio Carlini (chitarrista dei Three Second Kiss) e Julien Fernandez (batterista di Passe Montagne e boss dell'etichetta Africantape) ed è in questo quadro che si colloca questa serata, in un locale che in passato aveva ospitato la musica di Noble. Oltre alla bontà della causa depone a favore del concerto la qualità del cast: Io, Monade Stanca, i redivivi Hell Demonio, i promotori Three Second Kiss e dulcis in fundo, Uzeda, una serata all'insegna del math e del noise nelle loro varie declinazioni. Scaletta in ordine d'età, per cui è il terzetto Io, Monade Stanca a salire per primo sul palco, confermando i pregi e difetti che si ascoltano sul disco: il primo pezzo è un susseguirsi di sequenze contorte senza troppo costrutto, cantato più simile a degli schiamazzi e tecnicismo gratuito che impressiona e coinvolge davvero poco. Proseguendo le cose migliorano, i pezzi si strutturano di più dando alle parti caotiche uno sfondo su cui risaltare per contrasto. Il meglio lo si raggiunge quando viene inserito il basso (fin'ora avevano giocato con due chitarre e la batteria), che disciplina ulteriormente la proposta, senza tuttavia soffocarla. Speriamo sia questa la strada lungo cui i tre si incammineranno. Fino ad ora il pubblico è stato piuttosto scarso, complice ance l'orario d'inizio, molto in anticipo rispetto al consueto, per via del numero di gruppi della serata, ma quando iniziano gli Hell Demonio versione 2.0 con un solo chitarrista, sarà perché giocano in casa, sarà che era un po' che non li si vedeva, la sala si riempie improvvisamente. I veronesi erano assenti dai palchi da tempo, se si esclude qualche comparsata con una poco convincente formazione acustica, ma non una goccia di energia si è persa ed è in serate così che si capisce perché i dischi non trasmettono che in minima parte le vibrazioni di un loro concerto. Tirate di hardcore rocknrollizzato e passaggi fugaziani, poi rifferama spietato (soprattutto Message In A Butthole miete diverse vittime) e intermezzi con doppia base ritmica, quando il cantante si mette a sedere dietro un minuscolo drum set. Il meglio lo dà comunque dietro al microfono, sia come doti vocali che come presenza scenica e sono ancora suoi i migliori svenimenti sul palco. Un paio di pezzi nuovi piuttosto freak e anche loro chiudono, non prima di aver ringraziato sentitamente e aver ricordato il perché si è qui, stasera. Lo sanno bene i Three Second Kiss, che con i gruppi di Noble hanno diviso più volte il palco, ma dalle performance non pare risentano di alcuna esitazione causata dall'emozione. Ci propongono le consuete sferzate metalliche e chirurgicamente precise, un suono che conserva ancora il suo impatto, ma che ormai si mostra irrimediabilmente datato, sorpassato a destra e a sinistra sia dal punto di vista della violenza che da quello dell'originalità, anche se la mezz'ora di concerto la si regge senza noia. Discorso simile si potrebbe benissimo valere per Uzeda da Catania (Illinois): quattro signori piuttosto attempati il cui periodo d'oro, a giudicare dall'ultimo pur dignitoso disco, è passato da un po'. Ma il palco è evidentemente un iperspazio dove l'età anagrafica e l'ispirazione del momento contano davvero poco e non ci si mette molto a capire che daranno la paga a tutti. Ora la sala è completamente stipata, nelle retrovie si viaggia a malapena strusciandosi contro i presenti, mente sotto il palco braccia e teste degli affecionados si agitano al suono della musica del quartetto. Ma anche chi come me non li aveva mai sentiti dal vivo (e di questo chiedo perdono, cospargendomi il capo di cenere) è impossibile non farsi trascinare da una miscela dove la melodia emerge come un premio dallo sferragliare di basso e chitarra, con la voce ha talvolta dissonanze quasi blues e la base ritmica implacabile. Loro sì sentono l'evento e Giovanna Cacciola fatica a trovare le parole per ringraziare, ma è forse anche questa benzina ad alimentare una musica già sentita, ma che quando è suonata così è sempre come la prima volta. Non poteva esserci finale migliore, degno coronamento di una serata riuscita sotto tutti i punti di vista: musica di qualità, bell'ambiente e non ultimo, affluenza che ha certamente garantito buoni introiti all'iniziativa. Sarebbe davvero bello se tutto ciò servisse…