Green Fog Festival – 16/09/06 Festa dell’Unità (Genova)

Meganoidi - Foto di Anna Positano

"Genova crescerà, crescerà, crescerà".
Iniziamo citando le parole di Davide dei Meganoidi alla fine della serata per testimoniare che, per l'ennesima volta, la città trova in se stessa le forze per rinnovarsi. Il successo del primo festival dell'etichetta dei pentiti skacorer ha definitivamente sancito l'esistenza di un processo di trasformazione, in atto, nella comunità cittadina.
Vale la pena di provare a dedurre, partendo dai cinque live messi in scena stasera: Tarick1, Cut Of Mica, Marti, En Roco e Meganoidi, appunto.
Gli appena citati gruppi sono un ottimo spaccato del fiorente sottobosco locale, la punta qualitativa emersa dell'iceberg; in questa bagnata serata di fine estate le band giocano le proprie carte in set di circa mezzora. Il Padiglione C della Fiera è rinomato per la sua non perfetta acustica, cavernosi rimbombi paiono attenderci, ma, in definitiva, non ci si può lamentare: tranne qualche suono a volte un po' rozzo, il risultato è decisamente buono. Il pubblico, ingresso a cinque euro devoluti in beneficenza all'Istituto di Ricerca sui Tumori IST, è decisamente numeroso e interessato, probabilmente ormai già conscio che non sentirà tempi in levare e per questo piuttosto educato; citazione d'onore anche per un Tristan a tutto campo, personaggio noto alle cronache cittadine e, prima, torinesi per le sue intemperanze artistiche, "musicista/dj/performer", come suona bene, spesso facente la parte del "pubblico che interagisce con il gruppo"; una dote che, come noto, non è molto diffusa a Genova.
Tarick1 - Foto di Anna Positano Ma veniamo a Tarick1, cui spetta il compito di aprire la serata. Ormai è diventato un gruppo completo, con l'innesto, ai tre Laghisecchi su quattro, della nuova tastierista, che permette ad un Andreone in stato di grazia di esibirsi in uno show da cantante vocoderizzato, degno dei Daft Punk più Kraftwerkosi. Le libertà che si concede, lontano dalle sequenze programmate degli anni scorsi e forte di una sezione ritmica live molto ben oleata, scatenano il pubblico in arrivo, divertendolo e, a tratti, entusiasmandolo.
Cut Of Mica - Foto di Anna Positano A seguire scendono in campo i Cut Of Mica. Mi sono stufato di dire quanto siano migliorati perchè, a sentirmi parlar di loro da anni a questa parte, considerando anche il periodo Toxic Picnic, il supposto gap coperto dovrebbe supporre una partenza scarsa o una attuale eccellenza. Credo semplicemente che, a piccoli passi, siano diventati grandi, al contrario di Leonardo il figlio del bassista/cantante Riccardo e di Monica delle Starfish, che in meno di un anno ha assunto la corporatura di un bambino di cinque anni. Il loro, del trio intendo, sound scarno che mischia il post punk degli ultimi Unwound, tra Challenge e Leaves, con il noise di scuola Touch & Go, senza dimenticare qualche tocco off della chitarra di Bernardo che spinge le melodie, invero spesso, verso derive nowave, ha già fruttato una partecipazione ad Arezzo Wave; con il disco in uscita ad Ottobre si dovrebbe chiudere un ciclo e aprirne uno nuovo, ovvero del conseguimento della maggiore età.
Marti - Foto di Anna Positano Marti è l'elemento di contatto con gli anni Ottanta, con la città e la sua scena. Su molti piani diversi. L'elegante progetto dell'attore Andrea Bruschi, più adatto forse per palchi più intimi, è lontanamente connesso, più per motivi biografici che altro, con i suoi trascorsi elettronici di due decenni fa nei Bronco Billy. Di più, ha a che fare con le sue doti di recitazione. Interessante melange di trame crooneristiche a tessiture jazzy, con arrangiamenti molto curati tra Fender Rhodes, forse fin troppo sacrificato, melodie alla fisarmonica, ritmiche tra contrabbasso e batteria, e chitarra. La maschera berlinese costruita da Andrea, con quel suo piglio a metà tra un investigatore alla Marlowe e un fumoso cantante da piano bar italiano, rende credibile un genere che anche Bowie caricava troppo, arrivando ad assumersi il rischio di cadere nel buco nero del look anni cinquanta alla Peppone e Don Camillo. Il disco è appena uscito, accompagnato da un bel video di Lorenzo Vignolo: sentiremo…
En Roco - Foto di Anna Positano Quindi, gli En Roco. Che dire ancora di loro? Nulla che non sia già stato ampiamente detto e scritto. Primo gruppo ad entrare nella scuderia e sempre perfetti. C'è un bel pezzo nuovo in una scaletta che si chiude con il singolo che presto, "se i signori delle televisioni avranno la gentilezza di farlo passare", entrerà in rotazione con il relativo video nuovo, girato sui tetti di Genova. La strumentazione, rafforzata dall'ormai stabile presenza, in mano ad Enrico e Francesco, delle chitarre elettriche, segue le dinamiche, più ampie rispetto al passato, dettate dalla batteria e dal basso di Federico e Rocco; sopra a tutto, le melodie delle voci dei due chitarristi sono ben contrappuntate dal violino di Cecilia. Un intenso set di pezzi, ben scritti ma soprattutto ben arrangiati, che strappano gli applausi di tutto il pubblico.
Meganoidi - Foto di Anna PositanoIn chiusura il set dei Meganoidi. Come fare a descriverlo cercando di non perdersi nelle paludi del "pro e contro della violenta virata stilistica compiuta dal gruppo, e del relativo conseguimento della maggiore età"? I passi fatti avanti sono tanti, dalle leggende metropolitane sull'integrità morale della band al lavoro svolto con lo studio di registrazione e con l'etichetta. Alla prova dei fatti il live è piuttosto rivelatore. Tecnicamente validi, anche senza strafare, si lanciano in un miscuglio, tuttora in via di definizione, di sonorità scure, tra arpeggi di chitarra di derivazione quasi emotiva e coltri di fumosità prog, tra i System Of A Down meno boriosi e i Mars Volta più ispirati. Su questo tappeto di passaggi piuttosto grevi, vanno a inserirsi i due elementi che finiscono per caratterizzarli di più: la voce e i fiati. La prima è, di fatto, un buon bignami di movenze alla Agnelli, di dinamiche espressioni alla Clementi e di escoriazioni Ferrettiane: un riuscito mix, insomma, del declamare in lingua madre. Le melodie aggiunte, suonate dai fiati, sono un altro elemento fuorviante, che permette al gruppo di trovare una cifra stilistica decisamente personale, riuscendo, per loro fortuna, a scampare a paragoni ben più pesanti. Nel complesso la svolta sembra essere stata digerita dal pubblico che non pare aversene troppo a male della prevista mancanza in scaletta di Supereroi Contro La Municipale
In chiusura, Davide non se ne avrà a male se lo contraddico o se specifico la sua affermazione finale. Genova è cresciuta, è sotto gli occhi di tutti; anche fuori dall'ombrello protettivo della nebbia verde ci sono realtà decisamente lanciate: Ex-Otago, Mass Prod, Port-Royal, Calomito, l'intero progetto Zenatron, sono innegabili tasselli di una città decisamente viva e vegeta. Il pubblico pare essersene accorto e la rinnovata competitività sta facendo del gran bene, svecchiando vecchi progetti e pungolando nuovi accoliti. Una comunità che, dopo questa tanto sofferta maturità, vede, finalmente i suoi primi frutti.
Sperando che Genova continui, in effetti, a crescere, bravi tutti.