Bono/Burattini – Suono In Un Tempo Trasfigurato (Maple Death, 2023)

Credete ai fantasmi? Questo disco riesce ad esprimersi senza colori, senza sovrastrutture, rimanendo aggrappato alle proprie ossa. Talmente scarno da spaventare quando alcuni elementi si aggiungono alla sua storia, siano essi una voce (quella di Francesca Bono, già con gli Ofeliadorme e nel progetto Donnacirco), un suono od un cambio di ritmo (appannaggio di Vittoria Burattini, una vita con i Massimo Volume ed anche lei coinvolta nella ripresa del disco di Gianfranca Montedoro con una sua prima registrazione vocale). Un bianco e nero che acceca, di un’intensità che affascina, riuscendo ad esprimersi in maniera libera e difficilmente codificabile.
Si masticano atmosfere da casa stregata, da fenomeni para scientifici, da science fiction d’oltrecortina. Difficilmente avvicinabili a dischi ed artisti, pur esplicitando via stampa riferimenti al Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza, ad Ennio Morricone, a Daniela Casa. C’è ritmo, c’è tensione, c’è ricerca e c’è sorpresa. Si percepisce il piacere nel calarsi in una nuova situazione ed il non avere il controllo completo del risultato, lasciando un sentore di immaginifico e di stregato ai risultati, che sembrano baciato da una mano oscura. Psichedelia, motorik, retro sci-fi…forse, o forse solamente un viaggio iniziatico nell’energia che può crearsi da un incontro in condizioni magiche, coadiuvato dai giusti personaggi (Stefano Pilia alle registrazioni ed al mix, Alicia Carrera alla grafica, Matteo Bordin al master) e dalla giusta atmosfera. Un disco che è un viaggio, nel quale saremo soltanto attori guidati da una mano invisibile, con la presenza di Maya Deren nell’aria. Dieci brani che entrano sottopelle scatenando movimenti e reazioni, dieci brani che differiscono da quanto fatto prima d’ora da Francesca Bono e Vittoria Burattini, così come dai nomi citati poco sopra. Dieci brani di rottura.
Una rottura non richiesta e proprio per questo efficace.
Credete ai fantasmi.

Vista la materia in ballo approfittiamo della gentilezza delle due musiciste per approfondire ideazione, lavorazione e sensazioni del lavoro in esame.

SODAPOP: Salve Vittoria, Salve Francesca, innanzitutto grazie mille per la vostra disponibilità. Devo dire che quando ho letto l’annuncio di un vostro disco in coppia non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi ed ho preferito attendere per ascoltarlo di botto, senza anticipazioni o spizzichi, gettandomici interamente. La prima cosa che mi viene spontaneo chiedervi è relativa al tempo: da quanto vi conoscete? In quanto tempo avete deciso di stringervi attorno a questo progetto e come collocate “Suono in un tempo trasfigurato” nell’odiernità? Musicalmente è difficile percepirlo come un album attuale, quasi fosse estraneo al momento attuale ma anche al passato, alieno nel miglior senso del termine. Lo sento anche parecchio sconnesso dalla vostra storia musicale e adoro questo fattore, è una cosa che avete percepito anche voi ascoltando il risultato finale?

FRANCESCA: Sono felice di leggere i tuoi pensieri riguardo a questo album, perché è un po’ come vivere in un mondo senza specchi e poi riflettersi negli occhi di un’altra persona e vedersi per la prima volta. Non c’è stato niente di premeditato, ci siamo solo tuffate e abbiamo colto al volo un’intuizione. Per quanto mi riguarda è un risultato non di poco conto che “Suono In Un Tempo Trasfigurato” suoni diverso dalle nostre produzioni precedenti.Quel che intendo è che il nostro sodalizio artistico non è una sorta di Frankenstein dove abbiamo passivamente unito figurativamente le nostre band di provenienza, ma è una creatura aliena e unica. E forse ce ne siamo rese conto anche noi solo dopo aver registrato.

SODAPOP:L’album è ispirato a tre filmati di Maya Deren (At Land, Ritual In Transfigured Time ed A Study In Choreography For Camera) che mi sembrano sintomatici per intensità nei gesti e nei vissuti. Ascoltando le vostre tracce sento questa grande profondità e scostanza nel suono, vitale ed integra. Che tipo di pensiero c’è stato rispetto alla grana del lavoro, fra voi due ed in combutta con Stefano Pilia? Quanto istinto e quanta ragione?

FRANCESCA: Direi 90% istinto e 10% ragione. Mi spiego meglio: le prime cose le ho composte guardando i corti e con il juno-60 in cuffia, lasciandomi ispirare solo da quello che vedevo. Successivamente ho letto alcuni scritti di Maya Deren sul tema della libertà artistica che mi hanno spinto a continuare su quella strada. In particolare, riflessioni come la seguente: “Instead of trying to invent a plot that moves, use the movement of wind, or water, children, people, elevators, balls, etc. as a poem might celebrate these. And use your freedom to experiment with visual ideas; your mistakes will not get you fired”. Per me è un messaggio potente che può essere applicato a qualunque forma di espressione artistica. Successivamente, quando con Vittoria abbiamo scritto tutto, siamo andate da Stefano sperando che avesse tempo, e soprattutto che fosse intrigato dal lavoro, e gli abbiamo spiegato come volevamo che suonasse. Ci ha capite al volo e ha donato al disco una grana e una dimensione sonora che solo un musicista raffinato ed empatico come lui poteva tirare fuori.

SODAPOP:La somma delle vostre azioni mi sembra essere quella di uno sano mischiarsi, anche con un conflitto di suoni mai accomodante, che riesce a dare come risultato un suono molto crudo e reale, al quale mi riesce difficile dare dei colori che esulino dal bianco e nero. Avverto però delle presenze nelle atmosfere che vanno oltre la realtà, siano esse rappresentate dalla voce di Francesca, dalle apparizioni di alcuni strumenti o dai ritmi. Credete nel potere scatenante del suono? Nella possibilità che possa canalizzare od influenzare la percezione? Nelle registrazioni tutto è filato liscio o c’è stato qualcosa che si è discostato dalla norma?

VITTORIA: Trovo molto giusta l’osservazione che fai riguardo al bianco e nero. Probabilmente il bianco e nero, nella sua semplicità cromatica, ha ispirato l’uso di soli due strumenti nel comporre la colonna sonora per i tre corti. E da lì, come si dice, abbiamo fatto “con quello che c’era”. Riguardo al potere scatenante del suono, ho un ricordo a tal proposito: da piccola, avrò avuto otto anni, mia zia mi portò a una festa per bambini che si teneva in una palestra con un palco e un gruppo che suonava dal vivo. C’era una batteria, microfonata, e ricordo di aver sentito per la prima volta, sia con le orecchie che col corpo, la profondità del suono di una grancassa, e di un basso che ci suonava attaccato. Era pazzesco, credo sia stata un’epifania! In quegli anni i miei nonni avevano un impianto stereo veramente antichissimo e alcuni dischi di musica classica. Passavo intere giornate con la testa letteralmente dentro l’unica cassa che aveva quel mobile-stereo ed ero completamente drogata dalla musica, ero come i gatti con l’erba gatta. Secondo alcune discipline, penso al qi-gong ma forse anche per la nostra medicina, il suono ha anche il potere di guarire. Nel qi-gong ci sono suoni collegati ad esempio agli organi interni, secondo questa disciplina emettendo un preciso suono con la voce si può raggiungere e attivare energeticamente un preciso organo. Certo, uno può anche essere scettico sulla validità del risultato, ma di sicuro è molto gradevole e salutare farlo anche solo per divertimento. Come si dice “non è vero ma ci credo”. Le registrazioni del disco sono durate due giorni, non avevamo budget e siamo stati ospitati da un teatro, il Teatro sì a Bologna, che ci ha dato questa possibilità. Poi Stefano ha mixato da solo e ci ha fatto sentire il risultato. Direi nessun intoppo durante le registrazioni, tutto in presa diretta, tutto a ritmi piuttosto veloci.Stefano ha lavorato divinamente alla produzione del disco, entrando in sintonia con noi e (almeno spero) divertendosi anche.

SODAPOP: Che tipo di seguito avrà questo lavoro? Pensate possa avere una sua espressione anche dal vivo? Come ipotizzereste degli spettacoli in questo senso?

VITTORIA: Il disco sta già girando dal vivo. Sembra che il pubblico risponda molto bene per ora al concerto. Ci piacerebbe arricchire il live, pian piano, con degli accorgimenti che ci permettano di lavorare autonomamente sul suono e sugli effetti, e di gestire il tutto direttamente dal palco. Per ora stiamo girando con un tecnico-mago del suono, Gianluca Turrini.

FRANCESCA: È decisamente un lavoro che sprigiona la sua magia anche nella dimensione live. Siamo solo noi due sul palco, una di fronte all’altra, è come un rito magico, ci capiamo al volo. Abbiamo una serie di date italiane da qui a fine Giugno che sono curate da Hangar Booking, e alcune cose interessanti all’estero a cui stiamo lavorando proprio in questi giorni.