Gioele Valenti, volando in più mondi.

Gioele Valenti, Siracusa o classe 1973 è una presenza fissa nella musica psichedelica, rock e pop degli ultimi anni. Con i suoi diversi progetti, Herself e Juju (senza dimentica i the Lay Llamas nei quali collabora con Nicola Giunta) si è sempre mosso fra le pieghe di un suono che riesce ad essere universale, partendo dalla Sicilia in direzione Asia, Africa, Regno Unito ed America. Sembra inverosimile ed esagerato, ne conveniamo, ma l’ascolto degli album dei suoi due progetti, rispettivamente Spoken Unsaid ed Apocalypse is God’s Spoiler (che trovate recensiti rispettivamente qui: e qui: ) ci ha ricordato di quanto ampio e sfaccettato può essere il suono stesso. Lo sentiamo all’indomani dell’esibizione come Herself all’Auditorium RAI di Palermo, pieno di energia per il quarto della seria di live europei che terrà a supporto del disco.

SODAPOP Ciao Gioele, come stai? Com’è andato il concerto ieri? 

GIOELE Ciao Vasco! Il concerto è andato molto bene, con un soundcheck molto molto lungo! I tecnici della RAI sono molto precisi ed hanno una tradizione un po’ diversa dalla nostra che è molto più punkettona…peró fa piacere ogni tanto suonare in luoghi dove c’è una certa cura e lì non è mancata di certo! Sala piena, è stato molto bello!

SODAPOP: quanti live avete per ora?

GIOELE: al momento con Herself siamo agli inizi del tour quindi questa era la quarta data.

SODAPOP: Vero è che al momento stai suonando come Herself ma i dischi ad essere usciti sono due, non dimenticando quello di Juju. 
Vorrei però fare ordine partendo dall’inizio, visto che ti ho riscoperto addirittura su produzioni Wallace del tempo che furono. Tu di che annata sei Gioele?

GIOELE: Sono del 1973

SODAPOP: 51 quindi, ed hai iniziato a suonare a quanti anni?

GIOELE: a partire dai 14 anni circa con la classica trafila, anche se le prime forme artistiche che si sono concretizzate vengono parecchio dopo. Herself e Foreyard (con Alessio Bosco) partono intorno al 2004. Dopo un paio di demo ho iniziato pubblicando il primo album ufficiale di Herself su Jestrai, che è stata la prima etichetta dei Verdena molti anni addietro ormai!

SODAPOP: una ventina d’anni buona quindi! Juju invece come parte? Sono fondamentalmente due one man band, è corretto?

GIOELE: Sì, diciamo che in linea di massima i miei dischi me li registro sempre in solitaria, tranne qualche collaborazione ed ospitata come i GOAT in Juju o Jonathan Donahue in Herself. Sono per lo più progetti solisti che poi prendono una via diciamo “corale” in una dimensione live, accompagnato da musicisti di grande caratura, cui lascio molta libertà espressiva. Mi piace menzionarne i nomi, Andrea Chentrens e Vincenzo Schillaci (da sempre in JuJu), ed Ornella Cerniglia e Aldo Ammirata in Herself.

SODAPOP: come fai a decidere di lavorare come Herself o come Juju? È una cosa che parte a monte oppure a dipendenza di come esce la composizione viene piazzata sui due progetti?

GIOELE: No, parte a monte, assolutamente! Utilizzo un lato della mia personalità piuttosto che un altro nel momento in cui ho desiderio di concretizzare una particolare espressione. Sono due progetti che hanno un filo comune, anche da un punto di vista diciamo contenutistico però sicuramente parliamo di due cose piuttosto diverse, è abbastanza chiaro.

SODAPOP: quindi sei tu come one man band, appoggiandoti poi ad altri musicisti ed amici.

GIOELE: Sì, in studio sono progetti solisti mentre dal vivo diventano due band distinte.

SODAPOP: dove fai base al momento? Sei in Sicilia od altrove?

GIOELE: Di base sto in Sicilia, spostandomi periodicamente in relazione anche alle etichette, che per Juju sono prevalentemente nordeuropee piuttosto che statunitensi. Per Herself mi sono mosso sempre nei confini italici, eccetto il penultimo disco che ha avuto una produzione estera.

SODAPOP: Come mai questa scelta?

GIOELE: Quale?

SODAPOP: Di operare in italia come Herself con l’estero come Juju?

GIOELE: In realtà è capitato così perché i primi dischi di Herself uscirono su Jestrai, fu abbastanza naturale cominciare con l’ambiente italiano e la strada rimase abbastanza segnata. Ma non è mai una scelta in realtà, più che altro sono cose che capitano!

SODAPOP: C’è una differenza? Di strategia, politica, lavoro fra un’etichetta italiana e la tua esperienza fuori confine?

GIOELE: non parlerei di differenze qualitative quanto di differenze quantitative, per le quali dovremmo capire di che numeri stiamo parlando. Con Juju ad esempio ho avuto la fortuna di essere prodotto da una delle più grandi etichette neopsichedeliche in Europa ossia Fuzz Club, che ovviamente ha un suo particolare cabotaggio e forza commerciale. In tutte le altre etichette con le quali ho collaborato ho comunque sempre avuto la fortuna di trovarmi molto bene. Chiaro che il potere del numero è importante a livello di fruizione e di mercato .

SODAPOP: In che formato e tiratura escono i due dischi?

GIOELE: Con Fuzz Club (considera che con loro ho fatto quattro dischi più la ristampa del primo disco, che verrà presto ristampato) ci aggiriamo sulle mille copie più o meno, milleduecento, milletre, non ho i report attuali ma al massimo in duemila., ed il disco è uscito in vinile.

SODAPOP: Invece per quanto riguarda Herself?

GIOELE: Al momento come Herself ho firmato solo per il vinile. La formazione della band per questo disco sarà così composta: io chitarra e voce, Aldo Ammirata (violoncello e basso), Ornella Cerniglia (pianoforte e synth) ed Andrea Chentrens (batteria).

SODAPOP: Come già accennato suoni come band da una ventina d’anni abbondante. Ripensando ai tuoi inizi ti saresti immaginato di arrivare a questo punto dopo un periodo così lungo? Da che mondo musicale arrivi? Quali sono stati i tuoi ascolti storici?

GIOELE: Suono anche da più tempo, se consideri che avevo sette anni, quando ho imbracciato il primo strumento. Vengo dal rock, dal punk dalla new wave, dall’hardcore… Misfits, Bauahaus, Joy Division, Billy Idol, Waterboys, Telescopes, Michael Gira, Jim O’ Rourke… Ma davvero, potremmo continuare all’infinità senza riuscire a finire le liste!

SODAPOP: Ci sono stati dei momenti dove hai sentito che qualcosa stava cambiando e che forse quella sarebbe potuta essere la tua strada? Riesci a vivere di musica attualmente?

GIOELE: In un certo senso, sì. Il punto in cui sono, è il punto dal quale sono partito. La differenza è solo quantitativa. Molti dischi fatti, interviste, molti tour. Ma la vibrazione che anima la mia attività è sempre la stessa. Se ho ben compreso la domanda, credo quando il primo disco di Herself ha visto luce (in casa Jestrai come detto, prima label dei Verdena). Beh, poi è venuta la strada inglese… Col primo disco dei Lay Llamas su Rocket Recordings. E poi i dischi di JuJu su Fuzz Club. Ripeto, sono cambiate le possibilità, ma non lo spirito che anima la mia musica. La domanda sul vivere di musica è un po’ strana. Penso che la si rivolga spesso ai musicisti italiani, perché l’Italia è una giungla. Mai una rivista straniera mi ha fatto questa domanda. Penso sia uno stigma. Però sì, faccio il musicista, vivo di questo.

SODAPOP: Sei un musicista ormai maturo: come si è trasformato il tuo pubblico in questi anni? È composto principalmente da coetanei oppure ci sono anche frange più giovani che si approcciano a questa musica?

GIOELE: Credo la mia sia una musica in qualche modo “classica”. E l’elemento classico, seppur veicolato da una struttura attuale, prende trasversalmente il pubblico. Ai nostri concerti ho visto ventenni, appassionati del genere, e sessantenni. Categorizzare è un po’ difficile. Certo penso che chi ascolta trap, si tenga alla larga da questo genere. Ma penso sia anche giusto così. Io del resto non amo quel genere di roba.

SODAPOP: suonando da anni anche dal vivo ti sarà capitato di suonare con diverse band incrociandoci sui palchi…quali sono i progetti coi quali hai preferito accompagnarti?

GIOELE: 7) Ho avuta la ventura di conoscere e suonare con tanta gente. Beh, tra gli highlights annovero l’esperienza coi Mercury Rev, col cui frontman Jonathan Donahue ho collaborato; fare da supporto ai Goat, prima coi Lay Llamas poi con Josefin Ohrn, è stato fantastico. Ma anche collaborare con Chad Channing, già con i Nirvana e Luca Giovanardi dei Julie’s Haircut, come nell’ultimo disco di JuJu (Apocalypse Is God’s Spoiler), è stata una bella esperienza. Gente con cui risuono, tutto qui.

SODAPOP: Ipotizziamo che entrambi i dischi, sia Apocalypse Is God’s Spoiler che Spoken Unsaid siano dei bei successi che ti permettano di scegliere i produttori per i tuoi prossimi album. Chi sceglieresti è perché?

GIOELE: In qualche modo non è un’ipotesi. I dischi, entrambi, sono già stati accolti entusiasticamente, tanto da meritarsi (entrambi!) disco del mese su Rumore e Rockerilla, e un buon 10/10 su Levitation Magazine! Ma se intendi una questione staccatamente monetaria… cioè aver denaro per pagare un produttore? Allora direi il mio amico Donahue dei Mercury Rev, per JuJu, e un Michael Gira per Herself.

SODAPOP: Direi scelte ben azzeccate in entrambi i casi! Per concludere Gioele, al momento state suonando parecchio, avete per caso in programma date in Italia del nord od in Svizzera? Mi piacerebbe parecchio vedervi dal vivo!

GIOELE: Sì, abbiamo da poco concluso un tour in UK con JuJu, e stiamo per partire per i Balcani. Queste le date:

Apr 16 Sofia (BU) – Singles
Apr 17 Thessaloniki (GR) – Rover Bar
Apr 18 Kumanovo (MK) – Agora’
Apr 19 Nis (SRB) – O2 / Oxygen Event Club
Apr 20 Budapest (H) – Riff
Apr 25 Villafranca di Verona (IT) – Fine di Mondo
Apr 26 Sion (CH) – Point 11
Apr 27 Bologna (IT) – Binario 69