Indianizer: il viaggio, il traguardo, l’oasi.

Foto di Maria Rita Guzzo

Non conoscevo gli Indianizer, se non di nome, ma dopo l’ascolto di Oro, singolo in perfetto equilibrio fra italico pop e visionaria psichedelia farsi scappare una chiacchiera con il gruppo torinese sarebbe stato in vero peccato. Grazie all’intercessione di Davide Iurlano di Goodfellas mi sono quindi immerso nell’ascolto di Oasi, sesto album del collettivo, trovandomi all’interno di un vero e proprio viaggio fra psichedelia e canzone italiana. Rappresentanti in sede di intervista telefonica sono Gabriele Maggiorotto (batterista e dedito alle percussioni) e Riccardo Salvini, cantante della band e produttore artistico dell’album. Completano la formazione, assenti giustificati, Salvatore Marano a synth, piano ed organo e Marco Gervino alla chitarra.

SODAPOP: Ciao Riccardo, Ciao Gabriele, come state?

RICCARDO: Ciao Vasco, molto piacere!

GABRIELE: Ciao Vasco…sei lo stesso Vasco con il quale ci siamo sentiti di recente? (nell’intervista fatta recentemente ai SabaSaba per The New Noise, ndr.)

SODAPOP: Touché! Faccio ammenda, non conoscevo gli Indianizer fino a poco tempo fa quando su spunto di Davide mi sono prima innamorato di Oro per poi andare a curiosare nel vostro passato ed ascoltare a ripetizione Oasi, il vostro ultimo disco. Siete al sesto disco, dieci anni. È un coronamento, un processo in corso, un nuovo stadio? Come state?

RICCARDO: Indianizer è nato come progetto in duo, per poi diventare un gruppo in un paio d’anni. La missione degli Indianizer, artisticamente parlando, è sempre stata quella del viaggio e della trance, del ballo, mentre per quanto riguarda i testi, questi hanno subito un processo lungo i diversi album, rimanendo al momento legati alla lingua italiana, elemento che abbiamo introdotto nel nostro precedente lavoro. Oasi è certamente un nuovo inizio, soprattutto considerando come Radio Totem fosse un album oscuro dato il travaglio del decesso di un nostro membro, Matteo Givone, scomparso nel 2020. Con questo lavoro siamo in un certo senso rientrati in pista con nuovi orizzonti. Indianizer è una gran parte della nostra vita e del nostro suono ma siamo tutti comunque stati impegnati con altre cose, Gabriele come già avete anticipato suona con Sabasaba, io nei Cherry Pies assieme a Stefano Isaia dei Movie Star Junkies.

SODAPOP: Riccardo, sei storicamente l’autore di quasi tutti i brani a nome Indianizer; in Oasi però due di essi, sono firmati da Salvatore. È sempre successa questa cosa o c’è stata un’apertura in questo senso?

RICCARDO: è la prima volta ma non c’è stata alcuna riflessione a monte. In realtà l’inserimento dei brani firmati da Salvatore è stata una cosa molto naturale in una composizione di gruppo. L’album è nato unendo parole e musiche senza partire necessariamente da una parte o dall’altra, lasciando che si unissero fra di loro le fasi.

SODAPOP: Goodfellas produttrice del disco: com’è andata? È stata una collaborazione iniziata a monte e che vi ha portato alla registrazione oppure siete arrivati da loro con il prodotto finito?

INDIANIZER: Oasi è stato registrato da noi Indianizer. Salvatore, il tastierista, assieme a Massimiliano Zaccone si sono occupati di tutti gli aspetti legati alla registrazione, poi hanno mixato Massimiliano e Riccardo, il quale successivamente ha esplorato i nostri giri abituali per sondare il terreno, trovando una bella apertura da parte loro.

SODAPOP: La collaborazione con Goodfellas potrà portare ad un ampliamento del vostro pubblico? Penso a lovello di mercato capillare sul territorio essendo anche distributore? Per quanto riguarda invece il mercato estero, sia come vendita di dischi che come concerti che intenti avete come Indianizer?

INDIANIZER: Queste sono domande alle quali potremmo rispondere con cognizione di causa fra un anno circa, a consuntivo. Di certo possiamo dire che per quanto riguarda i concerti all’estero faremo tesoro dei rapporti e dei legami costruiti in tutti questi anni con le nostre diverse esperienze! Per quanto riguarda i dischi e più in generale la musica cantata in italiano crediamo fortemente possa essere una lingua fruibile dal publico internazionale, per semplice associazione melodica ed orecchiabilità musicale. Troviamo sia un po’ svilita da questa scelta continua di porsi come cantanti anglofono quando, dandogli la giusta importanza può essere una marcia in più!

SODAPOP: Non posso che concordare, del resto i grandi classici in italiano sono sempre esistiti e sono rinomati internazionalmente….L’Italia (e Torino) sono poli di multiculturalità e cultura di scambio. Pur essendo la vostra musica “altra” non stride mai con la lingua, è semplicemente una nuova cosa che ha senso, come potevano averlo i gruppi rap, reggae, o progetti come i Mau Mau 30 anni fa…

INDIANIZER: Grazie mille! Gli stimoli a Torino ed in Italia sono ovunque, da anni, il fatto che diversi stili e ritmi entrino e si esprimano attraverso la musica degli Indianizer è il senso stesso del progetto, che è nato e cresciuto per muoversi in un viaggio musicale.

SODAPOP: Siete in giro ormai da un decennio. Il pubblico è cambiato in questo periodo? Composto per la maggior parte da coetanei oppure vedete un ricambio con una linea più giovane?

INDIANIZER: Anche qui, visto e considerato il periodo di COVID e di immobilità al quale siamo stati costretto dovresti chiedercelo fra un anno. Dal nostro punto di vista torinese comunque ci sono situazioni, come quelle di musica garage e clubbing all’Imbarchino del Valentino, dove il pubblico è composto per lo più da ragazzi e ragazze ventenni con un’ottima partecipazione, mentre hai la possibilità di trovare il pubblico più anzianotto nelle serate post-punk offerte dai locali cittadini. Comunque Marco, che è insegnante di chitarra, ci racconta che gli studenti si prendono ed imparano le nostre partiture, il che è cosa molto gradita!

SODAPOP: Oro, come ho già avuto modo di esprimere, è un singolo pop con la P maiuscola. Entriamo nel mondo delle pure ipotesi…Oasi va alla grandissima e la vostra proposta mandata in un momento di euforia viene accettata all’Ariston. Ci andreste al Festival di Sanremo come Indianizer?

RICCARDO: Non succederà mai per mancanza di contatti, ci manca proprio il giro giusto e forse è meglio così, la sensazione poi è che chi ci va voglia in qualche modo risollevarsi a livello musicale e mediatico, ma potendo andare facendo il nostro perché no?

SODAPOP: Prossimo disco, budget maggiorato ed investimento di Goodfellas. Con chi vorreste provare a registrarlo se poteste scegliere?

INDIANIZER: Mmh, difficile dirlo, ci sarebbero diversi profili! Potendo sognare ci piacerebbe poter collaborare con Daniela Pes, crediamo potrebbe esaltare lati e sfumature diverse del progetto. Oppure un altro personaggio locale col quale ci piacerebbe molto collaborare sarebbe Manuel Volpe! Chiudiamo poi con un sogno, dovessimo scendere in campo internazionale di sicuro il top sarebbe lavorare con Panda Bear

SODAPOP: Qual’è la situazione giusta live per gli Indianizer? Siete un gruppo da concerto o da dancefloor?

INDIANIZER: L’idea della resa dal vivo di Indianizer è, come già detto in precedenza, quella della musica da trance e da vero e proprio viaggio. È anche vero che nella nostra esperienza ci è capitato di suonare nelle situazioni più disparate, su palchi enormi come quello torinese del Todays oppure al festival Trans Musicales di Rennes così come in situazioni senza palco in spiaggia. In ogni occasione prevale un lato o l’altro di Indianizer, l’importante è che l’equilibrio fra platea e band risulti essere continuo e verso il medesimo punto.

SODAPOP: Qual’è l’Oasi degli Indianizer?

INDIANIZER: L’Oasi è uno spazio rigoglioso nell’aridità. Non naturale, anche se è un tema molto attuale e che ci sta a cuore, ma in quella sorta di inaridimento sociale che purtroppo ci circonda tutti. OASI parla di esseri umani, di relazione umane. È la ricerca di un recinto fertile dal quale operare e creare.

SODAPOP: Grazie mille Indianizer!