Wora Wora Washington – Mirror (Shyrec, 2016)

Mi ricordo della prima volta che ho visto i Wora Wora Washington. Sono capitata a una data del tour di Radical Bending (due album e qualche anno fa) e so di aver pensato due cose: prima di ascoltarli, che con un nome così callofonico mi sarebbero piaciuti un sacco a prescindere dalla musica che facevano e, dopo averli ascoltati, che mi piacevano proprio un sacco anche per la musica che facevano. Bene, a distanza di qualche tempo – e seguiti nel loro percorso – continuo a confermare entrambi i pensieri. Questi due veneti inquadrabilissimi come amanti e ambasciatori della scena industrial/new wave anni 80, sfornano, a mio parere, un lavoro più bello dell’altro. Mirror, già dalla cover (artwork di Marco Lezzerini) parla di Spazio. Sì, ok, lo spazio inteso come Universo, viaggio in mondi-altri ed è, questa, una lettura che trovo molto adatta al disco – We Sway, traccia-inno al Synth o Mirror, splendida title track che mi evoca la colonna sonora di una storia futuribile à la Blade Runner per interderci…- ma intravedo (o più corretto dire intrasento?) anche un concetto di spazio fisico. I suoni dilatati e costruiti livello dopo livello di Intro: Risin Sun che aprono magistralmente il disco, o Pillars, o ancora Fear Is Over – il mio pezzo preferito di Mirror – dove la sovrapposizione sonora di cose che appaiono inizialmente distinte va ad incastrarsi con una perfezione geometrica che mi fa pensare allo scorrere del tempo in senso filosofico. I tre quarti d’ora in cui il terzo lavoro degli WWW ti avvolge in un pianeta a parte, il loro. Le orecchie e la mente sentitamente ringraziano. Troppe parole importanti e magari tante seghe mentali quando la semplicità dei fatti è la seguente: penso che Mirror sia un ottimo lavoro dalla grande e non scontata capacità di coinvolgerti. Stando a quel che ho scritto, moltissimo.