Matteo Uggeri: “music for those who want to live in their own small world” (Grey Sparkle)

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Immagino che Hue (al secolo Matteo Uggeri) e gli Sparkle in Grey non risultino proprio una novità per molti nostri aficionados e, se così fosse, potremmo azzardare che si trattasse solo di una questione di tempo. Un'adolescenza elettronico-industriale, delle incursioni decise in "post rock" e "melodia", "quasi pop" e field recording hanno evidentemente formato le orecchie e i gusti del milanese Hue, che da puro fruitore è passato dietro al computer in veste di musicista e produttore. Se Passo Uno e Sparkle in Grey sono facilmente associabili alla melodia, di tutt'altra forgia sono il suo ultimo lavoro solista intitolato Un'Estate Senza Pioggia e le collaborazioni con Maurizio Bianchi (in via di completamento) e con Punck per quel piccolo capolavoro che è A Constant Migration ancora fresco di stampa per la storica Creative Sources. "Music for those who want to live in their own small world" viene riportato sul sito che collega tutte le sue attività (www.greysparkle.com), ma a vedere bene, data la quantità di collaborazioni avviate da Uggeri, si potrebbe supporre che il suo piccolo mondo così minuto non lo è, oppure che che questo "small world" è quanto meno in espansione. "Il ragazzo si farà anche se ha le spalle strette"?

SODAPOP: Partiamo da un classico, ovvero: come hai iniziato a suonare e, vista la mole di materiale che hai fatto uscire e a cui hai collaborato negli ultimi anni, come hai iniziato e come ti mai ti sei specializzato nell’uso del laptop?
MATTEO: Ho iniziato a suonare più di dieci anni fa, nel '94, con un progetto delirante ispirato al libro di Max Stirner Der Einzige, per il quale mi ero preso una sorta di infatuazione adolescenziale studiandone un paragrafo quand'ero al liceo. In realtà a quel tempo non sapevo neppure cosa fosse un laptop, ma mio padre aveva un 386 dell'IBM che mi lasciava usare per giocare. Il problema è che era troppo scarso come PC, così dovevo usare campioni a bassissima risoluzione e loop brevissimi, quindi finivo per usare in prevalenza nastri ed altre amenità per creare dei ritmi: nastro adesivo sui vinili, uso delle cuffie al posto di un microfono (che appunto non avevo) e registrazioni di chitarra fatte da altri amici. Il tutto è più o meno documentato nel disco Cheap Material Music, nel quale in pratica tentavo più o meno coscientemente di imitare i miei miti del tempo, ossia roba della Cold Meat Industry (Brighter Death Now ecc…) o gli SPK. Dopo quella fase ho iniziato a fare musica con i Norm, seguendo procedimenti simili ma via via più complessi man mano che mio padre acquistava PC più capaci, fino al punto in cui ho potuto iniziare ad usare un sequencer per DOS, il mitico (per altri nerd come me) Fast Tracker. Con quello, assieme ad Ago e agli altri dei Norm che suonavano chitarre 'vere', basso ed altri oggetti trovati in casa (dal trapano al gatto), riuscivamo a fare cose vagamente più ascoltabili e perfino marcatamente ritmiche, quasi EBM / New Wave a tratti, ma sempre lo-fi in modo imbarazzante.
Un vero laptop l'ho comprato mi pare nel 2003, ed è quello con cui ho realizzato Un'Estate Senza Pioggia, tutt'altro genere di cosa. Mi sono specializzato nel suo uso più che altro credo perché non sono mai stato in grado di suonare uno strumento 'vero', ma mi è sempre piaciuto da morire avere il controllo sui suoni e sul modo in cui essi si strutturano, forse un'attitudine più da produttore che da musicista…

SODAPOP: Mi sembra che abbia trovato la tua "arma" comunque, ora vedo che stai differenziando ulteriormente la tua produzione, dalle melodie di Sparkle in Grey e Passo Uno alle collaborazioni con Punck e Maurizio Bianchi (a cui so che stai lavorando)?
MATTEO: Sì, diciamo che l'uso del laptop è in effetti una costante di quello che faccio, sebbene poi a livello di suoni ciò che compare nei vari dischi cambia parecchio. La collaborazione con Passo Uno è nata perché avevo apprezzato molto il loro CD-R su Trazeroeuno, e a sua volta a Stefano de Ponti piaceva Un'Estate Senza Pioggia, così mi ha chiesto di mixare il disco ed inserire delle parti di field recordings. Poi io mi sono spinto un po' più in là ed ho creato alcuni brevi brani (i vari interludi) assemblando scarti delle loro registrazioni e rumori vari. Con Punck invece la cosa è nata più per gioco: siamo amici da tempo e mentre eravamo ad un concerto mi ha detto che aveva quasi pronto un nuovo disco ma che era stufo di lavorarci e risentirlo, così voleva che qualcuno ne curasse il master finale con eventuale aggiunte. Dato che eravamo anche un po' ubriachi, abbiamo pure deciso di metterci dei campioni dei Feelies (gruppo che lui adora) quà e là, cosa che ho prontamente fatto. Ora aspettiamo solo la loro denuncia. Però ci ho aggiunto anche diversi suoni miei ed ho mixato tra loro le tracce, nel tentativo di rendere leggermente più fluida la sua musica. Mi ha quasi sorpreso che alla fine il risultato gli sia piaciuto, ma mi ha gratificato molto! Con MB invece si tratta di collaborazioni più complesse, di due dischi separati. Il primo, Erimos, vede me e Fhievel (Luca Bergero) alle prese con i suoi campioni e nostri. E' un lavoro molto sperimentale e rarefatto. Il secondo (Nefelodhis) consiste invece in registrazioni improvvisate da parte degli Sparkle in Grey sui suoni di Maurizio. Ne è uscito un lavoro stranissimo, dove le chitarre, il violino ed altri strumenti 'rock' si intrecciano ai suoni di MB. Speriamo di poterli pubblicare entrambi presto… Nefelodhis dovrebbe uscire quest'anno per Cold Current.

SODAPOP: Direi che sei coinvolto in parecchi progetti, per altro molti sono anche molto fruibili eppure allo stesso tempo non sei ancora molto conosciuto. Credi che dipenda dalla qualità di ciò che suoni, dalla fortuna, al contesto (ad esempio la Afe è più famosa per altri generi che non per il post rock elettronico) o dall’evidenza che viene data a certi progetti in ambito nostrano?
MATTEO: Di certo non parlerei di sfortuna, anche se pure quella conta in questo come in altri ambiti. La prima ragione credo sia legata alla mia stupida ritrosia nell'inviare materiale alle etichette. Dal '94 al '99 circa ho fatto una dozzina di dischi, ma mai ne ho spedito uno, non so neppure io perché. Sia io che le altre persone con cui suonavo eravamo forse troppo insicuri per pensare che la nostra musica potesse interessare a qualcuno. Oggi faccio il contrario, e mando pacchi di roba in tutto il mondo, e perfino ne pubblico io stesso con Grey Sparkle, e riascoltando quelle vecchie cose mi mangio un po' le mani, perché credo che dieci anni fa avrebbero avuto molte più possibilità rispetto ad oggi, poiché ora il 'mercato' è un po' saturo. Poi sì, Afe è famosa forse più per la dark-ambient o le cose sperimentali, ma ingiustamente, dato che propone davvero decine di generi diversi e tantissime cose valide… S
ul versante geografico/culturale devo darti ragione: in Italia è molto più difficile che all'estero farsi ascoltare proponendo musiche diciamo 'alternative'. Vale anche all'estero, ma da noi forse di più. Ad ogni modo, ora non me ne preoccupo più, dato che con gli Sparkle in Grey abbiamo deciso di puntare solo sul fattore estetico e sessuale. Saremo la prima fichissima boy band del giro sperimentale post rock! Ci vedrai su MTV…
huetrapano
SODAPOP: In questo progetto di commercializzazione e svendita globale in che contesto rientrano le collaborazioni con Maurizio Bianchi (uno famoso per il suo “potenziale pop”)?
MATTEO: Sappiamo che MB è l'idolo dei ragazzini oggi, e quindi ne approfittiamo! Su MTV non si vede altro che video suoi o degli SPK… Vorremmo proporre Sparkle in Grey come la prima boy-band depressiva per ragazzini complessati.
Be', ovviamente sto scherzando, anche se è pur vero che al giorno d'oggi, sempre nelle fasce così dette 'alternative', c'è una certa attenzione verso il rumore, come fosse un po' trendy. Giustamente io ho fatto noise quando non piaceva a nessuno e cose più melense adesso, sempre al passo coi tempi! Tra l'altro, pure le due collaborazioni con Maurizio sono piuttosto melodiche, sebbene molto sperimentali e decisamente cupe. Si tratta di due CD su cui abbiamo lavorato molto, ed ovviamente mi ha onorato tantissimo la richiesta di collaborazione da parte di Maurizio. Non finirò mai abbastanza di ringraziarlo: è stato davvero come avere l'opportunità di suonare con uno dei musicisti che da ragazzo in qualche modo idolatravo (e qui il cerchio si chiude… in gioventù ero uno dei suddetti ragazzini complessati!).

SODAPOP: Per quanto sia Sparkle in Grey, Passo Uno ed il tuo disco solista non siano per nulla privi di melodia uno non si immaginerebbe mai del tuo amore inveterato per molto pop ed “indie che vende”?
MATTEO: Aaaah!!! Beccato, sì… Confesso di avere gusti molto eterogenei in fatto di musica… Tra i miei amori trovi i Controlled Bleeding come anche gli Housemartins, è verissimo. Cambia molto a seconda dei momenti della giornata o di quel che sto facendo: se sono in auto in vacanza sarà più facile che sullo stereo ci siano gli Editors piuttosto che i Throbbing Gristle, ma se passo una sera a casa a rilassarmi ascolterò magari i Tape o Basinski. Poi è anche una questione di convivenza: se invito amici a cena non posso sottoporli all'ascolto dei Labradford per ore, si impiccherebbero. Però distinguo tra i musicisti che stimo e quelli di cui semplicemente apprezzo la musica. Non ho in camera il poster di Brian Molko… (a dire il vero neppure quello degli SPK, sarebbe raccapricciante), e non posso dire mi stia simpatico, mentre per esempio per Lustmord ho una vera passione.

SODAPOP: Beh, visto che citi Lustmord… com’è che lui ed il tipo degli SPK o Goldwater lavorano per Hollywood, Ambarchi e Kryakydes ricevono commissioni da enti nazionali e i loro corrispettivi italiani se va bene suonano di fronte a due punkabbestia ubriachi? Più bravi o c’è altro?
MATTEO: Proprio in questo momento sto ascoltando dei brani di Sshe Retina Stimulans, ossia di Paolo Bandera dei Sigillum S, che potrebbero giusto appartenere a quella schiera di gente che forse meriterebbe la stessa fama dei loro corrispettivi d'oltreoceano… Sinceramente non ti so dare una risposta precisa: rimasi abbastanza sconvolto quando scoprii che Graeme Revell ha una villa a Beverly Hills, però non credo che questo significhi essersi necessariamente "venduti" a Hollywood.
Gli artisti attraversano varie fasi, se loro sono riusciti a fare successo tanto di guadagnato, ma non li giudico. Peraltro Lustmord mi pare da alcune interviste sia rimasto umile (e neppure è ricco). Purtroppo però qui in Italia è certo più difficile vedere riconosciuto il proprio lavoro artistico: i fattori che causano questo sono tanti ma non credo di saperli sviscerare… Certo è che per chi fa musica diciamo 'sperimentale' (per quanto questo possa significare), l'Italia è un paese pessimo (vedi la fuga a Berlino di alcuni nomi celebri – all'estero, appunto – come Rocchetti, OvO, e presto Tricoli…).

SODAPOP: Perché suoni? Spesso indipendentemente dal disco ti occupi di generi di nicchia o comunque di quantità esigue: è solo voglia di esprimersi o c’è altro?
MATTEO: Innanzitutto mi piace creare della musica che mi soddisfi. In buona parte è uno sfogo, o forse lo era più una volta ai tempi della mia fase industrial come Normality/Edge. In altri casi, più frequenti oggi, ho delle idee in mente e cerco di realizzarle. In più mi piace moltissimo suonare con altri: è una forma di comunicazione creativa. In particolare con Alberto, Cris e Franz degli Sparkle in Grey forse oggi riesco a fare della musica molto valida (sempre dal mio punto di vista, ovvio), grazie anche alle loro competenze melodiche (che a me mancano) e ritmiche. A volte suonando con loro vado davvero in estasi (e senza droghe, ma potrebbe essere la muffa che c'è dove proviamo). Ad ogni modo, le soddisfazioni non mancano, anche solo sentire dei commenti positivi alla fine di un concerto o dopo aver fatto ascoltare un proprio disco a qualcuno è pur sempre assai appagante. Quando i Tasaday si sono complimentati con noi alla fine di un live quasi svenivo. Segretamente però di tutto questo non mi importa nulla: voglio solo diventare come Robbie Williams ed essere l'idolo di milioni di ragazzine acefale.

SODAPOP: C’è un concetto base dietro ad Un’Estate Senza Pioggia? a tratti sembra una collezione di "field-recordings" da una vacanza ed agghindate con gli interventi di alcuni amici, o sbaglio?
MATTEO: In realtà l'idea di realizzare un disco di field recording l'avevo da tempo. Anche in The Echoes Of Thiiings i suoni elettronici si mischiavano con registrazioni sul campo, o meglio casalinghe (oggetti di vario tipo), ma quando sono entrato in contatto con gli artisti del giro di Oltre Il Suono ed iXem sono rimasto molto affascinato da quello che alcuni di loro (come ad esempio i Logoplasm) facevano senza né strumenti né elettronica. Quindi quando ho deciso di fare quella vacanza mi sono portato dietro tutte le attrezzature necessarie con l'idea di registrare dei suoni per un disco. Solo in seguito ho deciso di strutturarlo per tappe. Poi però ricaddi nel demone della melodia quando, l'anno dopo, cominciai ad assemblare il tutto. Mi incontrai con Aal ed assieme registrammo, nel giro di un pomeriggio e di una damigiana di vino, tutte le parti di chitarra elettrica e la fisarmonica, che poi io assemblai con il resto. Le altre parti strumentali (ad eccezione di quelle elettroniche, mie) le registrai direttamente con Giuseppe Verticchio e Andrea Marutti, nell'anno stesso del viaggio, in Abruzzo. Quindi: nessun particolare concept, solo il desiderio di documentare quel viaggio e quell'estate terribilmente calda. Quello che mi piace dei field-recordings del disco è che (forse è solo un'impressione mia) trasmettono davvero il senso di aridità, secchezza e immobilità del paesaggio in quei giorni. L'anno dopo tentai di registrare ancora, ma era molto più umido e meno assolato, ed i suoni avevano tutta un'altra tessitura, meno interessante. Oggi sto cercando di orientarmi verso brani con meno parti suonate e più field-recordings.

SODAPOP: Però vedo che sei ancora molto orientato alle collaborazioni, quindi non è dovuto ad un’esigenza di fare tutto più in solitario esatto?
MATTEO: No, assolutamente. Uno di tali dischi sarà infatti assieme a Nuno Moita (Grain Of Sound), il quale provvederà a fornire soundscapes da intrecciare ai miei field-recordings. Non riesco quasi più a suonare da solo, non so se mi fa tristezza o che, ma ho bisogno quasi sempre di un confronto diretto, e poi anche dell'entusiasmo di qualcun altro, altrimenti troppo facilmente il mio viene meno. A volte provo la necessità di 'fare tutto come voglio io', senza dover per forza lavorare con altro, ma è quasi solo per i miei sporadici live set come Hue…

SODAPOP: Cosa ti piacerebbe che rimanesse di ciò che fai?
MATTEO: Questa sì ch'è una domanda difficile. Ciò che desidero resti del mio fare musica è cambiato di continuo negli anni. Ai tempi di Normality/Edge mi andava più che bene la mera piccola soddisfazione personale d'aver fatto qualcosa di mio gradimento ma poi, conosciuti altri musicisti, ero felice di sapere che il mio lavoro piaceva anche a loro (ricordo che stampavo le mail di gente come Raffaele Serra o del mio grande amico Luca Sigurtà  quando mi facevano i complimenti per la mia musica).
Più tardi il mio sogno è diventato essere recensito da una qualche rivista, ma ora che Blow Up e tante webzine han trattato bene un paio di miei dischi anche quello non mi basta. A volte penso che sia quasi una droga, meno malsana d'altre, ma pure questo fare musica e dedicarvisi con tanta dedizione crea quasi dipendenza. Ora anelo qualche ascoltatore in più, ed aver pubblicato dischi a mie spese con Grey Sparkle mi spinge chiaramente a volerli vendere. Non so a cosa mi porterà questo, spero solo di saper calibrare le energie che spendo nel fare e promuovere musica senza dover rinunciare a troppe cose.
Tutto questo mi fa venire in mente un aneddoto (e qui chiudo davvero come un vecchio nonno logorroico) relativo ad un amico che suonava in un gruppo rock delle mie parti, i Tconzero. Mi disse che ad un concerto altrui, mentre era in bagno, aveva avuto l'occasione di ascoltare due tizi parlare mentre si lavavano le mani. "Qui settimana prossima suonano i Tconzero, li conosci?" "Sì, cazzo, ho sentito dire che sono grandi, io vengo di sicuro!". Il mio amico mi disse che per lui quella era la più grande soddisfazione cui poteva aspirare, e che a quel punto poteva anche smettere di suonare (cosa che ha fatto, ma per altre ragioni).
Io spero che rimanga qualcosa di più di un complimento colto in un cesso pubblico, ma per ora mi accontento anche di quello. Cosa resterà, non ne ho proprio idea.