La formula "duo = [batteria + (altro strumento a caso)]", negli ultimi anni ha spopolato, vuoi per i bassi costi di gestione, vuoi perché avviare rapporti con il prossimo e mantenerli e trovare oggidì più di due persone che riescano ad andare d’accordo può essere un’impresa non da poco… Oppure immagino che in due sia tutto più facile, dagli spostamenti in auto con i sedili posteriori coperti di strumentazione alla gestione delle consumazioni omaggio durante i concerti… A partire da gruppi mainstream come White Stripes, a cose più underground come Ruins, Lightning Bolt, Hella, Hanged Up, o per citare qualche italiano G.I. Joe e Bachi Da Pietra, ce ne sono decine e per tutti i generi. Non che sia un problema, ma semplicemente la constatazione di un dato di fatto, poi se è buona musica uno o trecento non dovrebbe fare differenza, ma ci tenevo a riempire qualche riga in più del solito con dei discorsi campati in aria.
Dopo quest’inutile introduzione veniamo ai That Fucking Tank, dove ai tamburi percossi da James Richard Islip va sommata la chitarra baritono di Andrew Derek Ross Abbott. Il risultato, anche se non brilla per originalità, è estremamente divertente e godibilissimo, in particolare oltre un certo livello di volume. Se il filone in cui vanno ad infilarsi apparentemente potrebbe essere quello di estrazione math rock alla Don Caballero o Battles, epurata ogni tentazione avant o noise, quello che rimane è una collezione di riff estremamente funzionali e quasi ballabili, ritmi dritti e potenza, un misto di Death From Above 1979, Van Halen, Don Caballero e AC/DC, il tutto in salsa esclusivamente strumentale. Detto ancora che dal vivo i due dovrebbero fare la loro sporca figura, su disco il tutto regge per un numero limitato di ascolti, superato il quale il rischio è quello di dimenticarsene in fretta, anche se devo ammettere che certi momenti sono così accattivanti e coinvolgenti che questo numero potrebbe non essere così limitato come immagino.