Fine Before You Came + Vulturum – 25/09/09 Arci Kroen (Villafranca – VR)

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Lontani nello stile musicale ma vicini nello spirito, essendo nati, in tempi diversi, dal substrato della scena punk hardcore degli anni '90, Fine Before You Came e Vulturum dividono questa sera il palco del Kroen. Un abbinamento, quindi, anomalo solo in apparenza, teso invece a soddisfare, almeno in teoria, il lato più fisico e quello più emotivo di ognuno di noi.
Sono i Vulturum a inaugurare la serata: la metamorfosi che subiscono questi tre allegri cazzoni, che una volta salti sul palco si trasformano in un'implacabile macchina da guerra, farebbe impallidire lo stesso Robert Louis Stevenson. Una chitarra e due batterie ridotte all'osso è tutto ciò che serve al gruppo per catturare la platea, fra ritmi impazziti e giri di chitarra ora sludge, ora quasi black metal, per quasi quaranta minuti. Diversamente dal disco, dove l'approccio è più mediato, qui l'attacco è frontale, coi pezzi doomeggianti che crescono lenti fino alla lunga esplosione finale, simile a un cataclisma in loop. La voce, non del tutto a suo agio col cantato, trova la sua dimensione nel farsi grido, le batteria procedono prima all'unisono, poi incrociano i ritmi e alla fine divergono, causando slogature ai colli degli incauti headbanger. Versione iper concentrata dei Neurosis più tribali, i Vulturum conquistano, grazie alla coinvolgente ritmicità, un pubblico ben più ampio di quello della scena post-core, di cui sono fra gli esponenti migliori e certamente più originali e già questo non è un merito da poco.
finebefore___________youcame_____kroenAscoltarsi dell'hardcore melodico dopo un'esperienza del genere è un po' come farsi una birra dopo essersi sbronzati di grappa. Oddio, qui non si vomita, ci mancherebbe, ma è chiaro che l'apice emozionale della serata è già stato toccato. I Fine Before You Came, condizionati dalla non perfetta forma fisica dovuta ad alcuni mesi di inattività, propongono una scaletta incentrata sul nuovo Sfortuna. Dal vivo le aperture stilistiche che rendono interessante un album per forza di cose interlocutorio (essendo il primo cantato in italiano), si perdono in favore di uno stile emo novantottino in cui il gruppo si trova evidentemente più a proprio agio, ma che dimostra tutti i suoi diec'anni e passa. Non fa eccezione il corollario di mossette, chitarre alzate al soffitto e duetti al microfono fra cantante e chitarrista, che rimanda addirittura all' '88, diciamo pure Bon Jovi. L'esperienza, unita alla simpatia dei personaggi, regala comunque al pubblico un buon concerto, ma stasera il segno lo hanno lasciato altri.

Foto di Elena Prati