Luther Blissett: il suono sanguigno dell’improvvisazione

Luther Blissett. Da Bologna. Due dischi all’attivo. Il perché di questa intervista sta tutto nel ricordo di un concerto, risalente a qualche anno fa, dove fecero fuoco e fiamme sul piccolo palco del Tago Mago. Poi i due dischi, uno, il primo, più vicino ad un’estetica jazz core, l’altro, il secondo, più aperto all’impro, dotato di un’anima pesante e scura e parzialmente frutto di cut up sonori selvaggi. Insomma, quello che nel mio immaginario di ascoltatore/consumatore musicale è il classico gruppo che “spacca” di cui, purtroppo, si parla troppo poco.

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Hobocombo – Plays Video Days (Trovarobato, 2011)

Una piccola cosa questo EP in download gratuito degli Hobocombo, ma che merita una segnalazione, sia per la scelta delle cover, sia per il modo in cui vengono eseguite. Se infatti abbiamo conosciuto il terzetto come cover band (per quanto sui generis) di Moondog, mai ce li saremmo aspettati alle prese con estratti della colonna sonora di un leggendario documentario sullo skate.

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Luca Collepiccolo: da Blast a Blow Up magazine, il Lester Bangs capitolino?

Non ho mai amato l'idea di critica musicale e nonostante lo menzioni nel titolo, Lester Bangs mi mette tristezza, la pseudo sociologia di Simon Reynolds mi annoia ancora di più, per non parlare dei suoi epigoni dell'ultima ora che passano da ascoltare i Bluvertigo (… e in questo non ci sarebbe nulla di male), a "trovarsi" esperti di musica indipendente o addirittura di avanguardia dopo cinque minuti, ma in fin dei conti questa è la patria dei "tuttologi", il paese in cui tutti siamo più furbi e genericamente "più meglio" degli altri. Nonostante questo, capisco l'utilità delle riviste, della critica (di quella un po' meno) ed nonostante uno poi diventi un rompi coglioni come il sottoscritto, nessuno è "nato imparato" e quindi è normale che i più giovani e i "non addetti al settore" cerchino qualcuno che li accompagni e li orienti. C'è stato un tempo in cui da sbarbatello sono stato un avido lettore di riviste e c'è stata qualche "penna" che mi ha influenzato nel comprare dischi e nello sperimentare gruppi nuovi, Luca Collepiccolo è una di queste.

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The Dirty Projectors – Rise Above (Dead Oceans, 2007)

Six Pack, Gimmie Gimmie Gimmie, Rise Above, Thirsty And Miserable, Police Story e così via, eh si, i titoli che si leggono sulla copertina del nuovo disco di Dirty Projectors, come è facile intuire, sono proprio quelli di Damaged dei Black Flag. Sull'onda dei ricordi dei suoi ascolti adolescenziali infatti David Longstreth, titolare unico della sigla Dirty Projectors, aiutato in questo disco dai musicisti che lo hanno accompagnato nel suo ultimo tour americano, tenta una rivisitazione del seminale disco hardcore attraverso la lente del suo pop visionario.

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