Luther Blissett: il suono sanguigno dell’improvvisazione

Luther Blissett. Da Bologna. Due dischi all’attivo. Il perché di questa intervista sta tutto nel ricordo di un concerto, risalente a qualche anno fa, dove fecero fuoco e fiamme sul piccolo palco del Tago Mago. Poi i due dischi, uno, il primo, più vicino ad un’estetica jazz core, l’altro, il secondo, più aperto all’impro, dotato di un’anima pesante e scura e parzialmente frutto di cut up sonori selvaggi. Insomma, quello che nel mio immaginario di ascoltatore/consumatore musicale è il classico gruppo che “spacca” di cui, purtroppo, si parla troppo poco.

SODAPOP: So che nel tempo intercorso tra i due dischi c’è stato qualche rimaneggiamento della line-up dei Luther Blissett, chi è uscito? E chi è entrato? Cominciamo con un’introduzione al gruppo e a chi ci suona…
LUTHER BLISSETT: Si, ci sono stati dei rimaneggiamenti all’interno della line-up. Un gruppo ha bisogno di elementi attivi che si impegnino a portare avanti il progetto e che contemporaneamente contribuiscano a creare il sound di una band. Abbiamo cominciato come duo basso e batteria, poi ci siamo allargati a quintetto. Successivamente al primo disco abbiamo lasciato per strada il contrabbasso e cambiato chitarrista. Ciò detto, Luther Blissett si muove nell’anonimato e nella coindividualità: non facciamo né i nostri nomi né quelli di chi ha fatto parte del progetto. Quel che ci interessa è il risultato finale, la musica che viene fuori dall’alchimia delle nostre personalità. Coloro che ci hanno seguiti nel tempo sanno che i nostri live sono sempre diversi e che spesso si avvalgono di collaborazioni, anche inaspettate. Abbiamo suonato in sestetto con Ken Vandermark e subito dopo il primo disco abbiamo provato a rinforzare la sezione fiati, facendo concerti in ottetto con sax baritono, sax tenore e trombone; oppure di recente a Xm24 abbiamo imbastardito il nostro sound con un artista techno, con risultati a dir poco strabilianti! E poi ovviamente c’è la voce che nel secondo disco compare a intermittenza… quel che ci piacerebbe davvero è essere irriconoscibili, cambiare pelle di volta in volta… ci interessa la multidirezionalità, l’infinito… per questo le composizioni e la composizione di Luther Blissett sono aperte: tanta improvvisazione, tantissima, da rendere irriconoscibili, sera dopo sera, i nostri pezzi. Chissà quale sarà la line-up del prossimo disco…

SODAPOP: Beh, devo ammettere che del sestetto con Ken Vandermark non ero a conoscenza. E’ stata una collaborazione ristretta al live insieme o ha fatto, o fa, parte di un progetto più ampio? Ma più in generale, come avvengono e su quali presupposti si sviluppano gli incontri con gli altri musicisti che di volta in volta rimangono coinvolti nel progetto?
LUTHER BLISSETT: Ken l’abbiamo incontrato prima di pubblicare il nostro primo disco alla scuola di musica popolare Ivan Illic di Bologna. Suonava con il trio di Ab Baars. In quel periodo eravamo molto presi dai suoi progetti, soprattutto i Vandermark 5. Gli abbiamo lasciato la registrazione di un nostro live e siamo rimasti in contatto epistolare per un po’. Poi, visto che a Ken piaceva il nostro progetto, abbiamo deciso di andarlo a trovare a Chicago dove abbiamo fatto qualche concerto con lui. Ci ha fatto conoscere la sua cricca, i suoi locali, prestato gli strumenti e consigliato su come muoverci e cosa mangiare! E’ stato gentilissimo. Ci ha anche prestato il suo scantinato per provare. Non finiremo mai di ringraziarlo! Da allora siamo rimasti in contatto, quando pubblichiamo qualcosa glielo inviamo e gli chiediamo che ne pensa. Fra l’altro è un jazzista un po’ anomalo. Nel suo scantinato c’erano poster dei Mudhoney e centinaia di copie del disco Zu + Spaceways Inc. ed è molto amico dei membri dei Jesus Lizard, che sono anche il suo gruppo rock preferito. Una persona davvero speciale!
Per rispondere alla seconda parte della domanda direi che il presupposto è ovviamente la stima reciproca. E la possibilità di aprire i nostri orizzonti a cose nuove. E’ necessario contaminarsi per cambiare. Alcuni incontri sono voluti, come quello con Vandermark e con l’ottetto di cui si parlava prima. Alcuni altri sono totalmente fortuiti. Prendi il cantante che figura nel nostro secondo disco: ci siamo incontrati per caso a Hull, nello Yorkshire, dove tenevamo un concerto con un nostro gruppo parallelo, i Filario Farinoppo. Lui apriva per noi. Un freddo porco e sette persone di pubblico. Il tipo attacca. Afferra una carriola con sopra uno di quei schedari da ufficio vecchio tipo, di zinco e comincia a manovrarla avanti e dietro. La carriola emette cigolii striduli e assordanti. Poi comincia a recitare questa poesia sui porti sempre facendo scricchiolare la carriola avanti e indietro. Ma lo fa come lo farebbe un cantante hardcore, con la stessa ritmica, la stessa foga. Cazzo! pensiamo, è lui! Folgorazione. Testi bellissimi e performances strabilianti. Hai un posto nei Luther! Poi ci siamo conosciuti meglio, abbiamo letto tutti i suoi testi, viste tutte le sue performances su youtube. Abbiamo cominciato a mandargli delle musiche, lui ce le rimandava indietro con la voce sovraincisa. la cosa funzionava, e come! Siamo tornati in Inghilterra, abbiamo suonato insieme dal vivo. E la prova è la traccia nascosta che c’è su Bloody Sound, registrata dal vivo appunto ad Hull. l’abbiamo portato anche in Italia per un tour che è andato benissimo. Massacrante ma bellissimo.

lutherblissettinterview2SODAPOP: A proposito di registrazioni, come lavora Luther Blissett? I brani del primo album mi sembravano molto composti e strutturati, con frasi musicali riconoscibili, Bloody Sound invece suona più magmatico, con moltissima impro dentro, e pare esserci più lavoro di studio di registrazione, intendo cut and paste e cose del genere…
LUTHER BLISSETT: Beh, hai colto nel segno! Il primo disco suona più strutturato e in alcune parti anche più progressive e funk se vogliamo. Qualcuno si è lamentato in recensione della mancanza di queste influenze parlando del secondo disco. Comunque se si pensa a quel che abbiamo detto in precedenza sulle influenze del periodo (Vandermark 5, Ornette Coleman, Steve Coleman), è più che comprensibile che il disco sia venuto così. L’abbiamo registrato ad agosto 2009 al Fiscer Prais studio di Rico Uochi Toki ed è stata un’esperienza bellissima e stressantissima dove abbiamo imparato tanto e l’esperienza che abbiamo fatto da Rico è stata fondamentale per il disco successivo. E’ stata una registrazione a dir poco rocambolesca e caotica. Avevamo prenotato lo studio per dieci giorni confidando che questo era il tempo necessario per fare tutto il disco mixaggio compreso. La prima idea era quella di registrare tutto dal vivo, avevamo i pezzi pronti da un anno e pensavamo di potercela fare. Purtroppo però la stanza anecoica di Rico è davvero troppo piccola per noi, abbiamo provato per un paio di giorni con questo metodo ma suonare a bassissimo volume per noi è impossibile, i rientri facevano paura (considera che nella stanza oltre alla batteria c’erano pure contrabbasso e sax) sicché in tre giorni non siamo riusciti a fare una mazza salvo che registrare le impro Mekkanimal, Canzone Per Paola, Nan ‘o War e D.B. A quel punto abbiamo deciso di cambiare completamente metodo e registrare tutto traccia su traccia. Abbiamo fatto il basso e la batteria per tutto il disco in un’ora e mezza. Poi abbiamo registrato tutti i temi e gli stacchi. Infine abbiamo fatto le impro… senti che casino: nella stanza anecoica c’erano chitarra e sax, in quella reverberata il contrabbasso. Abbiamo fatto le take facendoli suonare tutti e tre sulla base ma mantenendo in registrazione soltanto uno strumento. Pensavamo in quel momento che questo metodo avrebbe consentito di mantenere intatta la freschezza delle impro e di avere nelle stesso tempo la possibilità di “perfezionarle” strumento per strumento. Facevamo la prima impro collettiva e tenevamo soltanto il contrabbasso, seconda e tenevamo la chitarra, terza e tenevamo solo il sax. In questa maniera siamo riusciti a chiudere il disco e il risultato direi che è sorprendentemente buono dopotutto. Qui va un ringraziamento speciale a Rico, alle sue capacità di fonico, al suo impegno per aver fatto davvero parte del gruppo in quei dieci giorni e al suo stacanovismo. Non so bene come abbia fatto a sopportarci!

SODAPOP: E venendo a Bloody Sound, che mi dici?
LUTHER BLISSETT: Bloody Sound ha avuto invece tutt’altra gestazione. Intanto la proposta di fare il disco viene dalla Bloody Sound Factory, bellissima etichetta marchigiana, che abbiamo incontrato al Tago Fest VI. C’era stima reciproca e simpatia. Abbiamo parlato per un po’ ed è nata l’idea di fare il disco. In quel periodo stavamo lavorando su diverse cose contemporaneamente. Il progetto di scrivere per la voce era appena agli inizi, avevamo appena deciso di usare il sax baritono e facevamo parecchia “brutal impro” raccogliendo l’idea che c’era nel progetto Rakshasa, che ha avuto vita intensa ma breve. Intanto erano cambiati anche i nostri orizzonti musicali. Abbiamo ascoltato parecchio hardcore americano (Black Flag, Bad Brains), metal e il dub più oscuro che riuscivamo a trovare. Però non avevamo niente in mano. Alla fine abbiamo raccolto un po’ le idee ed è venuto fuori che intanto volevamo un disco con un carattere diverso dal primo. Basta free-jazz e derivati, volevamo qualcosa di diretto e marmoreo. Ma anche di avanguardistico e imprevedibilie. Un disco che suonasse rock insomma, ma che fosse frutto soltanto di improvvisazioni. Così abbiamo fatto. Siamo andati a registrarlo allo studio S. Giuseppe di Andrea Caprara (Tisogi, Squarcicatrici, Jealousy Party), che ha parecchie stanze sparse dove lasciare gli amplificatori. Noi, a parte il sax, eravamo tutti in una stanza. Abbiamo registrato un database di circa due ore di impro da cui abbiamo espunto le cose migliori. Poi abbiamo isolato le parti che secondo noi potevano costituire dei riffs, delle intro, outro e così via e le abbiamo usate tradizionalmente, ripetendole o posizionandole nei punti giusti e così via. Alcune cose come We Are A Powerful Supply le abbiamo risuonate proprio, altre le abbiamo copincollate. Poi abbiamo fatto le sovraincisioni di chitarra basso e sax e infine l’elettronica. Abbiamo fatto tutto in tre giorni. Il mixaggio è praticamente assente nel senso che Andrea posiziona frequenze e strumenti in maniera talmente limpida e immediata che ascoltando il disco sembra di sentire un gruppo dal vivo. E questo era uno dei risultati da raggiungere. Penso che in Bloody Sound ci sia una summa esaustiva di quel che il gruppo era in quel momento. C’è l’hardcore e il metal, l’impro alla Brotzman, il dub, l’industrial e la voce. In ventotto minuti c’è tutto! E poi il suono è pazzesco, tutto merito del Caprara, grande fonico e grande amico. Ci siamo trovati fin da subito sulla stessa lunghezza d’onda e registrare è stata un’esperienza davvero positiva oltre che piacevole e naturale. Grazie Cap!

SODAPOP: E’ vero, il suono di Bloody Sound è eccezionale, posso confermare… una cosa che mi incuriosisce, a questo punto, è questa: avete due ottimi dischi all’attivo, collaborazioni eccellenti, avete fatto date in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma da quello che mi sembra di capire cercando in rete, non ci sono moltissime notizie su di voi, le date in Italia scarseggiano, cos’è? Siete troppo impegnati per promuovervi? Lì fuori è una dannata giungla? A scanso di equivoci per come la vedo io, un gruppo come il vostro dovrebbe fare trenta date al mese…
LUTHER BLISSETT: Grazie del complimento! I Luther sono un gruppo di persone che si riunisce per suonare. La promozione è l’ultimo dei nostri problemi. Poi, voglio dire, abbiamo avuto diverse recensioni su tante testate, virtuali e cartacee – quelle di Blow Up e Rumore per esempio sono state ottime, e anche il web ha risposto positivamente a questo disco. Credo che da questo punto di vista sia stato fatto il giusto. Per il resto confidiamo nel passaparola e nell’attività live. Come dovremmo pruomoverci altrimenti!? Comunque stiamo crescendo molto, soprattutto qualitativamente. I concerti sono più corposi, più intensi rispetto al primo periodo e c’è sempre più gente e sempre più coinvolta e la cosa ci fa molto piacere. Cerchiamo di divertirci e di fare la nostra musica. Poi il circuito in cui ci muoviamo è veramente “roots”, si suona ad ogni condizione in ogni posto con ogni apparecchiatura e si gira in Panda. Non è sempre piacevole. Delle volte ti trovi in situazioni assurde tipo: ti danno un ampli grande come una radiolina o la cassa della batteria si regge con lo spago o pensi di andare ad un festival e suoni nella libreria di una gnoccheria. Ahahahah! Ma questa è la situazione di tutti i gruppi appartenenti a quest’ambito, credo. Delle volte diventa un po’ dura, soprattutto quando cominci a sentire che l’apparecchiatura che puoi permetterti di utilizzare in un concerto, o magari la location stessa del concerto, non è adatta e non ti permette di fare quello che sei venuto a fare. Delle volte fai dei concerti veramente inutili. Non ti diverti tu, non capisce un cazzo chi è venuto ad ascoltarti, e in pratica non suoni. Accendi le cose fai rumore ma non hai fatto niente. Allora cerchiamo di fare magari meno concerti ma di trovare situazioni migliori e intanto portiamo avanti il nostro progetto.

SODAPOP: Si, credo anche io che quella che descrivete sia una situazione comune a molti gruppi, mi chiedo solo se la cosa può diventare frustrante a lungo andare, e questo punto varrebbe la pena analizzare i motivi che spingono un musicista a suonare e a portare avanti il suo progetto. Ad esempio, a voi chi ve lo fa fare?
LUTHER BLISSETT: Credo che i musicisti siano motivati dalla loro passione. Almeno a questo livello. A livelli più alti credo che il fattore pagnotta diventi imprescindibile. A dir la verità piacerebbe anche a noi guadagnare con quello che più ci piace fare. Io quando suono non penso a nulla, vivo l’attimo, divento un tutt’uno con gli altri della band. E’ questa la cosa che più mi attrae del fare musica ed è difficile farne a meno. Sì, alla lunga diventa frustrante, soprattutto quando ti accorgi che ti trovi in situazioni fatte veramente a cazzo e magari in malafede. Spesso non viene data la giusta dimensione alle cose. Ci sono posti in Italia che se leggi Blow Up pare ci sia una scena tipo New York, invece c’è solo una serie di localetti male organizzati e magari un gruppo di scaltri localari che sanno come impaccare a degli universitari con velleità pseudo artistiche dei concertini di merda. lutherblissettinterview3Senza attrezzatura, senza adeguato rimborso, senza un cazzo. Voglio dire, pure se il gruppo che suona è niente male a queste condizioni fai cacare comunque. Ma a suonare ci vai lo stesso cazzo, perché ti piace da morire e non puoi farne a meno, anche se sai che ti stanno inculando. Detto questo, in Italia c’è gente che davvero si sbatte per far crescere la “scena” o soltanto per far suonare i propri gruppi preferiti. Anche qui senza un cazzo, ma almeno con la sincerità e l’impegno di chi alle cose ci tiene davvero. Solo che magari, spesso, non ricevono il giusto riconoscimento…

SODAPOP: Con questa vi ringrazio per la disponibilità e poi possiamo concludere così: il futuro di Luther Blissett cosa prevede? Dischi, collaborazioni, tour, mutandine rouge? Ciao e grazie!
LUTHER BLISSETT: Il futuro dei Luther Blissett prevede un disco bomba che raccoglierà le composizioni fatte in due anni. Abbiamo già cominciato a registrarlo e siamo più carichi che mai. Non aspettatevi niente che somigli ai dischi passati. Questa roba è tnt! Saremo in tour ad aprile, venite a trovarci ai nostri concerti, a fare due chiacchiere con noi. A presto!