Perpetual Bridge – Upon The Deep (Autoprodotto, 2021)

Un ponte perpetuo. Lo visualizzo. Ho vissuto vicino ai posti di Nadia Peter e lo vedo proprio ancora prima di vedere la cover. Tipo una roba immersa nella nebbia invernale mattutina, che non sai dove inizia e non sai dove finisce. Qualcosa di sospeso, etereo, a cui non sai dare una densità. Sembra leggero, leggerissimo, ma, all’improvviso, si fa materiale, pesante, molto presente.
Ecco. Questa è esattamente la sensazione del mio primo ascolto del lavoro di Nadia in questo suo progetto che ha dato vita ad un primo EP. Il marmo ruvido e grezzo di Blue Orbit si trasforma in qualcosa di liquido, fluido nello spazio di pochi suoni che, sapientemente lavorati, mutano forma ed evocano colori opposti ai precedenti; è un crescendo continuo di tensioni e distensioni, suoni rotondi e aguzzi si alternano, intrecciano, costruiscono un bellissimo racconto sonoro. Hidden Rivers, i fiumi nascosti che scorrono veloci tra suoni di archi quasi allegri, mentre una base dura come la roccia che l’acqua scalfisce piano persiste a ricordare il lavoro incessante che scorre via e, allo stesso tempo, rimane indelebile e inciso. Nebula è grandiosamente costruita, di una bellezza imperfetta come l’immagine che mi richiama il titolo. Da massa quasi informe, il suono si fa strada e si definisce sempre di più con minime aggiunte, che, lentamente, arricchiscono il pezzo fino a renderlo davvero pieno e intenso, una colonna sonora per un viaggio (spaziale o terrestre che sia).
E’ un gran bel sogno questo disco, qualcosa di buono da far scivolare nelle orecchie e nella testa, da far rotolare nella mente come i ciottoli che vengono mollemente trascinati dall’acqua. Una profondità, non solo sonora, su cui l’autrice ha giocato e una sensibilità e gusto molto delicati caratterizzano Perpetual Bridge, capace di stuzzicarmi e calmarmi l’anima. Un gran bel sogno davvero, grazie.