New Jooklo Age – 16/11/10 Circolo Creassant (Brescia)

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È ancora il Creassant, nel mortorio omologato della tanto a sproposito decantata scena bresciana, a offrirci una serata di musica che si smarca da troppo facili etichette. Va da sé che proposte del genere non possano richiamare il pubblico di altri appuntamenti, specie in una serate metereologicamente infame come questa, ma proprio per la loro particolarità sono più che mai necessarie, quantomeno a spezzare la noia della provincia. Di scena stasera è New Jooklo Age, progetto a tre di Virginia Genta e David Vanzan (che solitamente agiscono come duo) a cui si unisce Stefano Utat.
Mentre nella formazione consueta la Genta si dedica al sax soprano e Vanzan alla batteria, in questa versione lei si cimenta col clarinetto e lui alla chitarra, mentre il nuovo entrato cura i nastri e il sintetizzatore analogico. Il cambio d'assetto sancisce newjookloage-creasantanche un notevole cambio di suono che da urlo free jazz si trasforma in qualcosa di meno scontroso e quasi spirituale, musica evocativa ed avvolgente. La posizione dei tre, accovacciati su un tappeto in un ambientazione quasi mediorientale consolida questa impressione; il pubblico si regola di conseguenza e si siede di fronte a loro. La prima parte dell'esibizione è la più evocativa, con l'ondeggiare distorto delle frequenze generate dalle macchine a suggerire il ritmo e la chitarra che a seconda dei casi stende bordoni o pulsa come fosse un basso. Su questa base il clarinetto sovrappone brevi frasi melodiche o improvvisi suoni riverberati, mai particolarmente disturbanti, popolando il posto di presenze sonore che balenano e scompaiono, quasi fossero spiriti evocati da chissà dove. Pensate se vi riesce, a una versione ambient di Bitches Brew, un ambient ovviamente impuro, vorticoso, psichedelia disturbata… e disturbante. Terminata questa fase l'assetto muta con la chitarra che lascia il posto a synth e distorsori e il clarinetto che si alterna con flauto e glockenspiel. Questo nuovo brano non ha la personalità spiccata del precedente, ma tutto sommato si combina bene con l'ambiente: sulle note placide lo sguardo vaga cadendo sulle opere che abitano le pareti, quasi a commentare ed arredare lo spazio anziché crearlo come faceva il precedente. Su questi toni, dopo cierca mezz'ora, si conclude l'esibizione, appena prima che affiorini i primi segni di noia. Nulla di grave, stiamo parlando comunque di una proposta sonora non facilissima e originale, che ben difficilmente si ha la possibilità di saggiare in una dimensione, quella del live, che è certamente quella ad essa più congeniale. Per fortuna anche da queste parti qualcuno pensa a valorizzarla.