Dove eravamo rimasti? A Federico Ciappini che, su una base di chitarre distortissime, chiedeva due pistole, per “morire come il generale Custer”. Mi sa che Paolo Cantù, destinatario di quella richiesta, le armi non gliele ha mai fornite, perché entrambi li ritroviamo nei solchi di questo nuovo lavoro, il secondo a nome Makhno, un disco bello e difficilmente circoscrivibile in un genere.
Silo Thinking aveva fornito una solida base al percorso solista dell’ex A Short Apnea e Uncode Duello, andando a rappresentato una dichiarazione d’intenti che non lasciava dubbi: era un’opera politica che buttava sul tavolo riferimenti (filosofici e musicali) chiari e diretti ma sfuggiva a slogan e a banali semplificazioni, senza tra l’altro sacrificare il suono ai contenuti. The Third Season porta il discorso più in là e lo fa inserendo elementi improvvisativi che dissolvono le strutture date: tutto è in continua mutazione, segno che il punto di arrivo non è, non può essere, la costruzione di un nuovo ordine, ma la pratica di uno stato di cambiamento permanente; è in questo che appare ancora più politico del suo predecessore: qui molto spesso il contenuto è il suono stesso. Da un lato quello che caratterizza il disco è il dialogo, che avviene su più livelli, fra strumenti sintetici ed elettrici, voci umane e campionate, musiche originali e melodie prese da dischi del tempo che fu, ritmi sincopati e cadenze ipnotiche, rumore trapana-orecchie e aperture psichedeliche. Dall’altro sembra di poter leggere una ripartizione che porta ad alternare brani metronomici e convulsamente rumorosi (The Book Of The Year, I Dreamed I Saw Mark P Last Night, Die Gedanken Sind Frei, roba da Skin Graft o Trance Syndacate), con altri dove la gli strumenti sono liberi di improvvisare (Per Non Mai Dimenticarmi ,Nobody Konows You When You’re Down And Out) alla ricerca di un difficile equilibrio che viene trovato alla fine, coi quasi otto minuti della splendida Cerambice, dove tutto ciò che si è ascoltato finora converge e si sublima. Ma prima di arrivare qui, circa a metà del lavoro, avevamo trovato Federico Ciappini tornato per regalarci Avevo Cose Da Dire, un altro inno individualista, tragico e determinato, con l’ultimo verso (Ci sono cose più importanti/Quali sono le cose più importanti?/Ci sono cose più importati/E allora?) che rimanda agli Uncode Duello e chiarisce quale sia una delle eredità che in questo disco vengono sviluppate. Le altre possono essere trovare nel catalogo (ma forse più nello spirito) delle etichette che abbiamo citato e in certa “wave” molto “no”, ma The Third Season è un disco che a quei suoni e ispirazioni attinge per calarli nell’oggi: la terza stagione è adesso.