È un piacere ritrovare il percussionista Paolo Sanna, stavolta in coppia con Luca Santini, su un’etichetta che per una certa tipologia di artisti, accomunati in realtà più da un comune sentire che da uno stile, rappresenta un approdo naturale. Elementi mette in fila nove tracce assai dense, nonostante siano composte con un armamentario davvero esiguo: cornetta e oggetti per il primo, batteria preparata e gong per il secondo. E silenzio, per entrambi.
Spiegano le note di copertina che, nell’accezione di Platone, per elementi si intendono dei componenti minimi, la cui unione dà vita alle cose mentre, va da sé, la disgregazione porta alla morte. Di questo ciclo di continua trasformazione, le nove composizioni rendono perfettamente i due aspetti: celebrano l’esistere e sono consapevoli della caducità; lo fanno attraverso una musica dai toni per lo più cupi, a volte quasi funerei, ma che si aggrappa alla vita con le unghie e con i denti, mettendone in scena il lato più drammatico. Elementi è dunque un disco rumoroso, amelodico, costruito con battiti, sfregamenti e stridori che arrivano a sfiorare il power noise (*3e. pare impossibile sia suonata con soli strumenti acustici) e travalica i confini dell’impro fino a richiamare alla mente mostri sacri della cultura industriale come Ze’v e i Test Dept. Ancora una volta tuttavia i riferimenti stilistici sono insufficienti, forse anche fuorvianti: questa è gente che, da sempre, distilla il suono direttamente dalla realtà, non per il semplice utilizzo degli oggetti come fonti sonore, ma per la capacità di travasare la realtà fisica nel suono; stavolta però attingono a qualcosa che va oltre il sensibile, regalandoci un disco scontroso e meditativo. Un ascolto non facile, neppure piacevole a dirla tutta, ma utile e in qualche modo catartico: la vita fa rumore.