La lunghezza non è tutto #2

È tornata Vespertina, nome de plume di Lucrezia Peppicelli che, armata di chitarra e di voce, ci trasporta immediatamente nel più classico dei western gotici sotto l’egidia di Koe Records. Talmente forte la sua personalità che brani lontani come possono essere quelli firmati da Nirvana, Arleta, Britney Spears e Tom Waits risplendono fioche come reliquie ripulite dalla polvere. Devo dire che avevo spettative altissime dopo il lancinante esordio Glossolalia e l’Undone Love condiviso con i Kint. Ma qui siamo definitivamente in orbita, bellezza lancinante. Con Lonely si finisce per poter immaginare Vespertina dominare i grandi palchi, un pianoforte al suo fianco, un Neumann U47, il fumo di mille sigarette ed un Boulevardier dietro l’altro, da lacrime.

Con Berliner Kinder invece andiamo ad esplorare l’unione fra due progetti elvetici, quei Bitter Moon che uscendo dai Pussywarmers ci hanno dato nuovi scenari retro futuristici e gli After 5:08 di cui non so nulla e mi aspetto quindi moltissimo. 12” con 6 brani per BlauBlau Records che suonano come se Réka Csiszérgalleggiasse su un fumoso tessuto space age, per poi entrare in ondivaghi vapori psichedelici che spaziano sorridenti, incantati e giocosi. La voce di Réka sembra essere quella di una bambola rinchiusa in un carillon da Edgar Wright ed il tutto viaggia entro questi limiti in maniera più che pregevole, facendosi sia corpo che spettro.

Tramite un lavoro di mastering di Ilia Belokurov giungo ad uno split fra due artisti baschi, Miguel A. Garcia e Juantxu Domenech (attivo anche come Gravelbed insieme a Pedro Blackearth), per due tracce di 11 e 7 minuti rispettivamente in cui ogni artista rielabora materiale abbozzato dall’altro. Microsuoni slabbrati, croste e rimasugli urticanti per una prima parte che mi ha ricordato alcune scorribande di Torba aka Mauro Diciocia ma anche cocci etnico industriali in una suite di grande respiro, che alterna oscurità a tradizioni perdute. Nella seconda traccia volumi ed intensità sono maggiormente lancinanti, a tratti par d’essere sotto un bombardamento vero e proprio per la coltre di suono. Ma nel crollo si sente una forte impronta vitale, come se esseri di dimensioni abnormi cercassero di ergersi a protezione fel loro mondo. Scontro fra titani noise, roba parecchio bella!

In Luciano/Eriberto Materazi Futbol Club e Max Collini si uniscono per ripercorrere dribbling, cross ubriacanti e figli per un singolo da ballare in curva, lui e Manfredini, frecce nere in maglia gialla, calcio sciampagn ed è giusto così.

Kill tu Ego è il nuovo signolo di Baby Volcano, rappusa suiso guatemalteca che non le manda a dire, si atteggia a bruja ed in 3 minuti mette insieme weird rap, garra charrua ed un’atmosfera fra gangs e messe nere a cui è impossibile resistere, “…vamos bailando por la calle.”

Ooh, and it makes me wonder, son tornati i C+C=Maxigross. Dalla Lessinia con un furore, tornano come dei dEUS centrifugati tutta scatti e ralenty, ubriacanti come non mai che pare di guardarli attraverso un caleidoscopio carico d’elio.  Sembra abbiano lasciato country e psichedelia su questo pianeta e siano andati milioni di chilometri altrove. Scelta saggia a mio parere, il pezzo è una mina vera!

Com Magic Wand entriamo nel mondo della masturbazione femminile in compagnia dei Kick, che tornano a farci visita dopo uno dei dischi più belli di quest’anno. Il brano è un giocattolo in cui perdersi, 3:14 di handclapping, una delle voci più belle ascoltate ultimamente, esplosioni che ricordano annate in cui le pettinature maschili erano bellissime e deprecabili, ninnoli e bijoux.

Problemidifase si apre al rapporto con il padre in Novembre. Diversità, spleen, cuore in mano, per un progetto che sembra avere parecchie freccce nel suo arco, fra una voce ficcante, quella di Samuele Zenti ed una plancia sonora che abbraccia melanconia e ritmo.

Chiudiamo con il nuovo 7” di YaoBobby e Simon Grab, rapper togolese e manipolatore elvetico che in Nyagblodi. Pensate alla brutalità incazzosa di certi Techno Animal suonati dalla motosega di Leatherface, aggiungeteci un vocalist che abbatte qualsiasi cosa davanti a se con i suoi strali e ci sarete vicino. Piazzateli in auto ed abbassate il finestrino con la faccia brutta, sarete i nuovi re del quartiere!

Prendere i classici a schiaffi, questo sembra essere il senso di Addio Addio, duo composto da Lovra Gina (già Halleluja!, Black Sagaan  e mille altri) e Johnny Mox(appena trattato con Bagliore). Prima scavano una fossa, poi ci gettano la Testa di Arturo riprendendone Io sono il Vento. Disidratata, sabbiata, esangue e sconvolta. È il turno di Gianni Meccia poi, una Così Pallida che sembra riecheggiare un bandolero stanco in un funereo cimitero. Chiudono soffrendo, com’è giusto che sia, soffrendo come cani. Quando vedo che tutti si amano da Cinquetti Gigliola è talmente triste che forse solo lei, o la morte con il nostro cuore strappato dagli avvoltoi poteva esserne finale alternativo. Spiriamo…ah, speriamo presto in un album!

Monde Ufo sono la quota Matteo Casari della faccenda. Sua la dritta per questi losangelini che trasformano 4 brani dei Fugazi in una vasca da bagno colma di narcotici. Noi, ovattati, inermi all’interno, non possiamo fare altro che rimanere a bocca aperta sentendoci passare attraverso perline (nel senso di piccole perle) come I’m So Tired, Long Division e Cashout(quanto di più simile ad un Bond theme tremolante ed introspettivo che i nostri potrebbero mai aver fatto). Nessuno urla, le corde e le pelli si muovono appena, Whashington è lattea e non ci resta che chiudere le palpebre. Non troppo, che Version è diventata un brano strumentale degli A Short Apnea ed acquista senso nuovo e profondo.

Nel deserto ad est di Gerusalemme Michele Servadio utilizza Body of Reverbs per una sessione che partendo da tatuaggi e musica prende vita in un’estemporanea performance collettiva di un’ora, della quale Zen Hex pubblica due stralci in un 12”. Con Michele troviamo Alberto Brunello, Mick Boiter e Caro Ley, che lavorando tra arte figurativa e suono ci calano in un paesaggio immobile con degli scalpiccii in lontananza, dischi di metallo e capre. Suoni, pezzi di pietra, sabbia e vento. Nessuna musica in questi solchi, forse non ci sono nemmeno i solchi, forse è solo vento fra la sabbia, chi lo sa.

È tutto per questo giro, buone feste ed a presto…