Il ritorno di Jane Weaver (già con Misty Dixon e Kill Laura, nonché autrice negli ultimi anni di album con una regolarità impressionante, tanto che siamo al sesto anno in nove anni) è all’insegna dell’amore e del suo costante spettacolo. Vestita da John Parish in fase di produzione la voce della cantautrice si posa su caratteri acustici, solari e suadenti. Rispetto al Flock di tre anni fa è venuta meno la sorpresa ma c’è una classe ed una maestria nel comporre brani pop in atmosfere bucoliche space age batchelor pad unendole ad un pop maturo e mai frivolo. Il risultato è quello di dare levità alle canzoni, che sembrano letteralmente sospese nell’atmosfera. Qua di ieri decide di lasciarle nude e semplici, come Motif, giusto una chitarra ed una pianola, emoziona e colpisce nel segno, a conferma dell’alta qualità di scrittura ed ideazione. Brani quasi druidici nella loro solennità come The Axis and the Seed vicino a groove più scanzonati come the Metal non stridono anzi, sfumano ancor la tavolozza di Love in constant spectacle dandole ricchezza. Un album bellissimo (ancora una volta) che riempie il cuore brano dopo brano e ci danno conferma della grandezza, del gusto e della magia della sua autrice. Mettere questo disco in casa vostra al mattino e fatelo andare, ascoltandolo casualmente, poi fermandovi quando l’attenzione vi spingerà verso le casse.
Combinerete poco ma diventerete campioni di air keyboards e dei pessimi coristi, con il sorriso sulle labbra.