La Lunghezza non è tutto #14 (VV, EZ)

Ultime segnalazioni in cosa al 2023 per i formati di breve durata, che molto ci hanno dato in questi mesi. Attraverso la conoscenza di Giulio Stermieri (in caso non o abbiate fatto recuperatevi il suo Fort Da su Maple Death) apriamo con i Tristitropici, progetto che condivide con Antonio Maria Rapa, Andrea Gerardi e Dario Martorama. Magical Animal è un viaggio in sei brani fra suggestioni, jazz, psych ed exotica, tanto che sembra collegare mondi all’apparenza lontanissimi quanto quello adinolfiano e le suggestioni occulte e tropicali di certa psichedelica del bel paese, sorrette da grooves materici ed assassini. Posthuman mischia suggestioni rock ed impeti ruggenti su uno scheletro cibernetico sorprendendoci e calandoci nella dinoccolata e triste Cowboys rivolta all’orizzonte ed al tramonto con gli strumenti del jazz. Tristitropici uniscono mondo in maniera elegante, stupefacente e bizzarra, segnatevi il loro nome.

Chris Garneau è un cantautore newyorchese che da anni compare a fasi alterne con piccoli e misconosciuti dischi in grado di conquistarci. Inizialmente alla corte della Xiuxiuana Absolutely Kosher lo ritroviamo ora con 4 nuove tracce registrate sotto la produzione di Dan Marcellus e con l’accompagnamento del fidanzato, il paroliere e scrittore Marc Briz. Per quattro tracce si viene immersi in un mondo fatato, con cowboy bellissimi, tramonti onirici ed un profumo di western-pop fresco e di erba appena tagliata. Le liriche ci trasportano in un mondo romantico e macho tanto da far rivivere lo spettro delle Brokeback Mountains sullo sfondo. La fama, la forma, il fisico, il corpo, sono argomenti che vengono usati a mo’ di grimaldello per creare love stories di livello eccelso, ornate con gli abiti delle occasioni speciali. Aspetteremo primavera per capire come evolveranno le storie di Chris e Marc, che già ci hanno stregato il cuore.

Di Omino vi avevamo raccontato in occasione del video di I Think i’m down, brano che apre questo ep dal titolo programmatico: Omino n​°​3. One man band dotata della sporcizia necessaria a farci subito innamorare di lei, quella guidata da Francesco Zorzella è una macina sassicreata a partire (credo) da una chitarra marcia e modificata, trattata in maniera da trasformarla in una lama tagliente e rugginosa. Roba per il quale Bob Log III ci darebbe qualche quinta delle sue per averne di così lucide, sono scorie che magicamente trovano unicità in una semplicità dirompente.Più che nella bassa fedeltà qui siamo direttamente nella promiscuità più sconsiderata e numerosa. Non fermiamolo mai.

Go Mental/Maceria Mentale è uno strano parto dalle mani di Francesco Mariani aka His Electro Blue Voice. Il primo brano corre fra un inizio memore della Golden age dell’Hip-Hop che viene in qualche modo vaporizzata fino a trasformarsi in un dj set dance. Nel secondo brano la pasta sonora viene mandata letteralmente in orbita, abbattendo confini stilistici per rimanere pura energia da ballo. Siete ancora in tempo per utilizzarla nel festone di fine anno, successo assicurato!

Generalmente non ci occupiamo di black metal, ma ci sono lavori che travalicano generi e gusti, come nel caso di Vallis Decia, La Voce Dei Dispersi, esordio degli Skalf. Se il suono è black atmosferico nelle parti strumentali e ruvido nella voce, riconducibile alla tradizione d’osservanza scandinava, con qualche tocco rockeggiante, insolito e profondamente sentito è il concept, che ripercorre il disastro della diga del Gleno, crollata nel dicembre di cento anni fa, dando spazio alla voce ai morti. E cosa c’è di più vicino allo spirito di questa musica se non il forte legame con una terra ancestrale (i titoli delle canzoni sono i nomi dei paesi colpiti e i testi sono quasi tutti in dialetto locale), la scura atmosfera invernale e il senso della tragedia? (E. Z.)

Due brani per i newyorchesi Flower in questo 7″. Vecchia scuola, immaginario anni ’80, punk diy marcio il giusto che riesce ancora, nonostante tutto a scarnificare ed offendere orecchie e polsi. Ritmiche assassine, voce sul pruno di rottura, scantinati bui e generatori. Il lato B, Physical God, mostra tecniche sonore evolute trattate come macchie di calcare con aggressivi agenti chimici, lasciandoci storditi e beati al termine del breve incontro.

Giusto prendersi il tempo per fare le cose con calma devono aver pensato i Carmen Sea, che danno un seguito al loro primo ep del 2021 con un altro lavoro stringato, composto da cinque brani, intitolato Sorry (ma de che?). I brani sono la risultante di un incidente automobilistico che ha coinvolto la band nel maggio 2022, dove per un colpo di sonno dell’autista si sono schiantati in un fosso a 130 km orari. Forse per questo nel primo dei brani trasuda un drammatico senso di urgenza ma anche di lucida potenza. Poi un incrocio con la cantante THETA che non da i frutti sperati, perdendosi in un calderone fra rock e dance. Alla resa dei conti il progetto sembra interlocutorio e forse il non essere arrivati ad un album lungo dovrebbe portare a qualche riflessione in seno al progetto.

Joel Gilardini chiude questa nostra ultima tornata annuale con una colonna sonora per una pièce teatrale tratta da uno scritto di Ödön von Horvát. Titolo che corrobora precipitazioni atmosferiche anche se all’ascolta quel che colpisce sembra essere un voler mettere in atto una riproposizione filtrata dall’atto umano delle forze della natura.
Sibili, soffi, nubi e notti gravide di umidità nel secondo brano mentre la chiusura lascia intravedere dell’orizzonte ancora oscuro ed enigmatico. Non sappiamo come evolverà questa idea ma ci sembra un buon viatico per un domani che non conosciamo ancora.