Partiamo diretti con il nuovo ep dei cechi Alpha Strategy, 4 brani per 10 minuti di staffilate. Sbraiti come sul ponte di una neve e pizzicori di chitarre sotto ai tamburi, per una Mr. Wobbles che gioca sul filo dell’attesa e quando esplode lo fa con la giusta energia. Li immaginiamo una potenza dal vivo e, vista l’esperienza che si portano dietro siamo sicuri siano in grado di tracimare con la necessaria foga anche in quella sede. Le dita ballano sulle corde che è un piacere e l’insieme basso e batteria fa saltare degnamente i nostri corpi sudati. La calura estiva aiuta in questo ed è bello notare come in Europa ci sia un manipolo di musicisti che riescano a mantenere vivo ed a declinare un suono nato ormai 50 anni ma che ancora non fa prigionieri, e che ha sta trovando in Bärlin ed Alpha Strategy i discepoli spuri e sbandati di Rocket from the Tombs e Pere Ubu. Punk nell’anima, come si faceva una volta, onesto e sporco, bellissimo.
Con So Fucked si rifanno sotto i Pussy Gilette, poco meno di tre minuti gonfi di rock’n’roll zozzo e pieno di rimpianti, come un day after da una brutta sbronza mentre ci trasciniamo per una walk of shame mandando brillantemente affanculo qualsiasi persona incontriamo. Uno strumentale (è mattina presto ed abbiamo avuto una brutta serata, vorrete mica anche la voce?) per presentare il nuovo album, Permanent Trash, in uscita a breve e per il quale già ci sfregiamo le mani.
Afghanistan Mon Amour è un progetto creato dall’austriaca Brii Bauer aka Power e Sean Derrick Cooper Marquardt, chicagoano residente a Berlino. Commistione fra suoni tradizionali, elettronica sporca ed una trance noise che riescono a trasportarci fra i continenti in volo libero. Cassetta in 24 copie edita da Histamine Tapes che in questo periodo sta sfornando un uscita più intrigante dell’altra. La title track è presente in due versioni, la seconda della quale brutalmente rivisitata che in un antro buio ci mette di fronte ad una sfinge in repeat a sovraccaricarci di segni a noi sconosciuti e subliminali. I passaggi fra modernità e tradizione sono immediati e sorprendenti, con un brano tradizionale che in Afghān-i notūnah viene mandato in loop e sovrapposto, cotto in una fornace dub seguendo il ritmo di un flauto. Chiude Malala Song, gorgo iperamplificato e mandato in vibrazione al quale non possiamo far altro che abbandonarci in una danza intensa e circolare.
Still Burning Memory è uno split fra Tzaumness (aka Michele Anelli, che conobbi grazie allo splendido lavoro a sei mani con Paul Beauchamp ed Andrea Cauduro) e PhoLoO (aka Paolo Possidente). Entrambi torinesi, lavorano entrambi con il tema della memoria, dimostrandoci come i nostri flussi di colegamento e di ricordo possano essere tortuosi e malevoli. Our Memories Are Not Ours del primo è un viaggio fra cigolii, calcinacci e frequenze deteriorate, quasi uno spettro di un’esistenza passata o di un disastro del quale siamo corresponsabili. PhoLoO calca ancor più una mano, con scariche di frequenza a bassa intensità che sembrano letteralmente comparire dal nulla, come stralci di tempeste, per ritrovarci in lontananza una bava d’organo che da letteralmente i brividi. Bellissimo lavoro su Falt, etichetta francese nella quale, una volta scoperchiata, potreste letteralmente perdervici.
Initiate Records, etichetta belga di Bruxelles, ha iniziato ad aprile a produrre una serie ispirata al movimento artistico del Chiaroscuro. Al momento sono tre gli artisti che hanno raccolto il guanto di questa sfida, proponendo ognuno due pezzi, Chiaro ed Oscuro, a rappresentare i due poli. I nomi in questione sono quelli di Adhémar, monicker dietro al quale si nasconde Clement Davout, Kontinum aka Jonas Wernicke e Demetrio Cecchitelli. La prima tela (canvas vengono infatti definite queste particolari uscite) si sparge su morbidi rintocchi ed elementi percussivi nella parte chiara, che prendono intensità nel secondo, con un’incombente sensazione di umidità lagunare che prende il sopravvento trasportando tutta la sua microfauna fra crepitii e suoni.
Con il secondo volume entriamo in un ambito decisamente più ritmico, una sorta di minimal techno con spazi di apertura aerea, molto semplice e lineare, pulita ed evocativa nel Chiaro, mentre Oscuro si presenta più limacciosa e minacciosa, mantenendo dalla sua battute costanti tra le quali sembrano soffiare venti gelidi.
Chiudiamo quindi per ora con il capitolo di Demetrio Cecchitelli, che rappresenta il chiaro con quella che sembra essere una spuma sonora molto blanda ed avvolgente, di carattere ma senza avere peso, quasi una manna per le orecchie. Differente la cotroparte oscura, un cielo minaccioso che pur senza scrosciare appesantisce le atmosfere costringendoci a temerlo per la pressione, musicale ed atmosferica. Una serie da seguire con attenzione e della quale torneremo sicuramente a scrivere.
Per terminare recuperiamo Quasi Niente, primo singolo a firma Neraneve, giovane trio shoegaze che nella loro prima incursione crepuscolare riescono posizionarsi nella giusta collocazione. Spleen, intensità, voci impastate fra i giusti suoni ad incapsulare un testo gonfio di rimpianti e di cuore. Non so se famosi ma di sicuro saranno stilosamente infelici.