Fops – Yeth, Yeth, Yeth (Monotreme, 2010)

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Nella sezione dischi non recensiti per tempo, e che fanno di tutto per non farsi notare, una menzione va fatta ai Fops, band con sede a S. Francisco, nata dalla fusione di band culto dell'area (Ral Partha Vogelbacher e sopratutto Thee More Shallows, trio in attività sin dal 2001 con Monotreme e Anticon). Dalle session del duo Dee Kesler – Chadwick Donald Bidwell, sono venuti fuori ben due album: il primo è quello che recensiamo ora, il secondo è uscito da pochissimo, dal titolo Priest In Them Caves. Colpisce subito l'electro pop plasticoso quanto kraut (ecco qui la gonfia nenia Neu! Ghost Town Hall, non molto convincente a dirla tutta). Prendete i Get The People! e immaginateli, armati di sintetizzatori, rifare con ritmi sincopati, il verso a Kraftwerk o Wire: non uscirebbero risultati troppo dissimili da Black Boar (quasi una Shady Lane sotto LSD) o Scandinavian Preppy (e giuro che c'è chi tira fuori Tricarico che canta in lingua d'albione). Solo questi due brani fanno decisamente salire le aspettative dell'album, in partenza dato per perdente e con un copertina scialba scialba. Si procede poi con il pilota automatico, ma senza cali particolari e spunta qualche inserto neanche troppo lontano dal folk, quello più stralunato (Dragomirov On The Dance Floor). Un disco non privo di buoni, anche ottimi, spunti, ma che sarà già stato dimenticato.