Il progetto, attivo da diversi anni, è giunto al suo secondo EP. Una ben stringata presentazione danno di loro i cinque italiani che, nella stessa, non fanno segreto di essere stati ispirati da diversi grandi nomi tra i quali compaiono Console, Thom Yorke e Blonde Redhead. Nonostante in cima ai dichiarati riferimenti dei nostri ci sia la crème storica della scena indie-tronica tedesca – Lali Puna e Notwist per intenderci – che, ovviamente, vengono trasudati dal suono che contraddistingue la band, trovo che lo stile con cui sono arrangiati i pochi (purtroppo) pezzi sia decisamente affascinante.
Già dall'inizio – non ultima la presentazione grafica della cover visto che, caspita, anche l'occhio vuole la sua parte…-, Different Strokes si fa intendere con quattro tracce completamente forgiate nell'officina dell'elettronica e contrassegnate da intro sognanti – Mourderon su tutti – e un tocco dub che conferisce forza alla loro composizione – Summer (Is Going Nowhere) -. Tutto è straordinariamente elegante e, anche se alcuni momenti hanno un po' il sapore di qualcosa di già sentito (tanto per dire l'impostazione della voce è parecchio simile a quella di Valerie Trebeljahr e l'atmosfera generale mi urla:"Faking the Books!"), gli Harembee riescono a distinguersi per dare vita ad un lavoro molto piacevole se pur iscrivibile appieno nella categoria e che, pertanto, non regala particolari sorprese. E' vero, rifacendosi in maniera un po' spinta a nomi 'importanti' del mondo del trip hop-pop (mancano giusto i Portishead), i cinque piemontesi rischiano di passare un tantino per 'derivativi', ma non trovo nulla di male in tutto ciò, soprattutto considerato che non mi pare che la scena italiana annoveri numerose valide realtà che si dilettano nel genere. Benvengano gli Harembee – che in swahili significa 'sentire collettivamente'… un omaggio al pensiero junghiano? – quindi!