Eat The Rabbit – S/T (Marsiglia/QueSuerte, 2008)

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Amedeo Scofone è uno dei pochissimi artisti che canta come parla e quindi parla come mangia. Nel senso che ne riconosci sempre il caratteristico timbro tra "una papera inseguita dal cuoco" e "uno strafatto di paranoia". Comunque le qualità del giovane trio genovese degli Eat The Rabbit sono indubbie e di alto livello: si cibano equamente di neowave tastieratissima e slabbrata quanto avrebbero potuto concepirla gli El Guapo all'università e di quello spirito punk-Ikea che rende elegante ogni abitazione. Questo significa che è un buon disco e con una personalità ben precisa: le coordinate musicali, ancora una volta, sono perfettamente contestualizzate a quel recupero Cure/wave partito da Trans Am e compagnia bella all'inizio decade. Il disco scorre veloce (una mezz'oretta circa) e non stanca mai: nella drammatica iper-cinesi che lo agita si possono riconoscere tanto i bagliori dei Krafwerk più nobili quanto quelli di qualche no-newyorkese. Dite ciò che volete, io continuo tifare per Amedeo, ancora ventenne, ma come dice il Bugo già "nel giro giusto".