Dufus – 4/12/09 Morya (Cellatica – BS)

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La primavera scorsa mi ero perso la loro esibizione bresciana, guadagnandomi il biasimo di tutti i presenti di mia conoscenza e dovendo sorbirmi tutti i mirabolanti racconti di quel concerto. Questa volta, a scanso di equivoci, la data del gruppo newyorkese al Morya era segnata da diversi mesi sul mio calendario e il giorno stabilito mi presento perfettamente puntuale, anzi, un po' in anticipo, nel caso ci sia un gruppo d'apertura. Il gruppo c'è, un duo composto dal batterista dei Dufus e da un altro tipo; peccato che quest'ultimo, reduce da una memorabile sbronza la sera prima, non sia in condizioni di suonare; spazio dunque alla band principale. Delicati suoni di elettronica analogica affidati al sosia sdentato di Al Jankovic, batteria accarezzata e chitarra acustica ci intrattengono mentre la corista, piuttosto udusmoryaudusmoryaudusmoryacarina, si cambia e fa stretching sul palco. A vederli, i Dufus  parrebbero la peggior accozzaglia hippie-nerd sulla piazza e probabilmente lo sono pure, così come ad ascoltare le prime battute si hai il sospetto di trovarsi davanti l'ennesimo gruppo weird folk che gioca a fare l'ironico, sperando di nascondere la propria inettitudine. Invece dal marasma emergono ben presto e con un a frequenza che non può essere casuale, perle di assoluto valore, dove la voce versatile di Seth Faergolzia incanta la sala, accompagnato da un'acustica spesso più punk che folk (si tratta pur sempre di un gruppo della R.O.I.R.) e dalla succinta batteria; l'elettronica agisce fra le linee con un buon gusto inatteso da un uomo che aveva chiesto di cenare a lasagne e caffè, mentre la tipa, effettuati i cori al minimo sindacale, continua, con invidiabile elasticità, gli esercizi ginnici. Il concerto intanto prosegue fra esempi di basso cabaret e alta scuola folk; assistiamo così a una battaglia di trombette fra il cantante e "Mr. Lasagne & caffè", a una splendida esecuzione di Metal Horse,  alla corista che imperversa col lo stretching, a uno sgangherato rap a cappella, a una Anouk, dal nuovo album, che commuove. A dirla tutta, poiché sono un nazista e un metallaro, avrei tagliato qualcuno dei momenti più sopra le righe, ma è chiaro che il fascino di un concerto del genere sta, almeno in parte, nella dinamica che una tale varietà garantisce e un'amputazione potrebbe essere letale. D'altra parte, cosa sarebbe stato Pablo Picasso senza la sua stronzaggine e Mohamed Alì senza la sua sbruffoneria? Meglio non rischiare e tenersi tutto il pacchetto.