Cursive + Green Like July – 19/05/12 Twiggy Club (Varese)

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‘I sogni son desideri di felicitààà…’ e con un maggio che pare – oggettivamente dal punto di vista meteo e soggettivamente a livello emotivo -, novembre ci stava proprio un live sentito e sognato da tempo come quello dei Cursive. A cinque minuti da dove vivo, poi, è stata solo la tanto decantata ciliegina sulla torta. Dodici anni, tanto conta il tempo sulla polvere della copertina di Domestica, il masterpiece concept album (almeno per la sottoscritta, ma so di essere spalleggiata di brutto) di quei tizi che, solo perchè vengono dal Nebraska che sembra un posto incredibilmente inculato e che fa un pò ‘mi sono dovuto fare un mazzo tanto per emergere, almeno il doppio di qualsiasi band di New York o Washington DC’ – ok, non vale per Bright Eyes forse…-, stanno simpatici già per principio. Aggiungiamo un leader carismatico come Tim Kasher, capace di trasformare le sue tragedie sentimental-familiari in pezzi così perfetti che deve aver avuto attaccate alle spalle tutte le nove Muse insieme, e una costruzione musicale matematica e contemporaneamente sbilenca e l’innamoramento è assicurato. Galvanizzata dall’evento, mi sono corazzata di amici ignari di cotanta bravura, sicura di vincere una bella figura, e mi sono schierata in seconda fila (perchè la prima era già occupata da personaggi che millantavano a mezza voce di aver già visto chissà quante volte gli headliner della serata…). Aprono i Green Like July, artisti alessandrini dal gusto neofolk-new acoustic che sono usciti da qualche mese su Ghost Records e, pertanto, giocano in ‘casa’. Non sono propriamente il genere che seguo/ascolto in questo periodo, ma devo dire che, a parte la sincera simpatia che sanno attirare (il live si apre con qualcosa del tipo ‘non vediamo l’ora di essere tra di voi a gustarci i Cursive, non so se vi rendete conto dei mostri a cui stiamo per aprire…’), non sono male davvero. E poi da zero a cento partono Kasher e compagni. Istrionico e dal fare probabilmente finto ubriaco – giacchè nel dopo concerto si è amabilmente e lucidamente dilungato coi fans – lui, assecondanti, defilati e precisi al metronomo gli altri che fanno vibrare tutti i presenti quando, dopo qualche pezzo dall’ultimo nato I Am Gemini, sciorinano uno via l’altro, con un ardore contagioso, proprio le tracce di Domestica ed è come ricevere un regalo che vuoi da tempo e capire che è proprio quello che desideri tanto ancora prima di scartarlo. Lo riconosci dalla forma del pacchetto ed è l’apice della gioia. E così quando sento una chitarra che si scorda ad arte, so – e con me parecchi presenti che sciolgono con fischi e urletti di approvazione l’attesa silenziosa – che attaccheranno The Martyr ed è un gran bella sensazione. Che non tanti gruppi ti (mi) riescono a far sentire. Solo quelli bravi a trasmettere quello che vogliono esprimere che è al di là (e forse più importante) dell’essere  tecnicamente bravi (e che frase bavosa e da Baci Perugina, lo so, però provate a dire di no?). Cosa che ai Cursive, in ogni caso, non difetta neppure un pò: tanto per dirne una, Cully Simington – batterista praticamente ‘nuovo’ visto che è nella formazione dal 2009 e segue lo ‘storico’ Clint Schnase – è al limite dello show circense dietro alle pelli e, come mi fanno notare alcuni miei accompagnatori, ‘vale da solo il biglietto’. I Cursive, stilosi come il font di cui portano il nome, concludono il live con pezzi che suscitano il singalong della prima fila di cui sopra e pure parte della seconda (tra cui, manc’addirlo, la sottoscritta) e, dopo poco, tornano per un bis che non fa prigionieri e regala, tra l’altro, una versione sudatissima e sentitissima di The Casuality, una delle perle della discografia di Kasher e soci. Finisce tutto. Parte il sottofondo, si accendono le luci, guardo Stella dei Satan Is My Brother che ho lì vicino e ci diciamo a pupille dilatate ‘Mammamia…’. L’unico neo è forse il fatto che, colpa della mia sindrome da ‘I’m just a girl’, non mi sono avvicinata ai cinque che giravano tranquilli e disponibilissimi verso il pubblico per il locale. Va beh, ci sto lavorando. Al prossimo giro mega intervista esclusiva. Promesso. Forse.

Foto di Alkis Karligkiotis