Scaglie metalliche alla deriva nello spazio. Una sorta di ambient torbido quanto una sigaretta abbandonata dalle volute di fumo gradevoli, ma tossiche. Curioso il secondo pezzo di oltre undici minuti (Quiet Landscape) dove echi chitarristici accompagnano un eterno ed incomprensibile salmodiare che, voglio sperare, nella totale ermeticità, andrà ad incidere direttamente sulla mia corteccia con chissà quali risultati. Il disco procede poi, sempre più rarefatto e asciugato, in quel Requiem dove rantoli e sospiri incedono in slow motion fino alla comparsa inaspettata di veri e propri riff, ma sempre in punta di forchetta. My Low Heart è un disco interessante ed evocativo, forse, a cercare il pelo nell’uovo, aggiungerei “poco rifinito”, cosa che però gli farebbe perdere quell’alone esoterico e canceroso che tanto lo ammanta. Per chi rimpiange Tago Mago e il brodo primoridiale. Se cercate qualcosa di fresco ma sulfureo ve lo consiglio caldamente. Se invece siete dei doomsters ortodossi, forse non siete ancora pronti.