Gli Ovo sono una delle realtà più seminali della scena europea degli ultimi vent’anni. Partiti da una visione punk sperimentale fatta di impro radicalissima e no wave apocalittica, il duo è arrivato a mettere a punto una personale visione noise core massimalista. Un percorso rodato in anni di tour infiniti e corroborato da continue ibridazioni che hanno ogni volta evitato qualsiasi vicolo cieco, mantenendo sempre il tocco intatto e le vedute ampie (il pregevole Abisso del 2013).
Dopo Creatura, Bruno Dorella (percussioni, sample, synth) e Stefania Pedretti (voce, chitarra, synth) avanzano ancora, forti di una personalità che permette di aggredire qualsiasi direttiva con agilità prospettica: “gettare la maschera” è servito a mostrare ancora meglio quel senso dell’apocalisse, vero e proprio marchio di fabbrica degli Ovo, che non si può inventare con trovate o camuffamenti; o lo si ha oppure è difficile risultare credibili.
Miasma, come gli ultimi due lavori, parte da sample creati appositamente da Dorella e da stretti compagni di avventure, quali Eraldo Bernocchi, a034, Ripit, Paolo Bandera e Matteo Vallicelli, per poi farli precipitare in brani che trasudano turpitudine e insofferenza. Un disco che unisce futurismo post industriale e primitivismo tribale in un suono pieno e malato, molto efficace per raccontare il distruttivo morbo dell’omologazione che assedia la contemporaneità, al quale i due rispondono con la potenza di fuoco più morbosa di sempre.
I ritmi martellanti, le distorsioni sature e i tenebrosi vocalizzi sciamanici si muovono tra assalti hardcore soffocati dal catrame (Mary Die, Psora) o sprofondati nel feedback (Incubo) e oscure derive post-nucleari (You Living Lie, Lue); la componente elettronica diviene sempre più organica nell’ottica nera del duo, esaltandone la timbrica devastante. E mentre Sicosi devia le boradate à la Godflesh in una sorta di avant rock cibernetico con melodie in controluce, il noise core di Queer Fight mostra perfettamente come gli Ovo padroneggino un linguaggio propriamente autoriale, capace qui di descrivere quell’umanità che lotta ogni giorno contro le regole sociali e politiche che mortificano la diversità.
Le collaborazioni presenti spingono ancora oltre: la marzialità di Testing My Pose si fonde inaspettatamente con la vocalità pop-dance di Gnucci Banana; L’eremita si apre al minimalismo post-punk con l’aiuto degli Arabrot, traccia di toccante profondità; e Burn De Haus mescola surf punk e black metal digitale memore delle sperimentazioni dei Diabolos Rising, accogliendo i deliri vocali di Gabriele Lepera degli Holiday Inn. Se non bastasse, la title track dirige l’apocalisse verso derive malinconiche puntellate dalle note di un pianoforte, come dei Black Heart Procession trasfigurati e trascinati in un profondo abisso doom, lasciandoci senza fiato.
Un ottimo lavoro, sfaccettato e fortemente creativo, nel quale la personalità del duo esplode nel modo migliore possibile raggiungendo nuovi vertici di originalità.